domenica 27 aprile 2014

I BARBARI ALLE PORTE



Carlo Biancheri

Ci avviciniamo alle elezioni politiche europee e i sondaggi registrano una propensione crescente per un voto  al M5S.
Abbiamo visto e ascoltato sui media inni con  pugni sbattuti  sul tavolo dagli adepti al Movimento et similia. Ma quali tavoli? Il comico di Sant’Ilario pensa forse che a Bruxelles o Strasburgo si impressionino? Arriva Grillo e allora cambiamo l’Europa? Genova nel suo isolamento e con la sua  bellezza naturale, il suo patrimonio di cultura e di arte ha generato artisti, politici di vaglia in sintonia col pensiero di altri paesi e altre culture ,in una parola è stata  internazionale, ma quando il pensiero si riduce allo ’scanno’, si provincializza e si fa gretto  rischia di   trasformare i ‘pensatori’ in ‘grebani’ si dice in Liguria… La democrazia diretta, decidono i cittadini, alcuni cittadini…, è il leit motiv…, ma quelli che interagiscono col Movimento sono pochi, non rappresentativi e dal linguaggio paiono anche, in molti casi, disturbati  non foss’altro per l’aggressività .
Le ‘proposte’, si fà per dire…, del Movimento prescindono dal reale e  si sostanziano in protesta, specie in economia. Proprio per questo si può dire qualsiasi cosa senza timore di smentita.
C’è da chiedersi perché tanti li votino.
Il livello di consapevolezza della gente è molto diminuito se comparato a quarant’anni fa. Tramontata l’ubriacatura marxista per gli evidenti insuccessi storici, l’ aristocrazia filosofica si è baloccata con la fenomenologia o con il positivismo che non portano e non hanno portato da nessuna parte. Si cominciano ad intravvedere analisi dove si scorge che il narcisismo autoreferenziale, la performance, l’affermazione dell’io non bastano a vivere: occorre trascendersi, il tempo passa e distrugge l’istante. Come assicurare la ‘durata’, l’endurance, dicono i francesi…? L’alternativa è l’insignificanza, il non senso; al tempo di Romolo Augustolo, quando l’impero romano d’Occidente cadeva, il prete pagano Svetonio descriveva la presa di Roma e i romani col volto truccato e le belle vesti che «e morivano (infilzati dalle spade) e ridevano»; la simultaneità di et…et latino… sta a significare che la vita era del tutto priva di senso quando si muore e si ride insieme.
Certo la distanza della politica di professione dalla gente è siderale; certo molti dei giovanotti e  signorine deputati o senatori sanno pochissimo né manifestano abnegazione, capacità di sacrificio e misura. Tutto è rivendicazione o colpa altrui, un po’ come avviene nella Chiesa: il papa Francesco riempie le piazze, il seme cade, ma il terreno è poco, oppure ci sono le spine e la pianta non cresce, non diventa adulta. Nel Vangelo ci sono molti episodi di demoni che riconoscono la divinità del Cristo, prima degli altri e quanto bene Dostojevski si avventura su questo terreno e, tuttavia, i demoni di Dostojevski sapevano distinguere tra bene e male e, infatti, sceglievano l’annientamento, il suicidio, il ripudio della vita: in ultima analisi una protesta, un grido come quello del suicida Drieu La Rochelle che ha lasciato scritto