venerdì 1 novembre 2013

L'EUROPA E I POPULISMI Carlo Biancheri

Sembra già avviata la campagna per le elezioni europee col dibattito su Europa e populismi di cui, da ultimo, l’intervista del Presidente del Consiglio. Abbiamo assistito in questi anni a varie fasi della costruzione europea. Una prima fase, che potremmo definire dei ‘pionieri’, con un numero limitato di Stati e con scelte all’unanimità: questa era caratterizzata da una sincera volontà di integrazione ed aveva favorito lo sviluppo delle economie degli Stati membri e una comprensione e solidarietà reciproca. Gli Stati Uniti non vedevano di buon occhio un’ Europa troppo forte e imposero l’accettazione del Regno Unito e suoi satelliti, come i paesi nordici, all’interno della Comunità Europea. Un ruolo maggiore fu giocato dalla massoneria internazionale nel favorire questo sviluppo. Ci si rende conto oggi, quando lo stesso Governo inglese ipotizza l’uscita dall’UE, quale errore sia stato l’aver incluso, in pratica, l’intera EFTA, tranne la Norvegia, nella Comunità europea. Dall’ingresso degli inglesi, abilissimi ad accaparrarsi posti chiavi nella Commissione Europea, è prevalso l’interesse nazionale e il Regno Unito ha operato per trasformare l’Europa in un’area di libero scambio e non in una struttura sovranazionale, sempre mirando a far salvi gli interessi propri e quelli statunitensi, anche se contrari a quelli dell’Europa stessa. Altra linea dominante nella politica inglese era quella di indebolire l’asse franco-tedesco che costituiva il motore della costruzione europea (va detto che i sussidi esagerati all’agricoltura francese sono stati da sempre un vulnus alla credibilità della spinta propulsiva..., come la linea gollista sulla difesa…). Non vi era testo della legislazione della Comunità Europea che non fosse bloccato dagli inglesi, quando era in gioco il loro tornaconto (o quello americano): nei gruppi di lavoro del Consiglio i rappresentanti del Regno Unito sostenevano apertamente le posizioni degli Stati Uniti, anche se paese terzo alla Comunità. Se poi soccombevano, trasponevano le direttive con interpretazioni nazionali che le svuotavano di contenuto, in attesa delle lente verifiche della Commissione... Per ovviare ad uno stallo che si era determinato nella costruzione europea, la Thatcher fu messa in minoranza da Craxi nel 1985 col famoso Libro bianco sul mercato interno, mentre col successivo Atto unico europeo si introdusse la votazione a maggioranza. Negli anni successivi con Delors (e Padoa Schioppa…) si delineò la moneta unica. A quel tempo, l’Italia era, in termini di industria manifatturiera, la prima a livello europeo, ma l’inflazione era elevata, il debito pubblico anche e vi erano frequenti svalutazioni per mantenere la competitività: ogni Governo a fine anno doveva fare manovre che incidevano pesantemente sul paese. Un fatto che nessuno ricorda e che invece è fondamentale consiste nella limitazione dei movimenti di capitale che erano soggetti ad autorizzazione per il trasferimento all’estero: non esisteva ancora la libera circolazione che oggi viviamo e che costituisce una delle libertà fondamentali dei Trattati europei. Quando la circolazione divenne operativa, anche a seguito del dibattito teorico avviato in sede OCSE coi codici di liberalizzazione dei movimenti di capitale e delle transazioni invisibili correnti, risultò chiaro che l’Italietta, col debito pubblico che aveva e che doveva esser periodicamente rifinanziato…, non avrebbe retto al flusso di capitali in uscita dal paese. Così si fece di tutto per entrare nella moneta unica anche se si accettò un cambio effettivo (non nominale) della moneta molto sfavorevole per il paese: l’inserimento nell’Euro avrebbe reso meno vulnerabile l’Italia dagli attacchi della speculazione internazionale (si ricordano ancora i piani di Soros sull’attacco alla lira…). L’idea era così riassumibile: iniziamo con la moneta e