domenica 29 gennaio 2017

PERCHE' FILIPPO NERI NON SI FECE MAI GESUITA

Carlo Biancheri



San Filippo Neri e sant’Ignazio si conoscevano, si stimavano e si frequentavano. Filippo vedeva attorno alla testa di Ignazio un’aureola e infatti sulla tomba di Ignazio nella chiesa del Gesù a Roma l’altorilievo che raffigura l’incontro tra i due santi  ritrae Ignazio stesso con una raggiera attorno al capo, a ricordo della mistica luce che  Filippo vedeva in lui (v. Rita Delcroix, Filippo Neri il santo dell’allegria, San Paolo Edizioni, 2012). Eppure Ignazio, secondo il Gallonio, primo biografo di Filippo, dice di Filippo che era come la campana ‘chiamando li altri alla religione e non c’entrando esso’. In effetti, Filippo mandava dei giovani desiderosi di vivere il Vangelo in verità nella Compagnia. Si andava in Asia, pronti al martirio, come appare dalle prime cronache dei martiri gesuiti del tempo che Filippo aveva letto, una sorta di aggiornamento della tensione del primo francescanesimo, con San Francesco che andava a Damietta alla ricerca del martirio per seguire il ‘Signore poverello’…
Ignazio era un cristiano combattente, un paladino come i prodi di Carlo Magno, un militare deciso con il senso della disciplina e della gerarchia che significarono per lui ‘portare le armi per Gesù’. Per questo a trentatré anni si rimette a studiare e si contorna di magistri dell’Università di Parigi, ricchi, nobili colti che abbandoneranno tutto e vivranno elemosinando, pregando, predicando. Ignazio, a Roma, dopo il lavoro tra i poveri e negli ospedali, discute con i suoi la notte con pedanteria i piani strategici di evangelizzazione, stringendo nel contempo relazioni di amicizia importanti, ordinando ai suoi di non frequentare le donne, tranne quelle  altolocate (…), predicando nelle Chiese più importanti di Roma. Bisogna pensare che Roma all’epoca era stata  governata da papi del calibro di Leone X,figlio di Lorenzo il Magnifico (Dio ci ha dato il papato e adesso ce lo godiamo…) o Clemente VII (Medici), quello del sacco di Roma, dedito alle cacce, con una corte pontificia che aveva, non a caso, scandalizzato Lutero e che portò come reazione non la Contro-riforma, come abilmente sono riusciti a farla chiamare i riformati nordici, ma la riforma romana con papi come Paolo IV Carafa, San Pio V (senza di lui saremmo tutti musulmani, almeno fino al Reno), durissimi nella repressione dei comportamenti e delle eresie –con loro nasce l’Inquisizione…-  in un contesto, però, del clero che con il Vangelo aveva poco a che fare: vestivano come gli altri, cercavano solo di far carriera ecclesiastica, il celibato lo vivevano poco ed altrettanto le celebrazioni liturgiche. Va detto che si stava costruendo la nuova basilica di San Pietro e le famose ‘indulgenze’ (commercio di) servivano a finanziarla, cappella Sistina inclusa…: una curiosità, Lutero si era scagliato sul drenaggio di soldi in Germania mediante il commercio di indulgenze e da qui le tesi di Worms. Negli archivi Vaticani si è appena scoperto che dalla Germania con la vendita delle indulgenze non era arrivato il becco di un quattrino per la basilica di S. Pietro (v. inventario della fabbrica di San Pietro…), in quanto i soldi raccolti erano rimasti in Germania in tasca ai prelati, evidentemente, o ai principi… Anche allora i tedeschi impartivano lezioni, ma quanto a furbizia non erano secondi a nessuno.
