giovedì 2 novembre 2017

CAMINANTE, NO HAY CAMINO




Carlo Biancheri e Rosa Elisa Giangoia


Caminante, no hay camino («Tu che cammini, non c’è cammino…»). Così recita la bellissima poesia di Antonio Machado che ben si attaglia al libro intervista di papa Francesco Adesso fate le vostre domande sulla cui copertina campeggia la foto del papa in cammino, appunto, come un puntino, visto dall’alto: verso dove? El camino es el andar («Il cammino è il camminare stesso»), continua Machado, «vedi le  orme se ti volti indietro ma son estelas (scie) en el mar ».
Questo papa dichiara di esser in cammino, in uscita verso le periferie del mondo, per cui all’inizio avevamo pensato alla Galilea delle genti… ma adesso ci sembra che sia un camminare in chemins qui ne mènent nulle part, in sentieri interrotti, dove il cammino è la meta. Vediamo perché.
Quando i contenuti filosofici e teologici sono incerti si centra tutto sul metodo, come faceva Cartesio e dietro a lui tutti appassionatamente, in particolare i fautori del pensiero critico che ci ha svegliati dal sonno dogmatico… Ebbene Cartesio parte dall’assunto, ispirandosi alle idee innate di Platone, che la definizione cristiana di Dio è universalmente innata, una reminiscenza…, mentre per lui la filosofia è una catena ininterrotta di conseguenze dimostrate e derivate da principi evidenti. Cambiate soltanto, non dico uno degli anelli, ma il loro posto e la catena cadrà in pezzi, sosteneva (Principes de la philosophie, Préface).
Quando il valore di una verità è inseparabile dal suo posto nell’ordine della deduzione, perché inquietarsi sulla sua origine? Così l’idea di Dio che è la chiave di volta del suo pensiero – l’idea di Dio giustifica anche la fondatezza dei principi della fisica…-  che però si vuole scientifico per cui, applicando tale metodo (scientifico), per i suoi seguaci diviene residuale l’idea stessa; si tratta, cioè, di un Dio nato morto in quanto è ridotto alla condizione di principio filosofico, in sintesi non “Colui che è”, come il Dio ebraico-cristiano, ma piuttosto l’”Autore della natura”.
In piena epoca deista, nella quale ancora viviamo, il Dio dei deisti, come lo descriveva John Dryden nel celebre poema Religio laici. Or a Layman’s Faith Background , era un Essere supremo, adorato universalmente, degno di lode e di preghiera, che poteva esser offeso dal crimine ma attendeva che gli uomini  si ravvedessero pentendosi. Questo Dio diventa con i deisti Voltaire e Rousseau, più superficiali, il grande orologiaio che fà funzionare gli ingranaggi del mondo… Non c’è più l’analogia dell’Essere e, quindi, resta solo il metodo, il cammino, e poi ognuno si sceglie il mito che desidera (v. ÈGilson, Dieu et la philosophie, Petrus a Stella, 2013).
Questo il contesto.
Che risposte dà Francesco?
L’operare vale di più della verità... intesa come enunciazione astratta. Ci permettiamo di notare che l’avversione all’astratto, corrente  nel nostro tempo, è del tutto infondata in quanto la nostra conoscenza avviene proprio per astrazione; vedendo uno con i capelli bianchi che cammina a fatica noi diciamo che questo è dovuto alla vecchiaia che è un termine astratto in quanto non esiste ‘vecchiaia’… e dell’astrazione non possiamo fare a meno, altrimenti finiamo come quei sofisti, di cui ci parla Socrate/Platone, che erano ridotti all’afasia. Diverso è l’abuso di costruzioni logiche che si impongono, per così dire al reale… che, comunque, richiede sempre di esser spiegato, interpretato: non funziona il ‘parla come magni’ ricorrente nelle trattorie romane di un tempo.
