mercoledì 17 settembre 2014

A SCUOLA I CONTI NON TORNANO Rosa Elisa Giangoia

La scuola è iniziata da pochi giorni, ma quest’anno con la prospettiva che tutto debba andare in modo diverso, verso nuovi orizzonti… Così dice Renzi, proponendo non una riforma, ma un rinnovamento totale, uno dei tanti che ha prospettato per il paese, in un primo tempo da realizzare in cento giorni, scaduti i quali, il tempo si è allungato a mille giorni. Ma, se esaminiamo quello che Renzi propone, vediamo che per la scuola di nuovo c’è ben poco, anzi, sotto molti aspetti si torna indietro, cosa che, in molti casi, però, non è un male. Che a scuola ci siano gli insegnanti, che questi siano regolarmente assunti, che non ci sia una girandola di supplenti, sembrerebbe una cosa normale, non un progetto innovativo, così infatti era fino a qualche decennio fa…, prima che iniziassero le immissioni in ruolo ope legis, invece che in seguito a concorsi, banditi e svolti a scadenze regolari, in base ai posti disponibili. Appunto i concorsi…: strumento per il reclutamento degli insegnanti, come di tutti i dipendenti pubblici, previsto dalla Costituzione, di prammatica fino a qualche decennio fa, caduto poi in disuso per varie ragioni: la gran massa dei concorrenti, i tempi lunghi di svolgimento, ma anche la grande difficolta che nelle ultime tornate si è evidenziata da parte dei concorrenti a superare le prove proposte, con l’inevitabile conseguenza … di premiare l’ignoranza! Cosa è successo infatti? Che i candidati, respinti ai concorsi, a poco a poco, a partire dalla metà degli anni Settanta, anche per creare consenso politico, sono entrati in ruolo ope legis. Ristabilire i concorsi non sarà facile, soprattutto non sarà semplice individuare attraverso quali tipi di prove si stabiliscano i requisiti culturali, metodologici e pedagogici adatti a selezionare gli insegnanti. Temo che ritornerà in campo la questione del rapporto tra competenze disciplinari e competenze pedagogiche. Bisognerà che il Governo si renda conto che nei decenni passati i vari Ministeri della Pubblica Istruzione, sia di sinistra che di destra, hanno commesso l’errore di affidare la scuola ai pedagogisti, la sinistra, prevalentemente a quelli laici, la destra, a quelli cattolici, sempre con cattivi risultati, a tutto danno delle competenze disciplinari, mentre sarebbe da riprendere come regola aurea l’antichissimo monito di Catone rem tene verba sequentur, cioè che se una questione, e quindi una materia, la conosci bene, sai anche spiegarla, illustrarla, comunicarla opportunamente e di conseguenza farla apparire interessante… L’insegnante bravo è quello che conosce bene la sua materia, che ne è appassionato, che ama la sua professione, che l’ha scelta per passione, per cui ama anche i suoi allievi e vuole il loro bene, cioè l’acquisizione del vero sapere. A questo proposito entrano in gioco due altre questioni, la prima quella appunto della retribuzione, che deve essere per il docente adeguata e sicura, permettendogli un tenore di vita soddisfacente, in modo tale che la professione risulti attraente e non sia scelta solo come ripiego lavorativo, diventando temporaneo ammortizzatore sociale, con conseguente demotivazione e scarso attaccamento alla professione. La seconda questione è quella che ha messo in campo anche Renzi, cioè della progressione di carriera sulla base del merito e non della semplice anzianità: affermazione in teoria giustissima, ma di difficile realizzazione, che ha determinato anche le dimissioni di qualche ministro della Pubblica Istruzione, come Giovanni Berlinguer. In che modo infatti si valuteranno i meriti degli insegnanti? Con quali criteri? Chi li valuterà? I presidi? Un’apposita commissione? In quest’ultimo caso si tornerebbe al concorso “per merito distinto”, in uso fino ad una