lunedì 5 maggio 2014

IL CARDINALE DI MILANO E LA CONSOB



   Carlo Biancheri
 Siamo rimasti basiti ad ascoltare il card. Scola intervenire, dopo il discorso al mercato del Presidente della Consob, già Sottosegretario all’Economia del Governo Berlusconi che, in spregio a tutti i principi internazionali di indipendenza  dei vigilantes,   votò tranquillamente la fiducia Governo, pur essendo già stato nominato Presidente dell’organo di controllo.
   Un politico di lungo corso, Vegas, conoscitore della contabilità pubblica più che del mercato finanziario e, in particolare, quello borsistico, come emerge dai suoi interventi  ha pensato bene, in assenza del Ministro dell’Economia (la prima volta se non andiamo errati…), di invitare un animale raro, di quelli che fanno la fortuna in un circo: l’arcivescovo di Milano. In effetti, dinanzi ad un parterre in molta parte in sintonia con gli ambienti massonici, il prelato formatosi in quel pasticcio di Comunione e Liberazione ed avendo come maestri indiscussi Giovanni Paolo II (di cui abbiamo rilevato a più riprese la fragilità filosofica e quindi teologica) e Benedetto XVI (il cui agostinismo ‘spinto’ insieme ad una incapacità di gestione ha ridotto la Chiesa cattolica a mal partito) pareva un animale esotico e si è avventurato, pur definendosi ‘laico’ nel contesto del mercato mobiliare, in un discorso lambiccato in cui emergevano carsicamente i concetti di relazionalità (forse tributario di un personalismo d’accatto?) e di eticità.
   Grande scoperta del prelato è stata che nel mercato finanziario non c’è solo il potere del denaro, ma l’asimmetria informativa, cioè per parlare come si ‘magna’: alcuni hanno maggiori informazioni di altri… E poi c’è l’anonimato dei partecipanti al mercato…
   Successivamente si è lanciato a distinguere tra assunzione di rischio ed ‘incertezza’, dando a quest’ultima una valenza negativa, per preparare il terreno all’eticità.
   Per dare maggior peso al suo discorso si è avvalso dell’enciclica del papa emerito Caritas in Veritate che, come abbiamo avuto modo di sostenere, essendo  l’emerito profondamente avverso a San Tommaso, dice cose in contrasto con le grandi encicliche sociali come la Rerum Novarum, la Pacem in terris, la Populorum progressio,  oltre che con la costituzione conciliare Gaudium et Spes. Il papa, infatti, auspice l’’opificio’, sostiene che la speculazione finanziaria sia un male in sé denotando con ciò una certa sfiducia nel creato, pur proclamata, e nella capacità dell’uomo di agire secondo ragione (v. Genesi V … “e Dio vide che tutto ciò era buono…”)e, segnatamente, condannando i prodotti finanziari derivati, che, a nostro avviso, sono in sé neutri…
   Male ha fatto lo Scola ad avventurarsi su questo terreno perché ha mostrato di non sapere che sull’anonimato, da decenni, esiste una normativa comunitaria come pure sull’asimmetria informativa (sono diverse le direttive che se ne occupano, a cominciare da quella sugli abusi di mercato per terminare alle operazioni con parti correlate nelle direttive contabili).
   Non è da pastore parlare di quel che non si conosce: occorre esser più umili; per dire qualcosa di serio, avrebbe potuto benissimo costituire un gruppo di lavoro con esperti di mercato credenti, con cui elaborare linee per valutare i problemi etici nel mercato borsistico. Si sarebbe forse accorto che il concetto di ‘fairness’ dei mercati è il leit motiv del mondo anglosassone dopo la grande crisi del 1929 negli Stati Uniti e che non è di per sé un concetto cristiano  (noi con Chenu e Maritain crediamo che, a volte, è cristiano ciò che è pienamente umano…) come pure quello di equal treatment
    Non farebbe meglio il Vescovo invece di fare discorsi pasticciati occuparsi delle sue pecore, l’odore delle pecore e non impedire alla diocesi di Milano di essere in aperta sintonia col papa Francesco, citato in modo residuale nel suo intervento?