il resto seguirà. Si trattava di un azzardo, forse sostenibile in assenza di crisi economiche … e se si fossero monitorati seriamente (e non con la burocrazia di una Commissione spesso inefficiente) i paesi aderenti. Nel contempo si fece di tutto per liberalizzare il mercato (v. direttive sui servizi, e-commerce, servizi d’investimento e mercati, le direttive banche, specie la II banche ed assicurazioni ecc.), secondo le teorie in voga all’epoca, in vista del completamento del mercato interno, mediante mutuo riconoscimento e controllo del Pese di origine del prestatore di servizi, anche nell’offerta transfrontaliera di servizi. A questo processo di liberalizzazione non corrispondeva una vera armonizzazione delle normative nazionali, peraltro postulata dal Libro bianco, e soprattutto della vigilanza. Si favoriva, invece, sotto spinta inglese, l’auto-regolamentazione: la conseguenza era un arbitraggio regolamentare (regulatory arbitrage) che falsava la concorrenza tra gli Stati membri, il c.d. Level playing field, consentendo l’operatività di Stati membri parassiti, come il Lussemburgo, come l’Irlanda, come l’Estonia, ma anche il Regno Unito e l’Olanda.... Le Autorità di controllo europeo, istituite successivamente nel settore dei servizi finanziari (l’idea fu di Padoa Schioppa), sono ancora agli esordi... Questo contesto forse aiuta a capire che senso avrebbe ipotizzare l’uscita dalla moneta unica come propongono certi bizzarri economisti … o gente con cultura da angiporto che ripete come un beta simili teorie senza padroneggiarle. Il dominio tedesco, favorito dall’assenza dell’Italia, che nel lungo periodo di ‘papi’ ha svolto un ruolo minore nell’UE e ha mandato a Bruxelles anche giornalisti della cronaca di Roma … a fare i vice-presidenti della Commissione, ha dato luogo ad una Commissione di servi e poi il terzetto Berlusconi, Sarkozy, Aznar, alleati dell’ex alcolizzato Bush Jr., è stato micidiale... E’ rimasta la massaia tedesca a dettare la linea, buona per lei e sciagurata per l’Europa del Sud. I giornalisti italiani (pochissimi sono specializzati) non aiutano a capire: Curzio Maltese su ‘Venerdì’ di Repubblica scrive oggi che l’Italia si salva e gli Italiani vanno in fallimento col governo Letta che è eterodiretto (dalla troika …). A lui e a tutti gli altri chiediamo: dobbiamo tornare alla situazione ante Euro, in un quadro di internazionalizzazione e liberalizzazione dei capitali spinta come quello attuale? Col debito che abbiamo? Denominato in Euro? E se facciamo un consolidamento del debito, crediamo davvero che poi avremo la fila di investitori pronti a darci i soldi? Non sarebbe meglio incominciare a metter mano alle tantissime cose che in questo blog abbiamo più volte enunciato e che non sono mai state fatte da lustri? Bisogna avere più rispetto per le parole che debbono corrispondere alle cose e che non sono flatus vocis

NON C'E' PIU' RELIGIONE, MA ... NEANCHE CULTURA! Rosa Elisa Giangoia

Mi sono resa conto che per la maggior parte di quanti hanno meno di 15 anni oggi si vive ancora e soltanto nella scia della festa di Halloween, ma nemmeno quella autentica irlandese, di ascendenza celtica, che aveva un suo profondo significato cosmologico e anche religioso, ma la sua versione recentemente importata dagli USA, banale rivisitazione in chiave carnevalesco-horror, di valore soltanto commerciale, banalmente consumistica, senza radici né significati. E così le nuove generazioni stanno perdendo del tutto la festa di Ognissanti, che era una meditazione sulla santità e che preludeva in modo consolatorio alla ricorrenza dei defunti, sui quali ricadevano l’auspicio e la speranza della perenne beatitudine eterna, grazie alla “comunione dei santi”, che permetteva ai vivi di poter operare per il bene dei loro cari defunti. Si sa, in una generazione molte cose tramontano e altre si affermano! A questo proposito leggo sul quotidiano ligure IL