domenica 8 marzo 2015

UN LIBRO DA LEGGERE

Introduzione

Carlo Biancheri

 Questa settimana per i tipi de Il Mulino esce nelle librerie la seconda edizione  dell’opera di un filosofo, Francesco Calvo, scomparso prematuramente nel 2001, intitolata Cercare l’uomo – Socrate, Platone, Aristotele.
  Paul Ricoeur ha scritto l’introduzione riconoscendone l’originalità e la profondità del pensiero e la perfetta conoscenza della filosofia antica, moderna e contemporanea. Calvo veniva da una formazione kantiana, come allievo di Emilio Garroni, ma ha avvertito  che una filosofia ridotta ad epistemologia o a gioco linguistico non conduceva da nessuna parte; da qui l’approfondimento dei classici greci e del pensiero medievale che si presentano come una singolare risposta ad un’esigenza di senso e di ‘fondamento’ che viene avanzata nel nostro tempo e che va ben al di là della ricerca individualistica post-romantica dei filosofi del Novecento. Essere invece di apparire, cercare un fondamento che non sia semplicemente un prodotto storico transeunte: cerco l’uomo, la sua verità, questo è l’obiettivo dell’opera di Francesco Calvo.


Recensione

Rosa Elisa Giangoia


    Come afferma Wittgenstein nel Tractatus, in filosofia o si è realisti o si è idealisti. Oggi sembra fondamentale riprendere il discorso sul realismo, non tanto di tipo scientifico, né pragmatico, né tanto meno ingenuo, ma quello classico di realismo metafisico, secondo cui esiste una realtà al di fuori del soggetto.
    A questo scopo è senz'altro determinante l’opera Cercare l’uomo. Socrate Platone Aristotele Il Mulino, Bologna 2014) di Francesco Calvo che riprende il discorso a partire dai tre grandi filosofi classici, fondamentali per il pensiero occidentale, non alla ricerca di approfondimenti e nuove interpretazioni, ma con l’impegno intellettuale di un filosofo che, attraverso un attento lavoro sui loro testi, crea un sistema di pensiero da proporre all'uomo di oggi per aiutarlo a comprendere  “il che cos’è delle cose”.
   L’originalità di quest’opera sta innanzitutto nel proporre un’attenta interpretazione di Socrate visto come il seme intellettuale del pensiero fondato sull'ontologia, da cui trarranno spunto Platone ed Aristotele, pur in modi e con esiti diversi. Infatti il «conosci te stesso» di Socrate viene spogliato della mera valenza etica per conferirgli un connotato metafisico, onde dar vita alla triade coscienza di sé – ignoranza – dialogo, nella ricerca del «bene per l’uomo», fino alla consapevolezza dell’ignoranza, come ignoranza del trascendentale, individuato come «ciò che distoglie e solleva ogni conoscenza particolare dalla sua centralità esclusiva».
   Tutto questo è possibile proprio perché Francesco Calvo recupera e pone a fondamento del suo pensiero il realismo in senso classico per cui il concetto di natura viene letto nel senso superiore di “principio” ed egli non teme di parlare di sostanza. In questa prospettiva l’indagare sull'uomo, su cosa debba fare e fino a quale termine, viene portato avanti nella consapevolezza di qualcosa di oggettivo che trascende e fonda la sfera della pura personalità individuale.
    Per quanto riguarda l’etica, è opportuno che venga sfatata la leggenda che fondatori ne siano stati gli Stoici ed in particolare Seneca che, immettendola nel mondo romano, l’ha consegnata alla tradizione, in quanto «Tutte le dottrine etiche e politiche di Aristotele sono, da un punto di vista filosofico, altrettante esplicazioni fenomenologiche dell’essere dell’uomo nel suo aver-da-essere». In Aristotele, infatti,  l’atto legato all'aver-da-essere centra  tutto sull'attuazione, condizione di disvelamento dell’essenza umana e delle sue potenzialità.
   Analizzando il pensiero di Platone, pur nella consapevolezza del suo intento «di filosofare sub specie Socratis», Francesco Calvo prende il suo dualismo antropologico e la conseguente differenziazione tra il corpo e l’anima (nella sfaccettatura di noùs, pnéuma psyché) come punto d’indagine sulle sue aporie per arrivare alla giustificazione della morte con l’innalzamento dell’immortalità (Fedone), che diventa legame intrinseco tra l’anima e l’oggetto assoluto. Per l’anima l’imperativo di liberarsi dal corpo viene corroborato dall'esercizio dialettico nella sua totalità, esperienza in cui essa percepisce la solitudine nel colloquio con se stessa in un monismo al di sopra del dualismo, accompagnato dalla dialettica dell'éros. In questo modo il «conosci te stesso» socratico, quale unione del sé e del bene oggettivo, si arricchisce dell’esperienza del Bello, capace di unire il momento “esistenziale” e quello “oggettivo”, grazie al potere di attrazione che sa esercitare nel cuore del desiderio.
