martedì 28 giugno 2011

GELMINI Mariastella: bocciata

                                                Rosa Elisa Giangoia

      Sulla base del suo modesto iter scolastico e con le lacune culturali che sovente ha dimostrato, parlando e scrivendo, questo della bocciatura molto probabilmente sarebbe il risultato di Mariastella Gelmini se avesse iniziato a frequentare quest’anno la prima di una scuola secondaria superiore con le nuove regole da lei stessa imposte, che hanno determinato un aumento considerevole di bocciati e rimandati. Si sarebbe infatti trovata in una prima liceo (classico o scientifico), essendo stata abolita (tanto per fare una riforma!) la dicitura “quarta/quinta ginnasio”, di 30-34 studenti, stipati in un’aula nella maggior parte dei casi insufficiente per superficie e cubatura d’aria, secondo le regole stabilite dal Ministero della Salute (sempre trasgredite!), con difficoltà a contenere tutti i banchi necessari, quando la scuola ne abbia in dotazione a sufficienza e non si sia costretti a sistemare tre studenti in uno stesso banco. Peggio poteva capitarle se, invece che un liceo, avesse scelto un istituto tecnico, dove ora sono state inventate le classi definite “disarticolate”, cioè quelle composte da gruppi di studenti che studiano lingue diverse, per cui nelle ore di lingue si dividono in gruppi in varie aule, ma durante le lezioni delle materie comuni (come Italiano e Matematica) stanno tutti insieme, per un totale fissato a 45!
    Certo, anche Maristella Gelmini, in una prima liceo con riduzione delle ore di Latino e Greco, ma programmi immutati, avrebbe avuto difficoltà, come tutti gli studenti usciti da una scuola media, più preoccupata delle questioni sociali che dell’acquisizione di conoscenze e competenze, a seguire i programmi svolti a ritmo sostenuto dagli insegnanti, obbligati ad effettuare frequenti verifiche  anche per raggiungere il livello di produttività previsto nel miraggio di conquistare quei 7000 euro di premio, ventilati dal Ministero, ma poi subito soppressi dalla Finanziaria. L’unica salvezza per gli studenti potevano essere le lezioni private, tornate in auge appunto quest’anno, a suon di 50.00 euro all’ora, non certo alla portata di tutte le famiglie. Ben poco hanno potuto i corsi di sostegno e di recupero, tali solo di nome, ma inefficaci nella realtà per la scarsezza di fondi messi a disposizione delle scuole, costrette a ridurre gli interventi a 3-4 ore di lezione per gruppi consistenti di studenti anche di classi diverse.
         Ma, ad essere bocciata, Mariastella Gelmini lo è anche nella realtà dei fatti per questa sua riforma globale della scuola, messa in atto dal 2008, finalizzata unicamente al risparmio economico, in quanto lei è stata messa lì solo per basso sotto-potere, come dimostrato dalle intercettazioni telefoniche emerse sulla P4, e soprattutto per eseguire i tagli che Tremonti vuole. Questo lo si capisce già dal fatto che a cambiare nella scuola siano prima di tutto i nomi: le scuole elementari sono diventate primarie, mentre le medie e le superiori, secondarie di I e II grado. Ma nella scuola primaria la vera stretta è stata data dalla reintroduzione della figura del maestro unico, che a partire dall'anno scolastico 2009/2010, per la riduzione della spesa prevista dalla legge 133/2008, ha sostituito nelle prime classi i tre docenti per due classi precedentemente previsti per il modulo, classi funzionanti con orario di sole ventiquattro ore settimanali.  Anche se nei regolamenti si ipotizza che, per esigenze delle famiglie, si possa aumentare l’orario scolastico, due anni di attuazione hanno dimostrato quanto sia difficile dare realtà a queste richieste, per cui le famiglie si vengono a trovare in situazioni di grave difficoltà soprattutto qualora entrambi i genitori lavorino.
         Pure nella scuola secondaria di primo grado il tempo scuola è notevolmente diminuito, perché anche se le famiglie potrebbero optare per un aumento di due ore settimanali per l'apprendimento di un’altra lingua straniera o incrementare le ore settimanali di inglese oppure utilizzarle per corsi di italiano per studenti stranieri, essendo tutto questo subordinato alle disponibilità economiche, molto raramente si realizza, con beneficio delle scuole private di inglese, uno dei più grandi business in Italia, ma anche per l’Inghilterra!
         Sulla scuola secondaria di secondo grado, per ora, non andiamo oltre ai rilievi fatti al primo anno, poi vedremo come evolverà l’applicazione della legge fino all’andata a regime, ma comunque abbiamo già avuto sentore di come si proceda per tagli rilevanti, innanzitutto con la soppressione di molti corsi serali, impedendo quindi a volonterosi adulti, che magari hanno già frequentato fino al terzo o al quarto anno, di proseguire gli studi tanto che in qualche caso, come a La Spezia, gli studenti hanno deciso di adire alle vie legali per rivendicare il loro diritto allo studio.