cinquantina di anni fa e poi abolito perché la meritocrazia basata sullo studio e sull’impegno nel lavoro sembrava ingiusta… Resta una questione nodale: quasi tutti questi progetti comportano spese, spese per immettere gli insegnanti in ruolo, spese per far svolgere i concorsi, spese per realizzare la progressione di carriera… E dove sono i soldi? C’è proprio da temere che si tratti solo di miraggi, di Fate Morgane, se prendiamo in considerazione la realtà, a partire dalla Provincia di Genova dove a tutte le scuole è stato imposto dall’Amministrazione Provinciale di contenere l’orario in cinque giorni settimanali, per far sì che, tenendo le scuole chiuse il sabato e la domenica, si realizzi un sensibile risparmio sul consumo di carburante per il riscaldamento e sull’energia elettrica. Questo provvedimento, che di fatto dà l’impressione di essere proprio messi male quanto a finanze, viene, però, ben accettato, perché agli insegnanti fa piacere avere il sabato libero, ai ragazzi pure, alla maggior parte dei genitori va bene che i figli restino a casa il sabato per organizzare autonomamente la vita familiare, mentre della voce dei pochi che lavorano di sabato non si tiene conto, come non si tiene conto delle ben più rilevanti esigenze didattiche. Infatti per i ragazzi rimanere a scuola ogni giorno sino alle 14, non è certo produttivo, in quanto non favorisce lo studio e l’apprendimento personale, abitua all’idea che si fa tutto a scuola, mentre oggi diventa sempre più importante imparare ad imparare, anche da soli, con una mentalità duttile e flessibile. Per apprendere prevalentemente in classe ci vorrebbe un’organizzazione delle nostre scuole completamente diversa fin dalla prima classe elementare, un’organizzazione per gruppi-classe molto meno numerosi di quelli ormai abituali da noi, una presenza di docenti e una disponibilità di strutture molto più ampia di quelle che la nostra scuola fornisce, quindi … ancora una questione di soldi, tanti soldi… Per dire che soldi non ce ne sono abbiamo un’altra spia: nell’intervista di lunedì 15 settembre, infatti, il Ministro dell’Istruzione Giannini ha presentato come innovativa la proposta di affidare gli esami di maturità unicamente agli insegnanti della classe, con un presidente esterno, ma che non venga da lontano… (non è il caso, sembra voler dire il Ministro!). È veramente maldestro il tentativo di far apparire questa novità sulla maturità come un’innovazione, da un lato perché questa forma di esame è già stata sperimentata negli anni passati, poi superata con la commissione mista (interni ed esterni), dall’altro perché risulta evidente a chiunque che si tratta di un’inutile ripetizione dello scrutinio finale o, e questo è peggio, di un suo annullamento con il conseguente affidare la valutazione degli alunni ad una casuale prova suppletiva. Resta poi l’enorme problema di che cosa oggi sia importante imparare a scuola e qui avverrà il grande confronto-scontro tra gli specialisti delle discipline e i pedagogisti, speriamo con la capacità di una visione e di una sintesi chiara, opportuna, efficace, evitando quei tira e molla, quei togli e metti tra le varie discipline che abbiamo visto in questi ultimi anni, in cui più che veri interessi didattici e culturali hanno pesato spinte corporative di gruppi e categorie. Ma tutto questo, per una demagogica parvenza di democrazia, viene dato in pasto alla rete: tutti possono dire tutto sulla scuola! Allo stesso modo allora tutti potremo dire le nostre opinioni (e pretendere di essere ascoltati!) sulla formazione della nazionale di calcio, perché pare che in Italia le competenze contino sempre meno, almeno a livello politico, surclassate dalla ricerca di acquisizione del consenso, secondo il metodo Renzi, che ieri in Parlamento sulla scuola ha sorvolato: perché?