quell’icastico «Non vi ho amato, non mi avete amato, muoio perché resti su di voi una traccia indelebile di me». Si tratta del  tragico ma adesso ci sembra piuttosto di vivere una fase ludica: si vota Grillo pensando di dare così una botta all’establishment politico, tanto poi ci penserà qualcuno capace di metter a posto le cose: il papà, forse? Ecco il punto: non voler diventare adulti e responsabili del nostro destino, delegare ad un demiurgo: «Duce conduci», si diceva sotto il Fascismo. Il comico afferma: sistemeremo l’Europa, ci faremo ridare i soldi per Piombino bloccati dai tedeschi e dai Paesi del Nord... Questo significa ingannare l’elettore perché vengono taciute le regole che consentono l’erogazione di quei fondi. Lui dice che uno conta uno (ma…); in Europa l’Italia conta per i voti ponderati che il Trattato le attribuisce  e che dipendono da diversi fattori, in pratica il peso del Paese. Nel Parlamento europeo, poi, è un’altra storia. I parlamentari europei per moltissimi anni sono stati la voce delle Lobbies e possono incidere solo se partecipano ai grandi gruppi, sono in grado di fare proposte comprensibili e documentate a parlamentari che parlano almeno ventotto lingue diverse. Sarà dura per i giovani grillini ripetere le sceneggiate che fanno in Parlamento in Italia. Innanzitutto non vengono consentite perché i presidenti sono molto meno tolleranti e poi il fattore lingua è un ostacolo insormontabile: non sanno gli incauti che gli interpreti che spesso hanno pregiudizi antitaliani, la maggior parte delle volte sintetizzano gli interventi di quelli del Sud Europa col risultato che gli altri non capiscono alcunché. Ma certo i grillini saranno fluent in English o si esprimeranno perfettamente in francese: si tratta di condizioni necessarie ma non sufficienti, bisogna anche esser capaci di formulare proposte accettabili per diverse culture e contesti… Per questo il voto di protesta creerà danni serissimi a noi tutti perché è un voto inutile, non serve al Paese.
Quando si è in frangenti estremi, facilmente,  si cade nell’irrazionale e si cercano cause fantastiche: l’amato Manzoni descrive molto bene  durante la peste a Milano, la ricerca dei ‘responsabili’, gli untori che la diffondevano… Ma come era possibile se il contagio avveniva per le vie aeree o per i ratti o le pulci? Eppure…
Oggi si cercano dei responsabili della crisi che peraltro, per il male operare…, esistono e a cui  non si è potuto chiedere conto perché il nostro Stato è scassato,  c’è tanta corruzione, tanta disaffezione.
Le responsabilità del Renzi le individuiamo nell’essersi avventurato in qualcosa di troppo complesso per le sue forze: tante chiacchere mediatiche, proposte acerbe o orientate allo stile one man show e poi nelle nomine degli enti pubblici, invece, certe cariatidi, certi Tartufi! Eppure è assai peggio il cupio dissolvi di chi vota Grillo che suona: tanto peggio tanto meglio.
Se non si ricostruisce una comunità di gente che si riconosca in un gruppo e che sia solidale, che ami la giustizia, che ami l’umano,  torneremo di certo alla ‘serva Italia’ che lamentava Dante.


