lunedì 17 luglio 2017

KERIGMA E STORIA

   
Rosa Elisa Giangoia

   Occorre tener sempre presente che il centro dell'annuncio cristiano del Vangelo è il kerigma  che consiste nella proclamazione della morte e risurrezione di Gesù Cristo fatta sotto l'azione dello Spirito Santo, da chi ne è stato testimone. Messaggio che viene quindi consegnato e affidato di generazione in generazione per essere custodito e trasmesso fino alla fine dei tempi.
   Per questo si può dire che il kerigma è la cerniera tra la vicenda di Gesù e quella della sua comunità che si perpetua nella storia fino a noi che ne siamo custodi nell’oggi.
   In questo modo il kerigma è entrato nella storia, ne è stato fermento e lievito, ma anche oggetto di appropriazione e strumento di potere, lungo i secoli in cui la storia ha dimostrato di essere ambivalente, fra salvezza e perdizione, tra bene e male.
   Il kerigma ha comunque fortemente influito nella storia stessa, contrapponendo alla visione di un umanesimo  antropocentrico un umanesimo teocentrico che riconosce Dio come centro dell’uomo, il che implica il concetto dell’uomo peccatore e redento, per cui fà propri i concetti di grazia e di libertà. Questo implica che dovere di ogni uomo sia volere un mondo migliore, pur nella consapevolezza che questa aspirazione, per quanto possa essere perseguita con ogni mezzo e ogni energia, non potrà che trovare nel migliore dei casi una realizzazione parziale, relativa, incompleta e contestata. Quindi, come dice Jacques Maritain in Umanesimo integrale il dovere del cristiano «non è di fare di questo mondo stesso il regno di Dio, bensì di fare di questo mondo secondo l'ideale storico richiesto dalle diverse età, il luogo di una vita terrena pienamente umana, cioè piena certamente di debolezze ma anche piena d'amore, le cui strutture sociali abbiano come misura la giustizia, la dignità della persona umana, l'amore fraterno e che pertanto prepara l'avvento del regno di Dio in modo filiale, non servile, cioè mediante il bene che fruttifica in bene, non mediante il male che serve al bene come mediante violenza» (cap. IV). Per questo, secondo il filosofo francese, la missione temporale del cristiano è di "transpenetrare" il mondo affinché «la rifrazione della grazia del mondo della grazia sia sempre più effettiva e l'uomo possa viverci meglio la sua vita temporale».
       Tutto questo sta ad indicare che, anche se il messaggio evangelico è oltre le ideologie, non significa che sia indifferente alle ideologie stesse, anzi, proprio partendo dal nucleo kerigmatico le ideologie vanno valutate e, in caso di contrarietà, combattute, come hanno fatto i primi cristiani nei confronti di mentalità e comportamenti del mondo pagano greco e romano (dall’esposizione dei neonati, ai giochi nel circo con vittime umane, all’adorazione dell’imperatore come dio, ecc.), come più vigorosamente si sarebbe dovuto fare nei confronti del Nazismo e come si dovrebbe continuare a fare oggi con chiarezza di pensiero e di parole nei confronti di posizioni contrarie al kerigma e alla sua continuità di vita nella storia, invece di privilegiare comportamenti caratterizzati da pragmatismo ed attivismo, in cui tutto si relativizza, la fede diviene fideismo, nell’incapacità di realizzare un vero umanesimo integrale. Ferma deve essere la consapevolezza che non tutto è compatibile con il messaggio cristiano, altrimenti la pace diviene irenismo, se non si rispetta la giustizia. Dirsi cristiani, cercare e creare aggregazioni su una semplice dichiarazione di appartenenza non serve; l’importante è condividere valori da cui far discendere scelte, azioni e comportamenti in spirito di fedeltà al kerigma, pur nella consapevolezza che nella realtà della storia possono essere condivisi anche da chi non si professa cristiano con cui si possono fare tratti di strada per il conseguimento di obiettivi specifici, come può essere oggi, ad esempio, la salvezza dei migranti, per quanto umanamente possibile.