    Secondo Calvo, però, Platone non riesce ad uscire dal dualismo e in questo senso è scisso, in quanto il suo uomo ha la testa in cielo e  i piedi sulla terra. Questo problema del dualismo viene risolto da Calvo con la psicologia di Aristotele che,  contrariamente a Platone, rifiuta il dualismo superandolo nell'attualità: l’essenza, per così dire, si svela in atto, anche se atto e potenza sono co-principi metafisici, in quanto la forma si può definire come la materia in atto e la materia come la forma in potenza: è la teoria dell'ilemorfismo che unisce forma e sostanza nell'unità dell’ente, facendo dell’anima la forma del corpo.
     Anche se la questione del bene per l’uomo diventa il legame tra Socrate, Platone e Aristotele, per Calvo la questione della «vita buona» e dell’«agire bene» - in base ad una corretta lettura di Aristotele - non si deve ridurre ad una semplice questione morale. Infatti in Aristotele non è possibile circoscrivere il compito dell’uomo senza aver preliminarmente affrontato la difficile questione dell’ «essere-uomo» in quanto tale. Soprattutto non si può trattare dell’uomo come essere-politico, e neppure del suo statuto come «animale razionale», senza essersi prima confrontati con la problematica della sostanza. A questo punto l’analisi di Francesco Calvo diventa complessa in una serrata elaborazione concettuale fino all'individuazione della sostanza dell’uomo in quell'essere che è «un essere che ha da essere», cioè del vivere nella tensione verso una “forma” che è la realizzazione dell’uomo in quanto tale. Di qui l’etica, che si sostanzia di un’antropologia filosofica e che si prefigge un preciso obiettivo, per cui si differenzia nettamente dalla morale kantiana di tipo prettamente formale, tesa ad illustrare la forma della morale, ma non il suo contenuto che si esplicita in norme morali. Per questo, secondo l’elaborazione di Calvo, l’aver-da-essere della sostanza uomo è il suo compito che si realizza nella «tensione appropriata» della potenza in cui l’ontologia si lega all'etica e alla psicologia. In queste relazioni entra in gioco la dialettica del “proprio” e del “comune” che si esprime specificatamente nell’amicizia, in cui il bene coordina l’esclusività del “proprio” e la condivisione del “comune” nella coincidenza dell’amicizia per se stessi e dell’amicizia per l’altro, in cui si realizza quel “bene” fondamentale della gioia insita nel vivere, presente già in Socrate.
    Secondo Aristotele, l’amicizia tratteggia una specie di modello in scala ridotta e ridimensionata del legame politico, nel quale l’“autarchia” dell’individuo diventa modello emblematico della possibilità di realizzazione dello stato, in quanto chi realizza il bene individuale realizza nello stesso tempo quello collettivo. Ed allora il cerchio si chiuderà nella convinzione che una buona fenomenologia dell’amicizia richiede una buona conoscenza del fondamento primo dell’uomo in base al quale si costruisce tutto il suo modo di essere. In definitiva la pienezza umana si svela nella sua attualità e in questo il Kant della Critica del giudizio non dista molto.
    Queste le linee essenziali di questo saggio, che viene ripubblicato dopo alcuni decenni dalla prima edizione, proprio per la sua attualità dovuta alla capacità di rispondere a tante domande rimaste ancor oggi insolute.
     Questa è l’originalità del libro, in contrapposizione a molte delle più recenti e accreditate posizioni filosofiche contemporanee, così diffuse anche in alcune correnti cristiane, che tratteggiano un Tommaso d’Aquino quasi platonico e idealista, accomunate dal muoversi sulla coscienza di sé, dell’io, in un circuito in ultima analisi cartesiano, incapaci di comprendere che l’io si fonda su un sub-strato ontologico e che non crea il reale, per cui, per la piena comprensione e la completa realizzazione dell’uomo, occorre un upokéimenon, il sostrato, la sostanza che fonda l'essere uomo contro l’idealismo della fenomenologia che centra tutto sul soggetto e sulla sua ragione soggettiva.



