giovedì 3 gennaio 2013

NEBBIA

Carlo Biancheri

Andiamo alle elezioni con una  buona dose di confusione. Le ragioni sono di ordine generale (tanti anni di annunci politici ad effetto, di diffusione di una cultura edonistica e narcisistica, di una realtà virtuale in cui fuggire dalla durezza di quella reale, di mancanza di comunità, di solidarietà - molte forme solidali contemporanee diventano auto-gratificazioni o parcheggi sociali in attesa di migliore sistemazione -), ma dipendono anche dalla difficoltà obiettiva in cui ci troviamo in Italia a causa dell'enorme debito pubblico e dall'esistenza di posizioni dominanti che falsano il mercato produttivo. A ciò si aggiunga un quadro internazionale scevro di grandi progetti e caratterizzato da poca solidarietà tra gli Stati.
Se l'Italia fosse un paese serio dovrebbe cominciare con l'anamnesi. Chi ha creato il debito pubblico? I vecchi partiti, il piazzista e gli scherani, i sindacati: tutti insieme appassionatamente han scaricato in modo cinico sulle future generazioni, l'attuale e le successive..., i problemi del momento indebitandoci. Ricordate Craxi, Andreotti, il nobile Ciampi e l'ineguagliabile presidente che ci manca tanto, la Lega dei malfattori con la meravigliosa autonomia regionale? Se dobbiamo seguire Cartesio, col suo Discours sur la méthode, sarebbe bene che tutti coloro che sono i successori di detti soggetti, fossero inibiti dal parlare, essendo i principali responsabili dei mali attuali. Invece, anche per l'ignoranza di gran parte degli operatori dei media..., vengono quotidianamente intervistati, perché si deve 'creare' una notizia, non per far conoscere il vero, ma per vendere un prodotto!
Così tra i prodotti dobbiamo scegliere il Professore, macroeconomista, autoreferenziale che ha avuto il merito non trascurabile di consentirci di esser qui a continuare a scrivere e non a cercare di vendere e raccogliere stracci... come dopo la repubblica di Weimar. Aver fatto sloggiare il piazzista che grida ora al complotto, con la sua nuova fidanzatina di solo cinquant'anni più giovane, non è stata impresa da poco, anche e soprattutto perché associazioni segrete e malavita organizzata hanno avuto il tempo di impiantarsi allegramente in tutta l'Amministrazione, centrale e periferica. Come può un tecnico di macroeconomia esser nel contempo esperto di mercati finanziari, cioè di microeconomia? Sono cose diversissime... E per quanto Vendola e la Camusso o Fassina non perdano occasione per demonizzare l'economia finanziaria in sé (ma anche Benedetto XVI, pessimamente consigliato da Focolarini e opificio, parla di 'mercato etico', contaddicendo le Encicliche dei suoi predecessori che non han mai condannato il mercato in sé, ma piuttosto il profitto come motore 'essenziale'... v. Populorum Progressio...) non si aiuta l'economia se si crede di poter vivere senza mercati finanziari.Tutti questi signori ignorano che il vero problema è quello di regolamentare i mercati a livello internazionale (e qui sta il punto...) in un quadro di libera circolazione dei flussi finanziari e di vigilarli, non quello di additarli al pubblico ludibrio come il male in sé: senza credito torniamo al baratto... Il Professore ci propone l'Europa quasi si trattasse di un atto di fede come i radicali fanno con Spinelli, antesignano del federalismo europeo. Certo avendo uno Stato così sgangherato come il nostro, dove la Pubblica Amministrazione è stata a lungo legibus soluta e in Parlamento si è fatto di tutto..., l'Europa è parsa  una speranza per migliorare agganciandosi ad essa. Ma... le direttive europeee non venivano trasposte nell'ordinamento interno o erano stravolte e la giustizia italiana non le applicava e per decenni chi andava a Bruxelles ci andava