martedì 15 aprile 2014

DOVE VA LA LETTERATURA?

Rosa Elisa Giangoia

L’articolo di fondo di Eugenio Scalfari pubblicato su “la Repubblica” di domenica 13 aprile prendeva spunto da un testo poetico, Il brindisi di Girella, come monito ed esempio per proseguire con considerazioni sull’attuale momento politico. Oggi potremmo considerare piuttosto inconsueto mettere in rapporto la poesia con la politica, ma così non è stato in passato, come dimostra questo testi di Giuseppe Giusti che Scalfari ha certamente fatto riemergere dalle sue memorie degli anni di scuola, quando questo poeta aveva un posto di rilievo nel canone letterario, per essere poi scalzato da scrittori più recenti  in base a valutazioni la cui opportunità può senz’altro essere messa in discussione.
Scalfari comunque ci riporta a considerare la stretta connessione che storicamente è esistita in certi periodi tra la produzione letteraria e la situazione politica, connessione che in altri momenti è venuta allentandosi fino a scomparire, il che ci induce a riflettere su quali delle due situazioni siano state più positive. Basta scorrere rapidamente i secoli della produzione letteraria italiana. Quando alla poesia d’amore d’imitazione provenzale dei Siciliani e dei Toscani si è affiancata la voce di poeti dalla robusta tempra civile, c’è stata la riscossa dei comuni italiani contro il dominio degli imperatori germanici ed anche la fede cristiana ha trovato la sua voce di autenticità in poeti come Francesco d’Assisi e Jacopone da Todi, in momenti difficili per la Chiesa. E poi Dante, persino troppo sicuro ed autoritario nel distinguere il bene dal male e nel giudicare singoli personaggi, in una continua revisione del suo pensiero politico che lo fa giungere ad una profetica visione universalistica. Nei secoli seguenti ci sarà un progressivo distacco della letteratura dalla realtà civile, politica e sociale del nostro paese e solo con la fine del Settecento ci sarà quel ritorno di coscienza civile nella letteratura che maturerà e fiorirà nell’esperienza ottocentesca del Risorgimento, in cui il vero lievito all’elaborazione del pensiero avverrà nell’ambito letterario con poesie che saranno veri e propri manifesti politici (dai Cori delle tragedie del Manzoni, all’Inno di Mameli, alla vena satirica appunto del Giusti) e con la centralità di un romanzo come I Promessi Sposi, costruito con tale abilità allusiva da diventare tramite di idee morali, civili e politiche per chiunque leggesse.
Esauritasi l’onda propulsiva del Risorgimento, la letteratura in Italia ripiega sul sentimentalismo e nemmeno il contatto con la realtà del Verga e del Capuana sa riportarla verso una coscienza civile politicamente produttiva. A prevalere è la linea retorica, sostenitrice della politica nelle forme manierate di D’Annunzio e del Pascoli meno autentico, che dimostrano tutta la loro fragilità letteraria nel momento in cui non sono capaci di proporre novità, ma vanno a traino di una linea politica altrove elaborata a cui forniscono acriticamente il loro sostegno. Situazione che continua negli anni del Fascismo con i letterati “ufficiali” votati al servilismo, come i Futuristi e altri, chiusi nelle torri d’avorio a elaborare elzeviri e prose d’arte, mentre la fucina politica matura nell’opposizione di autori come Vittorini e Pavese per esplodere poi nella Resistenza, di cui la letteratura più che motore si fa memoria per proseguire nell’onda lunga della letteratura impegnata (sul modello francese di Sartre) con il Neorealismo, in cui, però, il troppo marcato retroterra ideologico diventa il limite che la esaurisce in quanto letteratura di maniera di un regime, senza potere politico, ma di fatto dominante nel campo della cultura tanto da imporre determinati autori (in primis Brecht). La prevalenza degli intellettuali era fatta da reduci dallo stalinismo, tutti influenzati dalle “magnifiche sorti progressive” della Storia, sempre all’interno della dialettica dell’individuale/collettivo. Fece seguito la “scoperta” dell’alienazione, ma sempre in questo ambito che analizzava l’impatto dell’alienazione borghese, ben documentata dal cinema di Antonioni.
Poi, a partire dagli anni Settanta, la letteratura, ed in particolare la poesia, e la politica si separano per un ripiegamento prevalentemente intimistico della poesia che oltretutto si esprime in un linguaggio scarsamente comunicativo per l’eccessivo elaborazione formale tutta autoreferenziale sull’autore. Pochi, anche se di successo, i romanzi a carattere politico, da quelli di Leonardo Sciascia a Gomorra di Roberto Saviano, sommersi dal profluvio di testi e di film d’inchiesta e di denuncia, limite che ha caratterizzato anche l’esperienza della Neoavanguardia.  Il romanzo privilegia linee sfuggenti dalla realtà politica e sociale, ripiegando sul privato, ricostruendo il passato senza capacità di far emergere valori universali (come hanno saputo fare il Manzoni e pochi altri) o sfugge completamente dalla realtà con i generi fantasy.
Per questo tra i tanti aspetti negativi del nostro tempo va aggiunto anche questo, la mancanza di intelligenze creatrici che sappiano esprimere con il linguaggio, indubbiamente più ricco, efficace e convincente, della parola letteraria idee capaci di un apporto costruttivo e positivo per la nostra società.
Il fatto che non ci sia oggi, se non nelle letterature dei cosiddetti paesi ‘esotici’ dove la speranza costituisce un’epica, una produzione che si misuri con la politica è probabilmente dovuto alla crisi dell’umano. L’uomo sembra privo di speranza in un futuro e non solo per ragioni economiche, ma per il fatto che l’identità stessa dell’uomo è messa in gioco. Si  vive l’istante e non una storia. La dimostrazione più vistosa si ha nel cinema dove Il sesso si traduce in una ricerca spasmodica dell’anima, dell’alterità, della durata… che diventa in stordimento perché la carne è impermeabile, senza speranza: è come Mida. Non cercava forse Sade in Justine di ridurre la vittima in consenziente come quella della macchina di Kafka, nei Racconti? Kierkegaard dice che Nerone per sentirsi vivo doveva assistere all’omicidio di neonati: questo era un sensazione forte, perché non aveva l’equilibrio all’interno di sé. Manca la speranza, appunto…