SECOLO XIX di mercoledì 30 ottobre che è in corso su facebook una polemica con contrapposizioni accese tra sacerdoti sull’opportunità o meno di celebrare feste di Halloween anche in locali parrocchiali, cosa che a molti sacerdoti sembra soltanto un insignificante occasione di divertimento, ma che ha fatto sì che nei giorni scorsi gli esperti dell’Agenzia della CEI abbiano preso le distanze da questo “evento di banale consumismo fatto di feste, maschere e consumi”, pur cercando di reinterpretare il significato di questi giorni di fine ottobre scavando nella storia. Volto questa pagina del quotidiano, pensando, come diceva mio nonno negli anni Sessanta di fronte all’incalzare della modernità «Non c’è più religione!». Ma, ben presto, mi devo soffermare con stupore e rammarico su un’altra pagina, di quelle cosiddette culturali, dove un articolo di Anna Orlando, non una giovane giornalista avventizia, ma persona considerata esperta di arte, soprattutto del periodo barocco genovese, dando conto dell’apertura alla Queen’ Gallery di Buckingham Palace a Londra dell’esposizione di novanta opere del pittore genovese Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto, correda il suo articolo con la riproduzione di un’acquaforte al centro della quale c’è un cartiglio (che lei erroneamente chiama “distico”, che nel mondo classico indica un ben preciso metro poetico, formato da un esametro e da un pentametro) con su scritto: Genium Io: Benedicti Castilionis Ianuen. con l’incredibile traduzione “Io Genio, Benedetto Castiglione “Ianuensis”, cioè genovese”. Tipico esempio di prendere fischi per fiaschi da parte di chi evidentemente non sa il latino e neppure si cura di fare un minimo di verifica della sua assurda interpretazione! Di peggio mi era capitato solo un po’ di anni fa, quando, facendo parte di una commissione ministeriale di esami di concorso per aspiranti insegnanti di Latino e Greco nei nostri licei, alcuni candidati avevano tradotto la semplice frase: Cicero dicit Musas locutas esse… con “Cicerone dice che le Muse sono cavallette…”. Sfortunatamente quei candidati, naturalmente neppure ammessi all’orale, avranno poi usufruito di qualche immissione in ruolo ope legis, dando il loro notevole contributo a peggiorare la scuola italiana… Ma una cosa è una prova d’esame, un’altra quello che si pubblica su un quotidiano, per l’autorevolezza che ha sempre la carta stampata! Come pensare che un Io: latino possa corrispondere al pronome ”io” italiano, dimenticando quell’ego che anche la moderna psicanalisi utilizza nella differenziazione tra ego e super ego? E poi pensare che un pittore definisca se stesso genium, senza minimamente cercare di approfondire le complesse valenze semantiche di questo termine nel suo itinerario dal mondo classico all’età barocca? Non mi è rimasto altro che esclamare tra di me: «Non c’è più cultura!». Certo che non si capisce se l’aver intitolato la mostra londinese “Castiglione Lost Genius” sia un seguire l’errata traduzione del cartiglio del disegno o un’errata autonoma interpretazione inglese, per cui ha avuto buon gioco Renato Tortarolo del SECOLO XIX a rispondere (privatamente, mica dando spazio sul quotidiano alla rettifica!) a chi gli aveva fatto osservare gli svarioni pubblicati sul quotidiano che la questione delle traduzioni era di minima importanza, mentre la cosa notevole era che a Londra proponessero Castiglione come un genio! A questo punto non mi resta che compiacermi d’essere in pensione e di non dover più correggere e valutare compiti di latino dei miei studenti, perché, se correggessi Io: tradotto con “io”, di sicuro qualcuno insorgerebbe, dicendomi che c’era scritto sul giornale! Certo, il giornale… le preghiere dell’uomo moderno, come diceva anche Hegel! E una volta non si diceva che la morfologia latina si doveva sapere a memoria come l’Ave Maria? Ma, se le preghiere diventano il giornale… non c’è più cultura!