come viaggio premio, senza neppur comprendere di cosa si stesse discutendo nelle riunioni del Consiglio o della Commissione!Adesso l'Europa è cambiata: c'è competizione tra gli Stati membri, non c'è più solidarietà, ci sono poche idee e la Germania ed altri la fanno da padrone. La burocrazia europea, importantissima perché tiene la penna..., ha pochi italiani in posti chiave e si adegua ai diktat dei potenti di turno. Il piazzista si lamenta che la Germania pesa troppo:e allora? Cosa propone? Quali sono le sue  alternative oltre alle follie del Brunetta, economista di statura... dice Monti, e chi le ascolta (non diciamo chi le segue...) in Europa? Meglio tornare all'autarchia? A coltivare il prato a piazza Venezia a Roma?
L'armata del Professore non ha dato una gran prova a parte l'intervento drastico,doloroso ma importante sulle pensioni. La discesa dello spread molto rilevante (con buona pace del piazzista che farebbe meglio a tacere quando non capisce le cose...) perché significa pagar un minor tasso d'interesse al rinnovo di ben 400 miliardi annuali di debito pubblico (!) e liberar risorse per altri fini..., non è stata interamente merito suo: la BCE e Draghi, in primis, han giocato un gran ruolo. La scelta di ministri come Passera che non è banchiere ma un bancario... (essendo stato segretario di Bazoli - che non è neppure economista...-  di Banca Intesa)  al Ministero dello Sviluppo economico non ha generato alcuna scossa .Né si sono mossi meglio altri ministri. La Severino non ha proposto riforme della Giustizia né ha migliorato la situazione carceraria. Certo la maggioranza... e sempre quel personaggio incombente... Ci domandiamo se invece di portare a spasso la propria 'autorevolezza', come la statua della madonna di Pompei, sarebbe stato meglio parlar chiaro agli italiani in un frangente così duro e spiegare perché si è stati costretti a tassare e basta... Invece no. Forti di benedizioni, come quelle passate peraltro..., in perfetto contrasto con la Costituzione Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II che affida ai laici (e non al clero o ai vescovi!) l'animazione cristiana delle realtà create, col sostegno dei cattolici di professione(esiste forse un club di santi?) si sdottoreggia.
Ci troviamo "a nostro debol parere", per riprendere l'espressione di fra' Cristoforo dell'amato Manzoni, tra l'incudine e il martello: da un lato un liberismo economico darwiniano dove sembra che debba esservi una sorta di selezione naturale: un terzo o forse più dei partecipanti sarà decimato? Peccato, ma... andiamo avanti. Dall'altro uno statalismo che si culla del mito Stato/bene comune. E' forse un gran progresso se il capitale passa dalle mani di pochi privati a quella di pochi politici/ burocrati? I principi rossi (e da noi i vassalli, i valvassori e i valvassini della burocazia...) insegnano alcunché? Certo bisognerà scegliere ma senza troppa speranza perché le soluzioni vengono soltanto da chi conosce i problemi e sceglie in modo corretto e equilibrato. Si ha invece l'impressione di essere di fronte  a concorrenti della famosa trasmissione televisiva, la Corrida (dilettanti allo sbaraglio). Volete un esempio? Il cardinale Ruini, gran sostenitore di Berlusconi a causa dei famosi valori non negoziabili (alcuni dei quali frutto di sua elaborazione e di una teologia d'accatto...), ha dichiarato in tv che  il comportamento personale non incide sulla posizione politica di un individuo. E bravo il nostro Ruini che contraddice in pieno un Dottore della Chiesa, San Tommaso d'Aquino, fino al pontificato del trascinatore... Woityla e di Benedetto XVI, considerato Dottore comune... San Tommaso sostiene che chi non sa governare sé stesso non può governare neppure gli altri!