lunedì 2 marzo 2015

PAROLIERI ERRANTI

Carlo Biancheri


Non viviamo tempi sicuri non solo perché molti leader politici sono per lo più il prodotto di una cultura pragmatista usa e getta: han letto qualche libro  - se lo han fatto - scambiandolo per verità assoluta, ma perché tutto è  ‘leggero’, provvisorio, opinabile e non ci si identifica collettivamente in quasi nulla, salvo avvertire il timore di qualcosa di oscuro e imprevedibile e quasi imminente...
Se fate caso, nel nostro tempo,  i riferimenti si sono fermati all’Illuminismo, con le sue certezze indiscusse, alla teoria dell’evoluzione che viene insegnata come la geologia, al “fai da te” nel fondare un’antropologia o, più in generale, una Weltanschauung, una visone del mondo, ove ciò che è centrale è il soggetto che con la sua ‘creatività’ - la parola non è casuale – dà valore al reale; in altri termini: così è, se vi pare…
L’eloquio è persuasivo, immaginifico, prefigura il futuro anche in modo autoritario: «siamo qui per cambiare l’Italia»… ma… chi te l’ha chiesto? Non sarebbe meglio proporre un programma e cercare un consenso piuttosto che chiedere una fiducia alla persona, che assicura di metterci la faccia e di esser pronta a lasciare se non porterà a termine il suo compito? Se rimaniamo con i cocci dopo la performance infruttuosa…  come la mettiamo?
Si riaffaccia una destra che corrisponde alla violenza cui sono educati i giovani: i massoni/illuministi, che governano e hanno governato buona parte del mondo che conta in Occidente, hanno confuso e confondono la libertà con la licenza e così troppi giovani credono di potere impunemente usare ogni mezzo per soddisfare le proprie pulsioni ,in certi casi si tratta di deliri di onnipotenza: la cronaca è quotidiana. Non ci sono valori diffusi che giustifichino il sacrificio, l’accettazione del  limite, il rispetto dell’altro. Un Salvini qualsiasi, con mascottes al seguito,  ci propone una società  oggettivamente violenta; come è possibile che l’elettore italiano sia così irretito  per aver votato prima Berlusconi che ‘ha così ben operato’- come tutti possono agevolmente constatare - e poi la Lega…? Non sono bastati gli scandali della classe dirigente dei loro partiti? E quali le loro proposte? Blocchi navali (non esercitazioni ai confini…), costituzione di campi in territorio straniero, proposte che equivalgono  ad una totale nescienza del diritto internazionale, un approccio, diciamo così, di tipo troglodita. E poi il mantra: l’Europa che fà? Bisogna sbattere i pugni sul tavolo… è il leit motiv. Chi dice questo “o ci è o ci fa”… come si dice a Roma. L’Italia, in Europa, vota in Consiglio secondo le maggioranze ponderate, ma non ha la maggioranza assoluta, tale da poter obbligare gli altri a fare quel che essa desidera…
In compenso, l’alternativa degli affini a Scientology è cupamente vuota. Oggi abbiamo sentito Fico, che presiede la Commissione parlamentare di vigilanza RAI,  spiegarci con sicurezza che il fatto che lo Stato sia obbligato a  detenere per legge almeno il 51 % del capitale di RAI Way, oggetto di un’OPA ostile da parte di Mediaset, può essere aggirato con patti di sindacato per cui i privati comandano sullo Stato(?!), come già avvenuto in altre circostanze... Ci faccia capire il Fico: per quale arcano motivo il MEF dovrebbe entrare in un patto di sindacato con privati…? E poi cosa pensa? Che ci sia un obbligo di aderire ad un’offerta pubblica di acquisto? Se l’azionista non vuol vendere, come ha dichiarato, si limita a  non aderire; nella fattispecie la RAI detiene oltre il 60% del capitale. Si potrebbe dire, come ha fatto Mucchetti, che si può acquisire una quota superiore al 30% per cui nelle operazioni straordinarie si determinerebbe una minoranza di blocco: ma… l’offerta non è condizionata , ai sensi dell’art. 37 del regolamento Consob, all’acquisto della totalità delle azioni? Del resto, per ora c’è stata una mera comunicazione dell’OPA e la Consob ha tempo 15 gg, ai sensi sell’art.102 del TU,  per approvare il documento d’offerta… Quindi si vedrà se l’OPA è ammissibile o se si tratta, invece, di una mera operazione di disturbo del mercato… con fini diversi. E poi il Fico ha sentenziato (non è chiaro se l’Annunziata fosse  di conforme avviso…) che «la verità è sempre una somma. È una percezione»… Sic… Sarebbe come dire che di fronte ad uno stato di fatto (piove), anche se la somma degli astanti ritiene che non piova, ci si bagna ugualmente!
Chi decide non sa e chi dovrebbe informare è nella confusione. Un esempio? Il papa e la Curia vanno ad Ariccia per fare gli esercizi spirituali, quelli del Seicento, di S. Ignazio di Loyola, per intenderci…;  la giornalista RAI ci informava che «i lavori spirituali sarebbero durati alcuni giorni…»; pensava, all’evidenza, a riunioni di lavoro, magari con il papa che presiedeva…
Mala tempora currunt. Il frangente storico in cui viviamo è noto a tutti :guerre non dichiarate, violenze inaudite di sciagurati che vanno fermati e basta, ipocrisie, tornaconto. Ci vuole altro spessore umano in chi guida. Ma che possiamo fare noi?
«Nei tumulti popolari c’è sempre un certo numero d’uomini che, o per riscaldamento di passione, o per una persuasione fanatica, o per un disegno scellerato, o per un maledetto gusto del soqquadro, fanno di tutto per ispingere le cose al peggio; propongono o promovono i più spietati consigli, soffian nel fuoco ogni volta che principia a illanguidire; non è mai troppo per costoro: non vorrebbero che il tumulto avesse né fine né misura. Ma per contrappeso, c’è sempre anche un certo numero di altri uomini che, con pari ardore e con insistenza pari, s’adoprano per produrre l’effetto contrario: taluni mossi da amicizia e parzialità per le persone minacciate; altri senz’altro impulso che d’un pio e spontaneo orrore del sangue e de’ fatti atroci…» così l’amato Manzoni, e noi proponiamo un ‘concerto istantaneo’ con questi ultimi.