domenica 27 dicembre 2015

ANCORA SULLE BANCHE E... SUL BEL PAESE


Risposta di Carlo Biancheri a Danilo Fioravanti

Continuano a circolare informazioni da parte di chi si impanca a maestro e dispone al massimo di un’infarinatura su questioni complesse che richiedono molto studio prima di pronunciarsi.
Proviamo a mettere in fila alcune considerazioni.
1.La Banca d’Italia, organo della vigilanza prudenziale, cioè della stabilità degli intermediari finanziari, escluse le assicurazioni, ha deciso che le  quattro banche popolari non potessero esser salvate con accesso al credito, come avvenuto in passato, per sofferenze ben maggiori, ad esempio nel caso del Monte dei Paschi di Siena: l’istituto ebbe un prestito dal Tesoro, poi rimborsato. Se ben capiamo la norma comunitaria che attiene al salvataggio delle banche entrerà in vigore a decorrere dal primo gennaio 2016 ma in questo caso si è deciso… di allinearsi alla normativa con due mesi di anticipo, nel timore di cadere negli strali di Lord Hill, il Commissario europeo, rappresentante dell’industria finanziaria inglese, non propriamente benevolo col paese della pizza e del mandolino, così la pensa lui…
Il Governatore della Banca d’Italia, caduto inopinatamente dal pero, scopre che la direttiva comunitaria all’Italia non andava bene ma che ci furono pressioni per approvarla…
Un momento, Signor Governatore, i funzionari della Banca d’Italia, come lei sa o dovrebbe sapere, partecipano a tutte le riunioni indette dalla Commissione prima e dal Consiglio europeo poi, dove si discutono le bozze delle direttive, e naturalmente all’EBA, l’Autorità bancaria europea. Nella normativa comunitaria si prevede che in caso di bail in di una banca, i portatori di obbligazioni subordinate siano chiamati a concorrere alla stregua degli azionisti per far fronte al passivo, così come i titolari di conti correnti con ammontare superiore ai centomila Euro (fino a centomila Euro i depositi sono garantiti, in caso di insolvenza delle banche), seppure pro-quota. È noto che l’Italia, malgrado la crisi, registra una rilevante propensione al risparmio delle famiglie, superiore a quella degli altri paesi europei, in nessuno dei quali un privato detiene in un conto corrente  un ammontare  superiore ai centomila Euro. La norma è quindi di interesse quasi esclusivamente italiano… dove ci sono privati che dispongono di liquidità che non investono più in titoli di Stato nell’attuale incertezza: perché non ci si è opposti al tavolo dei negoziati? Tanto più che si tratta di  castroneria madornale:  un correntista prima di aprire un conto corrente deve esser costretto a fare un’analisi dei bilanci di una banca per valutarne la rischiosità… e, nel contempo, non fà alcun investimento! Al Governatore, a sentirlo adesso, non andava bene neppure il concorso dei portatori di obbligazioni subordinate; allora perché votare a favore del testo? Qual era la contropartita negoziale? Forse i suoi funzionari, convinti delle proprie posizioni, erano autoreferenziali, non in grado, cioè, di stabilire alleanze con altri Stati membri, congiuntamente al MEF, per determinare minoranze di blocco? E il Parlamento, nelle sue Commissioni - mi riferisco in specie ai bellimbusti seguaci del pianeta Gaia capaci di protestare ma non avvezzi ad usare gli strumenti di cui dispongono - non  riceve periodiche comunicazioni  sull’andamento del negoziato? Non fornisce indicazioni? Ha approvato senza fiatare?
2.A sentire i procacciatori di cause delle associazioni dei consumatori, i vigilanti non hanno svolto correttamente il compito loro affidato nel caso delle quattro banche.
Sull’operato di Banca d’Italia riesce difficile comprendere la tempistica dell’ intervento e, sotto le righe, par di capire che il bail in rientra in un più ampio disegno di accorpamenti e diminuzione dei soggetti creditizi, troppo numerosi… Inoltre, la Banca, custode della stabilità del sistema e dei soggetti vigilati, non si interessa se nel cammino  vengono sacrificati i risparmiatori…