COMMENTI

Sarebbe bene evidenziare gli svarioni che si trovano nell’Agenda Monti. Innanzitutto si afferma che il costo degli interessi sul debito pubblico ammonta nel 2012 a 75 miliardi di euro. Una bella cifra, peccato sia inferiore di 11 miliardi e 119 milioni a quanto sta scritto nella “Nota di aggiornamento” del Def (Documento di Economia e Finanza), datata settembre 2012, a firma Monti e Grilli. E nello stesso documento si precisa l’aumento previsto per i prossimi anni, fino agli impressionanti 105 miliardi e 394 milioni indicati per il 2015. Qual è allora la cifra giusta, quella del Monti di settembre o quella che lo stesso ha indicato a dicembre? Noi sappiamo che è la prima, mentre sul perché abbia sparato la seconda bisognerebbe chiedere all’interessato. Il secondo svarione è in realtà un’autentica truffa. C’è scritto che: «Ridurre di 100 punti base il tasso di interesse che paghiamo sul debito, vale 20 miliardi di euro a regime. E da novembre 2011 il tasso di interesse è calato di oltre 250 punti». Ora, se tutto ciò fosse vero, e considerato che 20 x 2,5 = 50, Monti potrebbe davvero presentarsi come il salvatore tanto propagandato dalla stampa che lo sostiene. Cinquanta miliardi annui sarebbero davvero un bel gruzzolo. Ed una bella smentita alle cifre di cui sopra del duo… Monti-Grilli. Che invece, statene certi, verranno smentite sì, ma perché sottostimate, non il contrario. Nel ragionamento del professorone ci sono infatti due trucchi. Il primo è che parlare di quanto le variazioni dei tassi (e dunque dello spread) si riflettano sul costo degli interessi è in realtà assai complesso. Valutare l’incidenza a “regime” di una variazione di 100 punti base nel breve, proiettandola sull’insieme dello stock di titoli che hanno spesso una scadenza ultra-decennale (e comunque una vita media di oltre 7 anni) non ha molto senso. Ancora meno senso ha – e qui l’intento truffaldino è macroscopico – riferirsi alla variazione dei tassi rispetto al solo picco del novembre 2011. Quel che conta infatti, ai fini della proiezione di lungo periodo, è il tasso medio di un determinato periodo (ad esempio di un anno). E’ evidente che il picco x della durata di un giorno, incide davvero sul costo degli interessi solo se quel giorno il Tesoro emette nuovi titoli. Solo in quel caso, un aumento di 100 punti base (pari all’1%) sul mercato secondario si rifletterà all’ingrosso su un incremento simile dei tassi applicati ai titoli emessi quella giornata. Ora si da il caso che lo spread medio del periodo gennaio 2008 – giugno 2011 è stato pari a 113. E che solo successivamente lo spread ha preso a galoppare, per arrivare a quota 574 il famoso 9 novembre 2011, per ridiscendere a 447 il 1° dicembre (a Monti appena insediato), risalire  a 515 il 23 dicembre, scendere sotto i 300 punti l’8 marzo 2012, riprendere quota 490 il 12 giugno, arrivare a 537 il 24 luglio, ridiscendere sotto i 400 a settembre, scendere ancora a 300 a dicembre, per poi risalire all’attuale 320. I tassi medi (e dunque gli spread medi) del governo Monti sono stati certamente assai più alti di quelli del precedente gabinetto Berlusconi. La vanteria del candidato professore è dunque del tutto fuori luogo. Tant’è che lo stesso Def prevede per i prossimi anni una crescita piuttosto forte del costo del debito, sia in termini assoluti che in rapporto al Pil. Ma questo falso serve  per introdurne un altro non meno importante. Leggiamo allora il terzo svarione: «Ridurre lo stock del debito» – iniziando la pazzesca manovra di rientro prevista dal Fiscal compact – «tenuto conto del fatto che realizzato il pareggio di bilancio e in presenza di un tasso anche modesto di crescita, l’obiettivo di riduzione di stock del debito sarebbe già automaticamente rispettato». Una cosa da ragazzi, dunque. Peccato si tratti di una balla colossale. Intanto il pareggio di bilancio è di là da venire. Per il 2013 lo stesso governo Monti prevede un deficit pari all’1,6% del Pil, ma siccome si valuta che esso contenga un -1,9% dovuto al ciclo economico negativo, si dirà di aver ottenuto un avanzo pari allo 0,3% «al netto del ciclo». Qui siamo davvero vicini alla stregoneria dei numeri. Del resto le cronache ci parlano di quanto sia bravo il ministro Grilli ad imbrogliar le carte dei suoi affari immobiliari privati… Il giochino architettato per far tornare i conti potrà anche funzionare, ma il deficit rimarrà un deficit e circa 25 miliardi di euro veri (ciclo o non ciclo) andranno ad aggiungersi alla massa del debito. Ma fingiamo pure di arrivare al pareggio di bilancio. Bene, sarà chiaro a tutti che (sempre in rapporto al Pil) pareggio di bilancio significa debito invariato a crescita zero, debito in riduzione di un punto con una crescita del Pil dell’1%, debito in aumento di un punto con una crescita negativa del Pil del -1%, e così via. Ora il Fiscal Compact prevede una riduzione annua dello stock del debito pari al 3% del Pil (qualcosa come 47 miliardi di euro). In realtà un po’ di più, dato che il rapporto debito/Pil non è più al 120% ma già oltre il 126%. Ne consegue che solo una crescita costante attorno al 3% garantirebbe la riuscita dell’operazione «rientro». Un tasso di crescita che l’Italia non conosce più da decenni, lontano anni luce dalla crescita zero arrivata – chissà perché! – in parallelo con l’euro, cioè da ben 11 anni. Come si può allora affermare che basterebbe «un tasso anche modesto di crescita»? Si può, perché si deve. Perché altrimenti si dovrebbe dire la verità: che nuovi e più pesanti sacrifici saranno necessari, anno dopo anno, sull’altare dell’euro e dell’Unione europea.
Tommaso Acerbi