         Questa stretta economica sulla scuola, a proposito della quale il Presidente del Consiglio e il Ministro non fanno altro che parlare a vuoto di miglioramenti, di meritocrazia, di serietà, ecc. ecc., si traduce nella realtà in un’offerta sempre più limitata e scadente di istruzione, con la scuola vista dal Governo unicamente come settore dove risparmiare e non come area in cui investire. Continuare a ripetere che non ci sono risorse, che si deve fare economia è falso: le risorse vanno acquisite con diversi sistemi di tassazione e soprattutto occorre fare altre scelte, con altre priorità, invece di destinare ingenti fondi ad azioni che definirei immorali, come i bombardamenti in Libia.
         Non investire nella scuola significa condannare il Paese all’immobilità sociale e all’arretratezza, mettere in difficoltà le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano ed agire in controtendenza rispetto a Paesi più avanzati (Germania, Regno Unito), che hanno persino aumentato le risorse, risparmiando altrove. Ma tutto questo lo mettono in atto quelli che hanno a cuore il destino del Paese, non chi tiene in mano il potere solo per fini di utilitarismo personale e di gruppo…
         Questa situazione ha come ricaduta anche un aumento della disoccupazione e del precariato giovanile, in quanto nella scuola non solo non si creano nuovi posti di lavoro, ma le cattedre diminuiscono sempre più. Non si vuol certo sostenere che la scuola debba essere un ammortizzatore sociale, ma una corretta politica di investimenti, oltre a migliorare  il servizio scolastico, creerebbe occasioni di lavoro per quanti hanno seguito corsi di studio finalizzati all’insegnamento. Invece in questo campo la situazione peggiora continuamente.  Un esempio: il 20 giugno  alla Camera è stata votata la fiducia per il decreto sviluppo, che legifera, tra le altre cose, anche sulle graduatorie ad esaurimento delle scuole primarie. Nel testo è saltato un comma che permetteva a circa 20mila abilitati (dal 2008 al 2011) di accedere alle graduatorie ad esaurimento, ossia alle liste da cui si attinge per assegnare le supplenze annuali, in seguito alle quali avvengono le immissioni in ruolo. Gli esclusi sono laureati di recente, o laureandi, ai corsi abilitanti in Scienze della Formazione primaria recentemente promossi dal ministro Gelmini.  Ora infatti si ritrovano a seguire corsi abilitanti al nulla e discriminati, per future opportunità, rispetto ai colleghi laureati prima del 2007/08. Ma tra queste file di esclusi non ci sono solo giovani e giovanissimi. Ci sono anche quelli che, dopo aver preso una prima laurea e aver vissuto nel limbo del precariato per anni, hanno colto i corsi abilitanti nella facoltà di Scienze della Formazione come una speranza per raggiungere la stabilità lavorativa. Sono persone che, dopo laurea, dottorato e master, si  impegnano a conseguire una seconda laurea, ma rischiano di trovarsi, ben oltre i 30 anni, con un ulteriore titolo di studio inutilizzabile sul mercato del lavoro. Qui si apre un’altra grossa questione, quella dello “spreco” di istruzione ad alto livello che si estendendo in Italia, dove sempre più numerosi sono i giovani che accumulano lauree triennali e magistrali, dottorati e master, senza poi trovare adeguata collocazione nel mondo del lavoro e che, molto spesso, emigrano all’estero, specie se con una formazione di area scientifica, per cui si crea l’assurda situazione che in Italia investiamo risorse economiche ed umane per preparare giovani di alta formazione intellettuale da fornire a paesi stranieri, USA, Germania e Inghilterra in primis!

 

 

2 commenti:

  1. Bisognava dire qualcosa anche sulla proposta della Lega per gli insegnanti precari. Prendere posizione, ovviamente contro..

    RispondiElimina
  2. La proposta della Lega di aggiungere 40 punti di bonus per gli insegnanti residenti nelle province in cui aspirano ad insegnare, con il corollario della possibile rinuncia al già richiesto trasferimento, è la spia della ristrettezza mentale e culturale di questo partito che mira solo a salvaguardare gli insegnanti del Nord dalla concorrenza dei colleghi del Sud, dando ancora una volta esempio di volere una stupida guerra tra poveri, nonché di anticostituzionalità con l’impedire la ricerca del lavoro da parte di ciascuno sul territorio nazionale. Anteporre la provenienza territoriale a capacità, merito, titoli e formazione, vuol dire non capire (o non voler capire) che solo una qualità migliore dei docenti può dare una scuola migliore, naturalmente se le istituzioni fanno la loro parte fornendo i mezzi per un’organizzazione ottimale del servizio.

    RispondiElimina