martedì 1 aprile 2014

DILETTANTI ALLO SBARAGLIO




 Carlo Biancheri

L’amato Manzoni scriveva  I Promessi sposi per i suoi venticinque lettori. Anche noi ci rivolgiamo a quei pochi che vogliano comprendere i concetti sottostanti ad un tentativo di analisi di una realtà  complessa e difficile da discernere. Lo confessiamo: siamo atterriti dal chiasso di chi si impanca, oggi, a maestro; la confusione attuale non è di certo quel E questa sera si recita a soggetto… di Pirandello, che riflette sul senso/non senso dell’esistere; si tratta, invece, di mero chiasso da osteria, confusione mentale per cui si dice: sarò “circonciso” e “coinciso” quando si deve dire “conciso”…
La premessa è che la situazione politica attuale è frutto di incultura e pavidità e purtroppo corruzione di molti, a cominciare dalla generazione che ha preceduto l’attuale. Diversamente dal Veltroni, non crediamo che  Berlinguer, rispettabile persona, oggetto di un attentato a Sofia  da parte del più fedele alleato dell’URSS, Zhivkov, in ragione delle sue posizioni ‘eretiche’, dopo esser stato con lui a Varna sul Mar Nero, fosse quel gigante politico, divenuto ora un mito. Si muoveva all’interno di una lettura gramsciana di Marx che non ripudiava affatto i sacri testi e la dialettica delle classi col ruolo salvifico del proletariato che, nel farsi della storia, avrebbe portato alla fase della libertà dal capitale. Emblematica al riguardo fu la totale censura del PCI dell’epoca sull’attentato (1973), per ragion di… partito: in Italia non si scrisse nulla, silenzio totale. Ancor oggi il Veltroni sostiene che non si era sicuri che si trattasse di attentato... Qualcuno ha forse scritto che Berlinguer si fece dimettere dall’ospedale a Sofia dove era ricoverato dopo poche ore dall’incidente stradale, diciamo così…, sulla via dell’aeroporto, chiusa al traffico…, dove un camion militare faceva manovre…? Morì un vice-primo ministro che accompagnava Berlinguer e che era in disgrazia con Zhivkov e morì anche l’interprete. La macchina non cadde dal ponte di un cavalcavia solo perché sbatté contro il palo della luce che ancora esiste... Berlinguer chiese al governo, di cui non faceva parte, di riportarlo immediatamente in Italia (tanta fiducia aveva negli ospiti…) e questo avvenne con un aereo dell’aeronautica militare… Ricordo nel 2009/2010 la stampa bulgara raccontare apertamente tutto ciò e noi, ancora adesso, stentiamo a dire le cose come stanno. Forse perché la verità è rivoluzionaria, come diceva Pajetta?
Queste sono le premesse e questi sono gli istruttori di tanti conduttori/divulgatori (i più istruiti…) che ci dovrebbero aiutare a capire che succede.
Ci concentriamo su pochi punti.
Il presidente del Consiglio in carica, già sindaco di Firenze, segretario del Pd, a nostro debol parere, vuol smuovere una situazione  fossilizzata da moltissimi anni di malaffare, iniziato ben prima di Mani pulite e forse da sempre presente nella storia d’ Italia. La commistione di tanti anni, specie nell’ultimo trentennio, tra malavita e molti settori politici, la spartizione della “torta” tra appartenenze, hanno bloccato il sistema e trasformato la politica stessa in mestiere, costosissimo per la comunità, scoraggiando chi avrebbe voluto occuparsi del bene comune, disinteressatamente. In politica si entrava per