I gesuiti, ‘questi preti che vogliono reformare il mondo intero’, si diceva allora a Roma centravano la loro azione alla conquista del mondo cattolico con una volontà ferrea per un fine da raggiungere; Sant’Ignazio ‘fonda l’avvenire sopra una rinunzia alle stravaganze della vita mistica e sulla subordinazione rigorosa delle persone al fine’(v.Ponnelle – Bordet, San Filippo Neri e la società del suo tempo, LEF, 1986). Fondamentale è la pratica degli esercizi spirituali, un rigido schema attraverso il quale l’anima conoscerà la volontà del Signore cui abbandonarsi. Sembra quasi che per salvarsi tutto si risolva in una scelta volontaristica: un’opera di misericordia al giorno, la lettura della Sacra Scrittura una volta la settimana, un fioretto, una ginnastica spirituale di cui il soggetto è oggetto quasi che si trattasse di una scelta esterna a lui. Ma… l’umano dov’è?
‘Tratto per tratto la Congregazione dell’Oratorio è il contrario della celebre istituzione della Compagnia di Gesù’ (Ponnelle –Bordet op.cit.).
Filippo, mentre Ignazio e compagni passavano le notti a pianificare come conquistare il mondo, si occupava delle persone e dell’Oratorio (‘L’istituto dell’Oratorio è una congregazione de’ sacerdoti, li quali, ritenendo lo stato e la professione di clero secolare, con Autorità della Sede Apostolica, sotto particolar regola e sotto obedienza de’ superiori, senza voto e senz’ altro vincolo che della propria volontà, habitano et vivono in comune, con diversi esercitii spirituali et spetie con la cotidiana parola di Dio, attendono alla salute propria et a quella del prossimo’). Il Baronio, il primo grande storico della Chiesa,  che si mise a studiare su impulso di Filippo che gli faceva anche fare da cuoco per la comunità (…), per contrastare le tesi interessate sull’origine della Chiesa e l’istituzione dei sacramenti che venivano elaborate dai tedeschi che dovevano dar supporto alla dottrina di Lutero, definì la Congregazione dell’Oratorio ‘Repubblica bene ordinata’ e Filippo, che più volte dichiarò di non voler comandare…, disse ’Se vuoi esser ubbidito,dai pochi ordini’…
Anche Filippo attirava persone altolocate che si mescolavano però ad artigiani, a lavoratori manuali. A parte Fabrizio de’ Massimi, principe, Gian Battista Salviati, star della mondanità romana, bello ed elegante, nipote della regina di Francia…-andava tutte le mattine, vestito di seta, a curare un vecchio servitore all’Ospedale degli Incurabili…, suscitando mormorii-, il Tarugi, nipote del papa, san Carlo Borromeo, ma anche il nipote cardinal Federigo, Anna Colonna, nipote del Borromeo e moglie del figlio del famosissimo Marcantonio, vincitore a Lepanto. A tutta questa gente Filippo faceva cantare: ’Vanità, vanità tutto il mondo è vanità’. La visita delle sette chiese a Roma nasce anche per contrastare il carnevale romano, una sorta di Sodoma e Gomorra, agli occhi dei pii del tempo (una minoranza). All’inizio erano cinquanta, poi tremila, e partivano a piedi cantando e pregando; ciascuno aveva diritto ad un panino ed ad una fiaschetta di vino (il cardinale Borromeo era uno dei finanziatori e facevano sosta nella vigna dei Massimi, vicino a San Sebastiano). C’erano anche grandissimi compositori come Animuccia (non è provato che vi partecipasse Palestrina…) e la musica oratoriale nasce così, alla Chiesa Nuova, dove ora ci sono Rubens e Guido Reni, negli spazi rifatti dal Borromini. Infatti, alle prediche, si alternavano dei pezzi musicali, bellissimi. L’approccio di Filippo era gioioso anche se fu messo sotto osservazione perché si comunicava quotidianamente e ciò era considerato esibizionismo (la gente, all’epoca, si comunicava a Pasqua e a Natale, normalmente…) e non fu processato grazie alla protezione di san Carlo Borromeo. Però San Pio V – se fosse vissuto, forse l’Oratorio non sarebbe mai nato…-  che non aveva alcun senso dell’umorismo, gli lasciò in ricordo una pantofola ed un piviale - che lui si metteva sopra la tonaca all’incontrario… -in segno di stima. Epater les bourgeois dicono i francesi e non solo per la lettura delle facezie del pievano Arlotto…, Filippo faceva spazzare a signoroni il piazzale della Chiesa Nuova come penitenza dopo la confessione, suscitando risa e lazzi, mandava in giro il Tarugi, tutto elegante, per le vie di Roma con il cane Capriccio in braccio, perché si era ingrassato e camminava male, sempre come penitenza… ma solo lui, molte volte, era accettato, come compagno, dai condannati a morte che si avviavano al patibolo per la via Giulia o la via del Pellegrino a Roma.
‘State buoni se potete…’; ecco questa era la dimensione umana che gli veniva dalle frequentazioni da ragazzo del Convento di San Marco, dove c’erano i frati domenicani che erano stati con Savonarola, dal periodo trascorso vicino a Montecassino e a Gaeta,  al Monte Spaccato. Cassiano è il suo referente che collima con i dodici gradi di perfezione di San Benedetto. Come un fiume carsico la sapienza benedettina, insabbiata dagli immensi monasteri e dai monaci forzati nei secoli per via del maggiorascato, riemerge periodicamente. Nella Regola di San Benedetto, diversamente dal comunismo storico che sfocia sempre nel potere tirannico di pochi, detentori dell’ideologia e quindi guide verso la liberazione promessa, si mette in comune tutto volontariamente (Omniaque omnibus sint communia… nec quisquam suum aliquid dicat  Cap. XXXIII Reg.) e l’Abate dirige in quanto prende semplicemente il posto del Cristo nella comunità. Per questo l’Abate deve ascoltare tutti anche l’ultimo (quia saepe iuniori Dominus revelat  quod melius est Reg. Cap. III). Filippo riprende Benedetto nello Spernere mundum, spernere se, spernere se sperni e cioè distaccarsi/disprezzare la vanità del mondo, se stessi e se stessi nel distaccarsi, lungo il cammino dell’umiltà rappresentata con la scala di Giacobbe: si sale quando si è umili, si scende quando ci si inorgoglisce.Siamo lontani dallo spirito di conquista… e si comprende anche il fascino che uno come Goethe,massone e deista, (‘il mio santo’) abbia subito.