Sulla Consob vale la pena di spendere qualche parola. Va detto che in passato, molto prima di Vegas…, la Commissione ha avuto il grande merito di divulgare la cultura del mercato dei valori mobiliari in un paese dove il mercato di borsa era un mercatino di insiders, a detta del Financial Times. Poi Tremonti, Ministro dell’Economia, fà nominare un suo sottosegretario alla presidenza, in spregio a tutti i principi internazionali sull’indipendenza del controllore. Lo stesso che votò, pur nominato presidente della Consob…, la fiducia al Governo Berlusconi! Venne poi l’idolo di tutte le  confraternite internazionali, il prof. Monti che, nella sua saggezza, pensò bene di ridurre il numero dei Commissari Consob da cinque a tre… Il prof. Monti di mercati finanziari non ha mai capito un’acca, pur essendo stato Commissario per il mercato interno, dove ha svolto tendenzialmente una politica filo-inglese, cioè di libero scambio senza controlli ed intralci burocratici; non capiva, di certo, perché alla SEC i Commissari fossero cinque… e, pour cause …; per lui tre potevano bastare. Il Parlamento, parco buoi, approvò pedissequamente: spending review, diminuzione di poltrone… che volete di più?
Il successore Letta non ci mise mano… Avvenne che i Commissari rimasero in due: il Presidente ed un altro ed in caso di parità il voto del Presidente prevale… In pratica, il famoso Monti trasformò un organo, per sua natura collegiale, data la delicatezza del compito – altro che ente inutile come gridano gli incolti – in organo monocratico: un capolavoro. Alcune delle operazioni incriminate avvennero precisamente in questa fase. Solo l’attuale governo ha avvertito la necessità di riportare a cinque i Commissari, di cui due appena nominati…
La Consob aspettava, a suo dire, gli esposti…, per avviare ispezioni sul collocamento dei titoli. Un atteggiamento non precisamente proactive, come dicono gli inglesi. Non poteva per caso prevedere che i titoli fossero collocati tra  gli investitori istituzionali soltanto?
È vero che il calcolo probabilistico su cui si sono fiondati tutti i commentatori è una sciocchezza che gli inglesi usano in casi limitati, anche se a stretto rigore non potrebbero aggiungere alcunché ad un regolamento UE, quello sul prospetto, ma si sa che, nel settore, loro sono più uguali degli altri oltreché furbi… La SEC lo vieta e questo è significativo o rende responsabili i collocatori…
Rispetto delle procedure, competenze sembrano il fine ultimo delle Amministrazioni in Italia, sul merito… de minimis non curat praetor!
3.In Europa non contiamo abbastanza e la burocrazia europea ci è ostile. Oh,davvero? Da quanto tempo? Quanti italiani lavorano nella Commissione? E chi ci rappresenta conosce i dossiers, il diritto comunitario? È capace a negoziare? Quante lingue parla? Capisce la mentalità di chi ha di fronte, per trovare il punto debole?
I pugni sul tavolo sono perfino controproducenti se  si viene dipinti come velleitari, inconcludenti. Non si sarà mai abbastanza grati al Cavaliere di aver inviato in Europa Commissari che hanno imparato l’inglese in quella sede e che, quindi, ci hanno messo un bel po’ per inserirsi oppure giornalisti provenienti da giornali romani (cronaca nella fattispecie) che all’evidenza non avevano alcuna competenza! Abbiamo votato Barroso (bella roba per l’Italia), Juncker (che viene da uno Stato confinante con la Germania di  trecentocinquantamila persone…), l’allargamento a staterelli baltici, ovviamente filo-tedeschi…
In Italia, per decenni si diceva: chi se ne importa se ci fanno la procedura d’infrazione? Noi continuiamo con la nostra legge nazionale e i nostri ‘impicci’… Le direttive non si recepivano… Poi avevamo i federalisti, cioè i fautori degli Stati Uniti d’Europa che consideravano gli altri dei fratelli… -coltelli, aggiungiamo noi… - come si è visto nelle negoziazioni dove il nostro interesse nazionale veniva difeso debolmente e maldestramente solo quando imposto da qualche gruppo potente in Italia. Questo, il quadro.
4.Probabilmente alcuni piccoli risparmiatori sono stati truffati perché non è stato rispettato il profilo di rischio da parte dei collocatori e loro non han capito cosa volesse dire conflitto d’interessi… Questo va sanato. Ci sono, tuttavia, anche i furbi che volevano guadagnare senza capire il rischio che correvano e che ora vogliono che lo Stato assicuri loro l’investimento, come gli azionisti, cioè quelli che hanno investito in capitale di rischio! Che la Popolare dell’Etruria fosse una confraternita è noto a tutti, come spessissimo succede in questo povero Paese e qui stà il male.