Carlo Biancheri risponde:

Uhm...attenzione con le proiezioni e le stime che non tengono affatto conto del quadro complessivo, del contesto...
Concordo su due punti: ridurre il deficit al 60% del PIL sarà un'impresa molto difficile... Se la UE tornerà a fare la UE si dovrà riconsiderare il Fiscal compact, dettato dalla Merkel in assenza di interlocutori italiani presentabili...: i nostri erano in altre faccende affacendati!
Il tasso di interesse si calcola al momento in cui il Tesoro rinnova i titoli in scadenza..., il resto o è previsione o è consuntivo. Ma...bisogna continuamente prevedere e fare aggiustamenti... sulle previsioni stesse perché le aspettative di mercato cambiano e le variabili aumentano.
Come si fà a comparare lo spread nel periodo del governo del piazzista con quello del governo Monti? Queste comparazioni/panzane lasciamole al grande economista Brunetta. I mercati affabulati dall'amico di Milanesi..., gran liberalizzatore poi... pentito, tenevano gli spreads bassi in attesa di promesse mai realizzate (le chiacchere sono durate anni dalle cartolarizzazioni in poi...) e poi c'è stato lo scoglio Grecia ed è scoppiata la tempesta per l'imperizia tedesca. Se il piazzista fosse rimasto ancora un mese, l'Italia sarebbe andata in default e la BCE non avrebbe avuto il tempo di convincere i partners europei né di fare alcunché per salvare la moneta europea. Quali erano le posizioni in derivati sui titoli pubblici italiani nel novembre 2011? Lunghe o corte? E non considero quelle over the counter...! Lo spread ha galoppato perché all'estero, dove pure ci sono fior di imbroglioni, come ampiamente dimostrato dagli scandali da BCCI a Enron a Barings a Madoff a Worldcom (che fanno un baffo per dimensioni a Parmalat...), nessuno si fidava più di cialtroni. E siccome gli investitori esteri detenevano circa il 50% del debito pubblico... il gioco è presto fatto...
Ora la situazione è più calma perché al governo c'è stata gente forse incapace, ma normale... e comunque in grado  di sedersi ad un tavolo internazionale, senza far le corna e parlare di sesso e quant'altro e soprattutto perché la BCE è intervenuta ed i tedeschi, dopo la cacciata dell'ungherese/franco Sarkozy, con la esasperante lentezza abituale han capito che non conveniva far saltare il banco...