 

martedì 24 gennaio 2017

LIBERALIZZAZIONE DEGLI SCAMBI E PROTEZIONISMO NELL'ERA DI TRUMP


Carlo Biancheri


 La settimana trascorsa non è stata senza conseguenze per il mondo e per il nostro quotidiano per cui merita una riflessione.
   Innanzitutto, il terremoto nel cuore del nostro paese che sembra non abbandonarci e che crea  un senso d’incertezza e d’impotenza. Come suonano superficiali e costruite le parole del vescovo di Rieti quando afferma che le cause dei crolli – e delle vittime… - per il terremoto sono le colpe degli uomini, non un Act of God , come si esprimono i giuristi di Common Law per descrivere un evento imprevedibile, fuori della portata umana e quindi… (per loro) contrattuale... Un terremoto insieme ad un freddo polare - pare  determinato dal riscaldamento globale che ci costringe ormai, dopo aver cancellato primavera ed autunno, a climi estremi – e ad una nevicata eccezionale. Come corollario, la tragedia in Abbruzzo che  mostra tanta generosità spontanea ed abnegazione, insieme a tutte le nostre incapacità, in primis, quella di decidere in tempo, di prevenire, di evitare  di trincerarsi dietro il rispetto delle procedure, spesso redatte da incapaci. Leggi fatte male, artatamente – grazie anche al contributo dell’opposizione e in particolare degli adepti di Scientology ed affini con i loro emendamenti solitamente infantili e privi di ponderazione e competenza - e mancati controlli sono una costante di questo paese: chi esercita una funzione pubblica non paga quasi mai per i suoi errori, basti vedere quel che succede a Roma adesso: ’scusate’, ’dateci tempo’, ’stiamo lavorando’… e la vita continua, ma … male, in città.
   Trump si è insediato come presidente negli Stati Uniti con un discorso rozzo, di sfida. Non si riesce a scorgere l’umanità in quest’uomo aggressivo che sprizza squilibrio, furbizia, animalità, voglia di comando; appare  del tutto inautentico come quella sua terza moglie, enigma sloveno, catapultata dal paesino a New York City: il cuore dov’è? Ha imparato a dire  di essere ‘proud’  come First Lady del Commander in Chief, così si è espressa alle Forze Armate americane… e lì finisce.
   Viene dopo Obama, un professore che come molti di loro teorizza, discetta, parla, parla, ma non della vita reale, di ipotesi, di interpretazioni, sovente errate… In politica estera un disastro, ’fischi per fiaschi’, in molti scacchieri: Medio Oriente, Turchia, Africa, Afganistan, Russia, Europa dell’Est; in generale sul problema islamista. Approfittando del peso del paese è riuscito  a farlo riprendere, inondandolo di liquidità, ricreando posti di lavoro e ripristinando la crescita del PIL, ma le retribuzioni hanno perso potere di acquisto  e molti lavori sono precari. Per la verità, pochi sanno che,paradossalmente, i repubblicani americani, quelli tradizionali, nei controlli soprattutto in materia finanziaria, sono più rigorosi dei democratici forse perché eredi delle tradizioni puritane. La crisi finanziaria mondiale del 2008, che si è trasformata  in quella economica, è stata provocata da molti fattori ma anche favorita dalle decisioni della Presidenza Clinton che ha cominciato a smantellare la vigilanza della  SEC sulla borsa ( anche della CFTC,restringendone l’ambito di sorveglianza,organo  già presieduto dalla moglie del famoso Senatore Gramm, Wendy) nominando   un finanziatore di Clinton stesso, plutocrate, Arthur Levitt  jr. come presidente. Costui, con il presidente di allora della FSA inglese, Howard Davies, poi cacciato da Presidente della London School of Economics per aver accettato finanziamenti da Gheddafi che aveva mandato il figlio a studiare lì, diciamo così…, patrocinava e divulgava l’auto-regolamentazione dei mercati finanziari: regulation by principles era il leit motiv degli amici inglesi e sotto Levitt si controllava poco e si sanzionava con parsimonia... Il mercato, in realtà, era una giungla, dove naturalmente tutti sono ‘fratelli’, cioè incappucciati, ma si doveva autoregolamentare con le Self Regulatory Organizations. Bush jr., un ex alcolizzato dipendente dalla moglie,infischiandosene della linea dei repubblicani tradizionali, completò il quadro scegliendo presidenti della SEC dei membri del Congresso,in paleseconflitto col principio di