martedì 17 novembre 2015

LA RETROMARCIA DELLA STORIA?


Rosa Elisa Giangoia

 L’intensificarsi a tempi sempre più ravvicinati di attentati terroristici da parte di nuclei islamici a danno della nostro mondo occidentale deve farci riflettere sul fatto che situazioni ed eventi molto simili a quelli che stiamo vivendo sono già avvenuti nel passato, per la precisione in due momenti storici lontani e diversi tra di loro.
     Dapprima ci sono stati gli scontri tra cristiani e mussulmani conclusisi con le battaglie di Poitiers (732) e Akroinos (740), la cui realtà storica sfuma nella rielaborazione letteraria cavalleresca, mentre più precisi e confrontabili con gli attuali sono gli eventi verificatisi nell’arco di tempo che va dalla fine dell’Impero Romano d’Oriente con la caduta di Costantinopoli (1453) alla battaglia di Lepanto (1571).
  Infatti i Turchi, che i missionari bizantini avevano inutilmente cercato di convertire al cristianesimo, furono facilmente affascinati dall’islam per opera di imam e califfi arabi, in quanto si trattava di un credo molto più congeniale al loro temperamento, anche perché lo si praticava con la scimitarra. Ed essi accettarono con l’entusiasmo dei neofiti gli ordini impartiti ai “veri credenti” da Maometto, impegnandosi a fare «la guerra a coloro che non professano la credenza della verità», avendo fede che «chi cade sulla strada della jihad avrà i favori e la misericordia di Allah». Di qui si sviluppò la “guerra di corsa” praticata dai corsari barbareschi contro la cristianità. Nelle loro scorrerie nel Mediterraneo essi attaccavano e saccheggiavano le navi e i villaggi cristiani, dividevano il bottino sulla base di determinate carature, riservando sempre il dovuto “quinto” alla Sublime Porta, ossia al sultano che regnava a Costantinopoli e del quale essi erano fedeli vassalli, essendo stati nobilitati con “patenti” che non solo autorizzavano, ma incoraggiavano e sostenevano queste loro delittuose azioni. Così, mentre gli eserciti islamici penetravano minacciosamente nel cuore dell’Europa, giungendo fino alle porte di Vienna e sfilando per le strade di Ratisbona (1529), i traffici marittimi erano quotidianamente messi a repentaglio dagli assalti a sorpresa dei veloci vascelli con la bandiera verde con la mezzaluna. Nello stesso tempo le coste, soprattutto quelle italiane, venivano continuamente saccheggiate dai corsari islamici avidi non solo di tesori ma anche di uomini, di giovani e belle donne, nonché di fanciulli per alimentare il loro fiorentissimo mercato degli schiavi.
   Se leggiamo le testimonianze sulle incursioni dei barbareschi nelle località costiere italiane, possiamo notare che esse non sono quasi mai avvenute a casaccio, ma suggerite e pianificate da una “mente” militare. Le loro azioni risultano spesso precedute da un’attenta raccolta di informazioni (confessioni estorte a prigionieri o delazioni di rinnegati) e quindi messe a punto come una moderna operazione di commando. Anche se gli aggressori risultano essere un’accozzaglia di gente di varia provenienza (berberi, turchi, moriscos, rinnegati europei di vari paesi) tutti operano con ordine e disciplina. L’obbiettivo scelto è quasi sempre una località priva di difese e facile a essere colta di sorpresa, grazie anche alla leggerezza delle imbarcazioni e all’agilità degli assalitori.. La tattica privilegia l’attacco nel cuore della notte con lo scatenarsi tra urla e schiamazzi per creare scompiglio. Il saccheggio viene effettuato con metodicità, mentre gli assaliti non hanno né tempo né modo per organizzare la difesa. La spietatezza dei corsari è feroce: chi si difende viene ucciso, così i vecchi, i malati e coloro che non appaiono “vendibili”. Le persone abili (uomini, donne e fanciulli) vengono invece incatenate e caricate sui vascelli. Nello stesso tempo non tralasciano mai di devastare le chiese, di bruciare le immagini sacre e di distruggere le odiate campane. Per i prigionieri c’era solo la possibilità di un riscatto da parte dei loro congiunti, che arrivavano a dissanguarsi vendendo tutto e indebitandosi, o per intervento delle confraternite che sempre più spesso si costituivano.