affiliazione, appartenenza a certi gruppi…, a condizione di divenire un beta, ben inteso. La Chiesa, duce Ruini, che in passato aveva svolto importanti ruoli di supplenza, si è avviluppata in una lotta per il mantenimento di privilegi, appoggiando i più alieni dalla propria tradizione di pensiero e dottrina come il Berlusconi: una caduta di tensione impressionante che contrasta e stride con l’operare dell’attuale papa. A ciò si aggiunga l’affossamento del Concilio Vaticano II, pastorale…, con l’ appoggio a movimenti tradizionalisti, in senso deteriore, come certi settori dell’ Opus Dei o  Comunione e Liberazione. Maritain lo aveva previsto, profeticamente, quando scriveva ne Le paysan de la Garonne di un tempo a venire caratterizzato da due gruppi contrapposti nella Chiesa: “i montoni di Panurgo” che si buttano in fila nel burrone, i progressisti…, “i ruminanti della Santa Alleanza”  tra scettro ed altare! Altro che maestri come Chenu o Congar… L’incultura della Chiesa la paghiamo oggi: i giovani preti sono digiuni teologicamente; non distinguono tra una teoria luterana e una cattolica: salvezza per grazia o libero arbitrio, simul iustus et peccator, rifiuto della Tradizione a vantaggio della libera lettura della Scrittura, tutti concetti semisconosciuti, come il senso di colpa, del resto, perché non c’è più peccato. Aveva ragione Nietzsche, con il suo Al di là del bene e del male? La realtà è più complessa e non pare che il mondo che sta sotto cieli vuoti sia pieno di ‘allegroni’…, piuttosto vediamo soggetti caratterizzati da cupio dissolvi… Anche gli industriali ci paiono speculari ai sindacati: tutelano e hanno tutelato interessi di parte, senza preoccuparsi minimamente del destino generale. La liberalizzazione mondiale del commercio e dei capitali, senza controlli seri, da loro tanto sostenuta, è stata un disastro umano ed economico per molti...: ha consentito, in primis, ‘arbitraggi regolamentari’; pochi lo sanno e capiscono di che si tratti, sebbene abbia conseguenze rilevantissime su noi tutti.
Allora ha ragione Renzi? Per incominciare bisognerebbe spiegargli che nessuno gli chiede di cambiare l’Italia: è forse un seguace della teoria dello Stato etico? Il suo compito è di proporre qualcosa, anche di ardito, e verificare se ha il sostegno necessario, ma con metodo democratico e guardandosi da quelli di un Lorenzo il Magnifico che, secondo il Savonarola, usava qualsiasi strumento per comprare gli avversari con donne e denaro e, se non gli riusciva, cercava di corrompere i figli. Controllava tutti il Magnifico, scegliendo anche i cuochi e non sceglieva i migliori perché sarebbero divenuti autonomi da lui! Ergo, non basta il cambiamento occorre soprattutto il contenuto che, per esempio, in materia di riforma elettorale col rifiuto delle preferenze è pessimo mentre l’abolizione del Senato è pasticciata. Guai a rifarsi all’esempio di una vera Repubblica federale come quella tedesca: credete voi che ci sia molto in comune tra un bavarese ed un sassone? Forse soltanto il disprezzo per noi meridionali…, tra i più.. Quindi che il nostro Senato somigli al Bundesrat perché ci siederà Maroni, Zaia o Marino e compagnia cantante fa ridere i polli, a nostro sommesso avviso. Per non parlare del Conseil Constitutionnel francese che opera in un contesto amministrativo che parte dagli arrondissements e dai prefetti ed opera in modo diversissimo dal nostro. Sarei cauto con gli esempi che sentiamo strombazzare…