La Verità per noi è densa di conseguenze, perché può generare una coscienza erronea e ben lo sapevano i gesuiti che avevano inventato nel  Seicento la casistica, con tutte le degenerazioni che ciò ha determinato e che ha scatenato le ire, per noi  giustificate, di Pascal che li accusava di ‘situazionismo’ (ante litteram, va precisato…) e cioè un’azione anche intrinsecamente malvagia cambia di segno a seconda delle circostanze- tutt’altra fattispecie quella che menziona san Tommaso che ritiene non essere un omicidio fermare il pazzo che maneggia una spada -.
La Chiesa è poliedrica, sostiene il papa.
Forse noi non capiamo bene cosa significhi: che nella Chiesa ci siano tanti carismi ce lo spiega san Paolo e anche la pluralità di interpretazioni è giustificata nella misura in cui non diventa dicotomica e cioè: in Polonia si vive la fede in un modo ed in Germania in un altro oppure in Africa… L’uomo è sempre lo stesso? Oppure ciò che è violenza per l’uomo europeo non lo è per un africano e viceversa?
L’ecumenismo come lo descrive il Concilio è ben impostato perché non equivale all’irenismo.
Non c’è nessun debito politico (…) da pagare per doversi riconciliare in tutta fretta con Lutero fino a che i sacramenti da sette diventano due o tre e la Bibbia è interpretata singolarmente mentre la Tradizione è una fonte residuale; oppure se si sostiene che ci si salvi per sola fede perché è impossibile umanamente non peccare - ma sempre nella Lettera ai Romani sembra che la fede senza le opere sia morta - e soprattutto il pecca fortiter sed crede fortius contraddice molti Padri della Chiesa che sostengono che non si possa neppure dire ‘Cristo Signore’ quando il proprio cuore sia  prigioniero del peccato. La Grazia non consente di rispettare la Legge? Come si vede un orientamento un po’ alla Carlona: si sa che Carlo Magno aveva abbigliamento e atteggiamenti poco ricercati, per nulla regali, così come veniva...
Con la Chiesa ortodossa si richiama giustamente la  fraternità con Andrea, cioè con il Fanar, ma la questione del Filioque, sbrigativamente liquidata da molti  in quanto viene da quei barbari Visigoti della Spagna, trascura il fatto che, se la terza persona della Trinità proviene dal Padre e non anche dal Figlio, la Rivelazione non è conclusa, mentre la Costituzione Dei Verbum del Concilio Vaticano II al par. 4 dice espressamente che «non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo».
Non a caso nella Chiesa ortodossa ci sono i monaci idioritmi, tra cui gli staretz nella Chiesa russa, che si comportano come se avessero una Rivelazione diretta; un po’ come gli alumbrados che si aggiravano nella Castiglia del Cinquecento, condannati dalla Chiesa –anche Ignazio ebbe processi perché sospettato di aver aderito…
Il papa legge Bauman, abbiamo appreso, ma non troverà lì dei fondamenti dell’umano al di là dell’aspetto fattuale, comportamentale o sociologico che non dice nulla sulla qualità, sul valore.
Quello che manca, a nostro debol parere, come già anche in Benedetto XVI, esponente della scuola di Tubinga, è il presupposto ed il fondamento che non si esaurisce in una mera fenomenologia che porta dritto al fideismo o all’affettività che sono moneta corrente:la fede esperienziale…
Noi non abbiamo nessun complesso perché non temiamo, come san Tommaso, alla scuola di Aristotele – non ha per caso scritto il Commentario alla Metafisica?- più che di Platone, di cercare l’uomo (v. F.Calvo, Cercare l’uomo, Il Mulino, 2014),ed il suo fondamento che porta poi a formulare un’antropologia corretta.
Non sembra necessario che il papa si affanni dietro a troppe cose: la tutela del creato, la fame, la soppressione delle armi nucleari, il futuro dell’Europa…  Non ci sono risposte per tutto e questi problemi sono importantissimi come occasione profetica con la consapevolezza che la ricerca di soluzioni immediate e definitive è illusoria, perché, per un cristiano almeno, i problemi permarranno fino alla fine del mondo. Non c’è un’altra vita? Un tempo si faceva riferimento al ‘già e non ancora’…
Caminante, no hay camino… per un cristiano, invece, è il Maran hatà, Vieni Signore.