domenica 14 settembre 2014

A ME CHE IMPORTA? Carlo Biancheri

«A me che importa?» ha detto oggi il papa nel cimitero di Redipuglia citando Caino che così risponde a Dio riguardo alla sorte di suo fratello Abele. Si riferiva il papa all’insensatezza della guerra, come più volte ribadito dal magistero ordinario e da quello solenne della Chiesa, alle vite spezzate per nulla, alle tragedie dovute alla cupidigia degli imbecilli, reggitori di popoli. La vita è, in fondo, una scelta tra la ricerca della solidarietà, del vivere insieme, e la violenza, la prepotenza , l’egoismo. ‘Me ne frego’ diceva il Mussolini e i suoi fascisti e anche oggi gli epigoni, come quella donna apportatrice di divisione, aggressiva della Le Pen, seguono lo stesso approccio: ci sono io innanzi tutto, prima di tutto ed il resto deve esser subordinato ai desiderata soggettivi. Per contrasto, si parva licet, ci vengono in mente le parole, a nostro avviso dissennate, del segretario di quel movimento leghista che auspica la fine di ‘Mare nostrum’ per lasciare chi fugge con bambini al loro destino: a me che importa? appunto… Anzi, c’è qualcuno del suo movimento che dice pure che i migranti se li deve prendere il papa in Vaticano… È mai possibile che i gestori dei mass media che spessissimo dimostrano nell’eloquio un’ignoranza crassa e la totale nescienza di ciò di cui parlano ci propinino in continuazione dichiarazioni di un personaggio politico, il Salvini, che va in viaggio col Razzi in Corea del Nord e che ce la descrive come una sorta di Svizzera? Come si formano le nuove generazioni a sentire queste sciocchezze? Non conosciamo la cultura del segretario leghista, ma se è al corrente della storia romana da cui noi continuiamo ad esser marcati (lasci perdere i celti che non hanno lasciato traccia, con buona pace del Miglio…) dovrebbe sapere: desertum fecerunt et pacem appellaverunt (hanno fatto un deserto e l’han chiamato pace…), come scrive Tacito. A me che importa… Forse è la chiave di questo tempo dell’effimero, del successo a tutti i costi, del denaro, del narcisismo, del fare senza sapere perché fare, del piacere ininterrotto, dell’angoscia e quindi della fuga, del sogno senza soluzione di continuità con la realtà. Caino è incapace di piangere, ha detto ancora il papa e, infatti, oggi quanti sono sensibili alle esigenze degli altri? Si piange per la morte dell’orsa, ma per la sorte di un povero? Che vita è questa? Non siamo per caso come al tempo dei monaci in Egitto che lasciavano Alessandria, sentina di vizi, per protesta e si rifugiavano nel deserto della Tebaide per ritrovare l’uomo. Nessun contemptus mundi come hanno scritto per secoli dei superficiali disinformati, ma protesta di fronte ad una società che aveva smarrito il volto dell’uomo. Anche noi oggi, mettendo al centro il benessere soggettivo, discettiamo di procreazione assistita per i singles o di eutanasia. Alla fine dell’impero romano, lo abbiamo già ricordato, il prete pagano Svetonio, descrive i barbari che entrano in Roma e dice che i romani con vesti sontuose «e morivano e ridevano» (et…et… in latino indica simultaneità).Ci siamo?

sabato 6 settembre 2014

CATTOLICI DI PROFESSIONE Carlo Biancheri

Apprendiamo che l'azzimato Governatore della Regione Veneto è cattolico e dall'alto del suo cattolicesimo può assicurare che la provetta è benedetta ed è l'ultima spes. Evidentemente la sua conoscenza del cristianesimo è pari a quelIa de I Promessi sposi, cosa su cui ci siamo intrattenuti più volte in questo blog; per intenderci l'esperto dichiarava, tra l'altro..., che il romanzo è ambientato nella seconda metà del Seicento, mentre basta leggere l’inizio per apprendere che i fatti avvengono nella prima metà del secolo... Il nostro politico che si definisce di formazione cristiana (forse ignora quel che scrive la Costituzione Gaudium et Spes: nessuno rivendichi per sé il nome di cristiano a difesa delle proprie idee politiche...), evidentemente di moda con l'attuale papa, ha così ben compreso il messaggio evangelico da far sì che la sua regione sia una di quelle che ostentatamente si rifiuta di accogliere, anche temporaneamente, immigrati che sbarcano sulle coste del Sud, a differenza di quanto ha raccomandato il Segretario della CEI di recente. Cosa ha letto nel Vangelo nel corso della sua formazione? «Qualsiasi cosa avrete fatto a qualcuno che sia importante l'avrete fatta a me?» Inoltre, giacché nel Vangelo i cristiani si riconoscono dai frutti, diversamente dai santi che si ritenevano indegni personalmente, il nostro è così certo del suo ben operare che non esita ad autodefinirsi cattolico, anzi, innova teologicamente perché sarebbe anche favorevole acché i single ricorressero alla fecondazione eterologa (i gay no, sia chiaro...): profondissima visione della famiglia e del destino del nascituro... Il suo cattolicesimo fai da te che viene sbandierato sui media da professionisti poco esperti della materia (lo dimostrano i quesiti) rivela una volta di più il livello di confusione culturale col quale dobbiamo confrontarci: se lo ricordino gli pseudo-cattolici di destra che hanno votato questo azzimato signore!