Finalmente la verità sta emergendo! Un lungo elenco di finanziamenti in pieno conflitto di interessi. Al cui centro c'è Banca Etruria.

E tutto intorno un fitto reticolo di spa e cooperative collegate all'ex presidente dell'istituto, Lorenzo Rosi, e a esponenti di spicco del governo. Nel lungo elenco di nomi, che a primo impatto potrebbero non voler dire nulla e che la Guardia di Finanza sta cercando di ordinare, non spunta soltanto Pier Luigi Boschi, padre di Maria Elena e fino a qualche mese fa vice presidente di Banca Etruria. Tiziano Renzi, padre del premier Matteo, detiene insieme a Rosi la Party Srl. Della stessa società Laura Bovoli, madre del presidente del Consiglio, è amministratore unico. La Banca d'Italia sta cercando di far luce sui presiti della Banca Etruria in conflitto di interessi. Prestito che sono costati ai risparmiatori la bellezza di 18 milioni di euro. Nel mirino sono finite ben 198 posizioni del valore di 185 milioni di euro. E non è finita qui. Altri 90 milioni sarebbero, poi, stati infognati tra le posizioni in sofferenza. Un brutto pasticcio, insomma, che riconduce direttamente a spa e cooperative vicine a Rosi. Tra queste, come ricostruisce il Messaggero, spiccano (non certo positivamente) il Consorzio Etruria srl, l'Etruria Investimenti srl, l'Immofin srl e la Città Sant'Angelo Sviluppo spa. C'è poi la Città Sant'Angelo Outlet Village nel cui cda sedevano sia Rosi sia l'ex componente del cda di Banca Etruria Lorenzo Nataloni. Il 40% della Città Sant'Angelo Outlet Village è controllato dalla Castelnuovese, cooperativa presieduta da Rosi fino al 2014. Per costruire un outlet alle porte di Pescara la Castelnuovese avrebbe ricevuto finanziamenti sospetti. Nel mirino delle Fiamme Gialle ci sono poi la Td Group spa, la Casprini Holding spa, la Cd Holding spa, la Cdg srl, la Praha Invest srl, la Casprini Gruppo Industriale spa, la Naos srl e la Gianosa srl. Il lavoro dei finanzieri ora sta nel rintracciare i reali proprietari di questo immondo groviglio. Alcuni nomi sono già venuti fuori. E non fanno certo dormire sonni tranquilli. Perché, come ricostruisce Valentina Errante sul Messaggero, Rosi è "amministratore anche della Egnazia Shopping Mall, controllata al 12% dalla Castelnuovese e al 31% dalla Nikila Invest, che, a sua volta, insieme a Tiziano Renzi, padre del premier Matteo, detiene il 40% della Party srl, mentre Laura Bovoli, madre del presidente del Consiglio, è l'amministratore unico della società".
Danilo Fioravanti