   Gli schiavi fornivano soprattutto la forza motrice per muovere le navi, le famose galee,  dove le condizioni di vita erano disumane, regolate dall’aguzzino a colpi di fischietto e di staffile. Infine, quando non servivano più, venivano uccisi. Altri finivano nei “bagni”, una sorta di lager in cui le condizioni di vita erano orribili come si può evincere dalle lettere, conservate negli archivi di alcuni centri costieri italiani, che i disperati prigionieri riuscivano in qualche modo a far giungere per narrare il loro dramma.
      Su questo scenario si intrecciarono storie più o meno romanzesche, con protagonisti come il corsaro Barbarossa, rinnegato calabrese, e il suo giovane luogotenente Dragut, e anche il ritorno sulla scena del vecchio ammiraglio Andrea Doria insieme a Marcantonio Colonna, finché, dopo l’assedio di Malta e l’assedio di Famagosta, si arrivò all’epilogo con la battaglia di Lepanto.
      Questi pochi cenni storici sembrano sufficienti per ricordare che il soffrire acute sofferenze a causa dei seguaci dell’islam non è una novità, ma una ricorrenza storica che riemerge quando si vengono a creare determinate situazioni di conflittualità tra il mondo mussulmano e l’occidente.
      Per due volte nel corso dei secoli la situazione è stata superata: ci ritroviamo nuovamente in un’emergenza che, seppure ingigantita dai mezzi tecnici oggi a disposizione, presenta analogie con quanto già avvenuto e soprattutto è motivata e sostenuta sempre da istanze analoghe, anche se, ora come nel passato, possono mascherare più subdoli interessi economici. Ad essere diversi oggi siamo noi, che abbiamo compiuto un più lungo cammino mentale e culturale che ci ha portato ad allontanarci sempre più dall’idea della contrapposizione con il nemico e a privilegiare il dialogo e le situazioni di pace rispetto a quelle belliche.
       Ma dobbiamo avere chiara consapevolezza che la responsabilità del momento presente nei confronti della storia è enorme. La generazione attualmente al potere in occidente ha in mano un nodo di portata determinante che richiede lungimirante capacità d’azione. Non limitiamoci alla solidarietà nei confronti della Francia, ovvia da parte di chi, come tutti noi, può essere ugualmente oggetto d’attacco, ma esprimiamola con uno sforzo di riflessione che porti ad azioni risolutive per tempi lunghi, i tempi della storia. Evitiamo soprattutto la superficialità degli esibizionismi di gusto carnevalesco come quelli che in troppo alta misura circolano in questi giorni, dal farsi fotografare con la bandiera francese tatuata sulla guancia al velare con i colori della bandiera francese la propria immagine in facebook.
       Questi atteggiamenti sono speculari a quelli di chi vive di sola gioia materiale, di chi va a sentire chi canta Kiss the devil…, alle commemorazioni di chi si sente offeso per il furto del ‘tempo libero della nostra gioventù…’.
    Va ricordato che tra le vittime del terrorismo islamico ci sono molti eroi musulmani anche in Occidente che non hanno esitato a sacrificarsi per altri,cristiani e non, tuttavia concordiamo con quanto sostenuto dal candidato democratico/avversario della Clinton, Bernie Sanders, nelle presidenziali americane che sostiene la necessità che quanti nell’area mussulmana si professano islamici moderati, specie  nella regione in conflitto, lo dimostrino e si oppongano veramente  all’Is, invece di tacere, come sta avvenendo ora. Questo vale anche per le moschee in Occidente dove continuano ad esserci iman ambigui… (il papa più volte in Turchia ha chiesto a coloro che hanno posizioni eminenti nell’Islam di pronunciarsi contro la violenza ma il suo appello è rimasto senza esito…). Con ciò non vanno beatificati gli Sciti, anzi bisogna prendere atto della realtà dei fatti, ricordando, ad esempio, che Rohani, lo scorso anno, ha pronunciato ben 2000 condanne a morte, come denunciato dall’associazione “Nessuno tocchi Caino”... Gli americani in tutto questo disastro hanno responsabilità indiscusse: l’Is faceva gioco per contrastare l’Iran e gli Sciti…, i sauditi, alleati dei salafiti, sono stati sempre protetti dagli Stati Uniti, pur consapevoli che nel Golfo c’erano i finanziatori di Al Qaeda e dell’Is…