mercoledì 12 dicembre 2018

CHI E COME EDUCARE?

Rosa Elisa Giangoia

La recente tragedia nella discoteca di Corigliano merita altre considerazioni e approfondimenti diversi, oltre a tutto quanto si è detto e ridetto nei media sulla questione della sicurezza, forse disattesa, come in molte altre occasioni, e sul cordoglio, umanamente doveroso, per le vittime.
Occorre leggere il testo (prossimo alla pornografia) che si cantava forse da parte dei ragazzi, che sarebbe stato (forse) cantato dal trapper Sfera Ebbasta (se fosse arrivato in quella sala e per godere della cui esibizione in molti avevano pagato…).

Eccolo:
Quanto sei porca dopo una vodka
me ne vado e lascio un post-it sulla porta
Le more, le bionde, le rosse, le mechesate
vestite da suore o con le braccia tatuate
le alternative, le snob pettinate,
spettinate sotto le lenzuola ubriache
Le tipe che ho avuto, le tipe che avrò
So che mi vuoi non dire di no
Lasciami il numero e se mi ricordo
magari un domani ti richiamerò
io non lo so cosa ti faccio
però mi cerchi lo so che ti piaccio
sono una merda ragiono col cazzo
oggi ti prendo, domani ti lascio.
Un testo che esalta il sesso, lo sballo (a base di alcool e droga), il maschilismo e il vivere al momento, senza progetti di vita: cosa può dire questa proposta di vita sbandierata a bambini e ragazzini dagli 11 ai 17 anni?
Forse che la vita non è una cosa seria, ma solo un'occasione per dar sfogo alle proprie pulsioni del momento...

E i genitori, cosa dicono? Molti erano insieme ai figli... La dialettica generazionale tra genitori e figli non esiste più? Certo, è più facile essere permissivi e condividere...

Ma allora chi educa? La scuola dà delle competenze, delle conoscenze, delle abilità operative e delle capacità critiche.

La famiglia deve soprattutto educare ad una scala di valori. Ma se i valori non li hanno più neanche i genitori?

C'erano altre agenzie educative che si facevano carico di grandi responsabilità educative: la Chiesa, i partiti, l'associazionismo, ma oggi sono in crisi o si sono dissolte.

E allora resta solo più il mercato che, soprattutto tramite i media e i social, strumentalizza i giovani con proposte pseudo-educative o diseducative, all'unico scopo di guadagnare.

C’è qualcuno, come facevano i Greci che sono la culla della nostra civiltà, che insegni che la vita val la pena di essere vissuta non  a livello animale, ma umano, e cioè di sentimenti e di ragione, di creatività?
Oppure la vita  si riduce ad una ‘grande abuffata’ o ad anoressia o solipsismo, cioè ad immaturità dinanzi al reale?

Dove porterà tutto questo?