indipendenza, e smantellando il Glass-Steagall  Act, approvato dopo la crisi del 1929,che separava le banche d’affari che operavano in borsa (o meglio le Securities firms) dalle banche commerciali che raccoglievano i depositi. Era il tempo della teoria della raccolta all’ingrosso per le banche, prescindendo, cioè, dagli impieghi (la distinzione tra credito a breve termine e lungo termine veniva meno anche da noi…), e andava di pari passo con la teoria della banca universale che avrebbe reso i controlli pubblici impossibili. Basilea (il Comitato/Club da dove viene la famosa M.me Nouy che tanto ama l’Italia…) diede un contributo non da poco con l’introduzione del risk model approach , poi recepito dalla legislazione europea, cioè un modello di rischio predisposto dai vigilati che doveva esser approvato dai controllori col risultato che nessuno lo capiva, vigilanti inclusi… I modelli di rischio in questione dovevano in qualche modo sostitutire i ratios  di capitale (ad esempio, per le banche, il famoso 8% e cioè il c.d. solvency ratio) erano già applicati,prima della loro formale entrata in vigore, dalle grandi banche in certi paesi e hanno funzionato così bene da portare al fallimento l’intero sistema bancario inglese, poi salvato e riprivatizzato, i principali istituti di Mortgage (gli erogatori di mutui , per intenderci) americani, Leehman Brothers… ecc., ecc. Nella UE dove tutti dicono adesso che c’è una leadership della Commissione (e del Consiglio aggiungiamo noi, col polacco Tusk…) del tutto inadeguata – non ci si scordi che il lussemburghese Juncker viene da un granducato da operetta, paradiso fiscale… con cinquecentomila abitanti, residenti esteri inclusi…  - per decenni la parola d’ordine, dettata da Think Tank di iniziati del tipo di CEPS a Bruxelles e su ordine dell’industria finanziaria, specie statunitense ma con base a Londra, è stata la liberalizzazione, la lotta alla regolamentazione burocratica e cioè, ancora una volta, la diffusione dell’auto-regolamentazione. Tutto questo si è tradotto in una legislazione farraginosa della UE sui servizi finanziari che non si capisce bene se protegga di più i consumatori o l’industria finanziaria. Né erano indenni da questo approccio iniziatico, che ha clamorosamente fallito, l’OCSE con i suoi codici di liberalizzazione dei movimenti di capitale e delle transazioni invisibili correnti, e l’OMC, l’organizzazione mondiale del commercio.
Dove sta l’errore? La libertà di circolazione di merci, capitali e di servizi nel mondo è un bene e può essere fattore di ricchezza, ma non deve essere ‘dopata’ dai paesi partecipanti, messi sullo stesso piano, prescindendo da costi regolamentari interni cui sono sottoposti gli operatori e dalla legislazione, né deve esser disegnata in modo da avvantaggiare solo i pesci grossi, si tratti di Stati o di imprese. Un bene o un servizio costerà certo di meno in un paese dove i salari sono risibili, non esistono  le pensioni né il servizio sanitario pubblico,  o dove non ci sono costi ‘regolamentari’, dove, cioè, i bilanci delle società sono soggetti a controlli fasulli… ecc. ; paesi strutturati così debbono essere considerati sullo stesso piano di quelli più sviluppati? Cui prodest? Le famose multinazionali…Va detto anche che, in caso di contenzioso cioè di arbitrato, paesi come il nostro sono soccombenti perché privi dell’expertise internazionale necessaria su quei tavoli.
   La risposta di Trump con il protezionismo è sbagliata, perché, se si costruiscono barriere tariffarie, i prezzi per i consumatori americani aumenteranno in un contesto in cui la produzione è già organizzata su scala globale. Addirittura comica ci pare l’aspirazione della Sig.ra Forse (Theresa May-be…) di fare del Regno poco unito  un global player mondiale: vendendo thé,biscotti o maglie di cachemire? Difficile uno sviluppo dei servizi sulla piazza finanziaria di Londra senza il passaporto  e la partecipazione al mercato interno europeo: il tempo chiarirà… e intanto la sterlina è scesa parecchio.
   Quel che è mancato negli anni è stata una semplice considerazione: la liberalizzazione può esser fatta solo senza imbrogli, in modo equo e cioè con regole giuste e controlli imparziali, ma questa forse è una ricetta per un altro pianeta…
 