Il giovane Renzi fa bene a provare, ma un po’ di umiltà e di approfondimento che non sia quello del medico onnisciente che gli sta accanto, non guasterebbe. La gatta frettolosa fa i gattini ciechi, si diceva in questo Paese…
Ma che dicono gli avversari?
Usciamo dall’Euro. Bravi. Con ciò intendendo che nell’Europa del Mercato interno ci continueremo a stare, secondo loro… Non parliamo ai conduttori di talk shows perché si tratta di argomenti all’evidenza complessi per loro, in quanto non lasciano mai che si approfondisca la questione: siamo condannati a dire in un minuto uno slogan che equivale a sciocchezza. Basterebbe una infarinatura della costruzione europea per capire che un’uscita dell’Italia dalla moneta unica provocherebbe uno sconvolgimento che rimetterebbe in discussione le regole del Mercato interno e quindi la libera circolazione di beni e servizi oltreché di persone. L’uscita dall’Euro, come giustamente ha ricordato Prodi su “La Repubblica”, porterebbe immediatamente una svalutazione della moneta del 30/40% con il debito che si continua a pagare in Euro (!) e se lo consolidiamo, cioè lo ristrutturiamo, chi ci darà i soldi per comprare le nuove emissioni di BTP in lire e a quale tasso d’interesse? E le pensioni e gli stipendi del settore pubblico come si pagheranno? I soldi in cassa non sono sufficienti a pagare debito e salari e pensioni, ad un tempo. Facciamo una patrimoniale? Nazionalizziamo i beni di produzione? Espropriamo? E poi? E poi? Facciamo uno Stato socialista o un regime tipo quello del defunto Chaves? E le importazioni le paghiamo con una moneta svalutata del 30 o del 40%? Cosa compriamo? Un litro di latte! È vero che l’Euro è stato fatto in modo ‘illuministico’, male, malissimo, ma l’alternativa per noi sarebbe stata demenziale. Avevamo un’inflazione superiore al 20%, qualcuno se ne ricorda? E l’Argentina? Il grande esempio… che tasso d’inflazione mensile ha adesso? Perché la gente parla di quel che non conosce? Non credo che la lira sia competitiva, ha detto Schulz, Presidente del Parlamento europeo, e ha ragione da vendere in un regime di liberalizzazione di movimenti di capitale. Aboliamo l’Euro, svalutiamo solo del 40% e torneremo a crescere: sì, come a Weimar… questo diceva qualcuno dal Veneto discendente di quelli che emigrarono per  miseria, financo a Latina (!) nel secolo scorso. E allora dobbiamo subire tutto? Diremmo di no: come sempre nella vita se c’è un pensiero ed una proposta seri (che costa fatica, però…) alla fine… si fanno strada; non è forse Aristotele a sostenere che l’errore è incomprensibile?
Ai nostri venticinque lettori chiediamo vigilanza e di rifiutare il mendacio e l’irrazionale corrente. Noi crediamo, come dice Aristotele, che la negazione implica l'affermazione di una realtà diversa e questa dobbiamo esigere dai politici: altro che la riapertura delle case chiuse!

Post scriptum: apprendiamo con raccapriccio che alla messa del papa c’erano rappresentanti di tutte le forze politiche, grillini inclusi. Siamo atterriti: mettere insieme la credenza sull’esistenza delle sirene, il pianeta Gaia e il Signore ‘poverello’ di cui parla Francesco ‘piccolino’ ci turba.