martedì 3 gennaio 2017

QUO USQUE TANDEM, GRILLE, ABUTERE PATIENTIA NOSTRA?

Carlo Biancheri

Fino a questo segno hai abusato della nostra pazienza?
E’ umiliante doversi occupare di questo signore e del suo raggruppamento,  diciamo così, e non lo faremmo se i sondaggi non ci avvertissero  che un numero consistente di votanti insipienti continua a sostenerlo, malgrado la prova provata della incapacità ad amministrare e della doppiezza, del fanatismo e delle scelte politiche da balera di questi soggetti.
Le notizie Rai e non solo quella emittente… ci propinano in continuazione l’alto parere degli scrivani de Il fatto quotidiano, sinistra di ferro, che con faccette disinvolte, comme si de rien n’était, dicono i francesi, ci spiegano che sono bravi gli adepti della setta a non scacciare, come sin qui sostenuto, gli indagati, in vista di un avviso alla capretta sacrificale che sta affondando la capitale… aggiungiamo noi, perché questa è la ‘naturale evoluzione’ del movimento… che, pur sconfessando la propria identità, rimane se stesso: Aristotele direbbe che ciò è come dire che io sono e non sono al tempo stesso! Una post-verità…
Anzi, gli altri partiti vanno redarguiti perché non lo fanno… E qui i giovanottelli e ‘segnorine’ dimostrano tutta la loro crassa ignoranza perché se conoscessero lo spagnolo, oltre all’inglese scolastico, forse saprebbero che il grande argomento italico ‘mal comune mezzo gaudio’ (anche gli altri sbagliano…) si traduce con mal de todos, remedio de tontos … Lo abbiamo già detto, ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
C’è poi la giustizia popolare della rete che stabilirà, secondo il plutocrate che vive sulle alture di Genova nel villone con vista mozzafiato, cosa è vero e cosa è falso.
Anche qui suggeriremmo una ripassata sulla distinzione aristotelica, alla base della cultura occidentale, tra verità ed opinione: il giudizio della maggioranza non rende  il giudizio vero, lo abbiamo già detto ed abbiamo ricordato Hitler, Stalin, Mussolini che erano sostenuti dalla maggioranza dei cittadini e che tuttavia falsificavano la realtà.
O forse, come sosteneva Pajetta nel Pc e prima di lui Lenin, i ragazzotti de Il fatto quotidiano pensano che la verità sia rivoluzionaria? Elastica? Ad usum delphini, si diceva un tempo… Che facciano pure le loro rivoluzioni, ma sappiano che faremo di tutto per smascherare il loro mendacio, il loro atteggiarsi a Tartufo perché, come per i leninisti, quel che conta è il potere, il risultato: Lenin sosteneva, infatti, che la vita politica è come il viaggio su un tram dove tutti salgono e scendono ad ogni fermata; noi saremo gli ultimi a scendere, sosteneva…
Ovviamente voliamo troppo alto per lo sgangherato pensiero, diciamo così, dell’ex comico genovese che insieme a qualche concetto preso dal marxismo-leninismo unisce un’alleanza con l’estrema destra nazionalista al parlamento europeo o vuol  cacciare gli immigrati: queste non sono propriamente posizioni di sinistra… ma tutto fà brodo. C’è voluta la crisi economica epocale e la illusione narcisistica, divulgata per anni, di un piacere e di una felicità perenne per portarci a questo stato di degrado.
Del resto le grandi credenze sono in crisi. Leggevamo l’altro giorno del parroco di Padova con quindici amanti, dedito alle orge: se fosse vero, il vescovo di Padova cosa dovrebbe fare? Non dovrebbe forse vestirsi di sacco e scusarsi con tutti i suoi fedeli per la sua incapacità di capire e di aver messo come responsabile di anime un mascalzone o un malato? Mancano i sacerdoti? E allora? Se ne prende umilmente atto e si dice a chi vuole continuare ad aver accesso ai sacramenti che dovranno assoggettarsi a sacrifici. Un vescovo non è un funzionario, come giustamente ha detto tante volte il papa, né un prefetto: se non ha forza né coraggio per guidare come Ambrogio, si dia al giardinaggio, farebbe molto meno male.
Questo riferimento non è casuale, giacché in questo paese la Chiesa ha sempre esercitato un ruolo di supplenza e di calmierazione fino all’avvento del santo papa polacco che ha seminato la confusione con l’appoggio ai movimenti, Ruini, e soprattutto con la divulgazione di una teologia di provincia e da manuale: con lui ogni dibattito teologico è cessato.
Aristotele sostiene che la virtù consiste nella moderazione mentre l’intemperanza è animalesca. Qui siamo.