martedì 13 giugno 2017

AVVENIRE, AMORIS LAETITIA E LA SOLITA ASTUZIA GESUITICA


Carlo Biancheri


La premessa è che: ‘Non chi dice Signore, Signore entrerà nel Regno dei cieli ma colui che fà la volontà del Padre mio che è nei cieli…’ (Mt 7,21); ne deriva che l’esser cristiani non è una professione, è prima di tutto una prassi, ‘giacché le prostitute vi precederanno nel Regno…’(Mt.21). Si vedrà alla fine della vita chi lo è stato veramente, inclusi papi, vescovi e presbiteri.
Perciò è con molto sospetto che leggiamo ‘Avvenire’ (venerdì 9 giugno 2017), di proprietà della Conferenza episcopale italiana, che si pone come voce semi-ufficiale dei cattolici italiani, pur non avendone titolo, né  retroterra culturale e teologico adeguati, allorché sostiene con il suo ineffabile direttore, quello, per chi non se ne ricorda, che trovava consonanza tra il programma politico di Scientology/grillino e quello cattolico…, la sussistenza della pari dignità di fronte a Dio di ogni orientamento sessuale in Amoris laetitia, l’enciclica del papa Francesco.
Anzi, il Tarquinio, che probabilmente pensa che la Verità si fondi sul ‘consenso’ allorché cita le molte missive ricevute dai lettori a sostegno di questa tesi…, pubblica la lettera di chi, secondo lui, sarebbe invece  sostenitore dello status quo – noi leggiamo  semplicemente che non ha trovato in alcun documento  pontificio un’affermazione del genere e che una cosa è il comportamento e un’altra l’accoglienza della persona…- ed una di un gesuita, Piva, a sostegno della pari dignità.
Crediamo che occorra soffermarsi un poco su quanto, emblematicamente, scrive il gesuita Piva per formulare qualche riflessione.
Il dibattito nasce da un articolo di Luciano Moia che scrive tra l’altro: ‘Meno rilevanza al normativo, più evidenza all’umano in un atteggiamento di carità e di misericordia, secondo quella legge della gradualità che non intende cancellare i principi ma indicarli – senza trasformarli in pesi insopportabili per la vita delle persone -come punti di arrivo in un cammino di fede’. In ‘politichese’ vorrebbe dire che non si può esser casti subito… Secondo il gesuita ‘questa è una delle chiavi per intendere Amoris Laetitia: una nuova prospettiva della norma, che non cambia, in un atteggiamento più pastorale e attento all’umano; così essa diventa più efficace per la vita delle persone e delle famiglie…’.
Prima considerazione: siete certi che la gente di Lgbt concordi che ‘la norma non cambia’? O non vuole che piuttosto sia riconosciuto come moralmente lecito il proprio comportamento sessuale? E allora a cosa si riduce il cambiamento, al fatto che il prete in Chiesa non si metta ad imprecare se vede entrare un transessuale? Perché, se lo avesse fatto prima di Amoris laetitia, era lecito? Non incontrava il Cristo i pubblicani e le prostitute? E non ci sono ordini religiosi  nella Chiesa, da molto tempo, che uniscono ex-prostitute ed altre donne senza distinguerle? Se mai nella storia della Chiesa si fossero cacciati tutti i peccatori, le Chiese sarebbero state sempre vuote, a cominciare dai preti. Ma il gesuita sottilizza, secondo la tradizione suareziana e la casistica: ‘si personalizzano i cammini perché ciascuno nella condizione esistenziale concretamente data o ormai definita possa praticare quella vita-in-Dio a lui possibile. In questo senso leggo anche l’affermazione della pari dignità di fronte a Dio di ogni orientamento sessuale. Lo sappiamo: in senso ‘oggettivo’ questa affermazione non corrisponde letteralmente all’attuale magistero; ma in senso ‘soggettivo’ l’orientamento, come condizione data e definita, qualsiasi esso sia, rimane l’unico qui-ed-ora a partire dal quale la persona può rivolgersi a Dio e attuare il bene a lei possibile…’.
A nostro debol parere, gli apologeti, nell’ansia di difendere una posizione, semplificano e talora falsificano. Quel che lascia sconcertati è la totale  carenza di ‘esperienza umana’.
Innanzitutto tra gli orientamenti sessuali esiste anche la pedofilia che è una pulsione incoercibile, dicono gli psicologi…, ma potremmo ampliare la gamma dei comportamenti istintuali e citare anche la zoofilia. Qual è la dirimente che porta ad escludere un comportamento a favore di un altro? E il famoso terreno da cui ci si rivolge a Dio perché vale in alcuni casi ed in altri no? E qui vien fuori il personalismo cui si rifà il Piva che sarebbe anche alla base della Gaudium et Spes. Veramente la Costituzione conciliare è stata scritta, in gran parte, dal p.Chenu, o.p., che proprio un seguace di Mounier non era. È tutta tomista ma certo di un tomismo che prende sul serio l’umano e non come fanno i gesuiti da un lato con l’evoluzionista Teilhard, più che altro uno che identifica evoluzione umana ed azione di Dio, dall’altro con i Maréchal, Rahner, i von Balthasar che leggono l’umano in chiave soggettivistica, ‘idealistica’ dice Wittgenstein nel Tractatus. ‘Gradualità’ sembra esser la parola magica per portare poi sulle posizioni prefissate: in altri termini, la conquista del ‘mondo’ con i mezzi del mondo, una vecchia storia…
Nel discorrere di questi argomenti non si prende in considerazione che il male consiste in una violenza, in un’ingiustizia verso un altro o sé stessi e qui è l’origine dell’oggettività contro il soggettivismo. Senza scomodare un’antropologia teologica corretta, è opinione diffusa  tra gli psicologi che il comportamento istintuale maschile e femminile sono cose ben distinte. Si può bene avere un’omeostasi in certi comportamenti ma i ruoli si riproducono artificialmente in ciò che ciascuno cerca nell’altro, protezione o possesso, e c’è da chiedersi se nella gran parte dei casi non ci sia un’ingiustizia, un furto di possibilità, di un’alternativa per uno dei due partners. Uomo e donna li creò… e la vita si trasmette così; i figli hanno bisogno di entrambi i ruoli; possono, certo, sopravvivere a tragedie ed essere anche senza genitori, tuttavia, rimarranno marcati per sempre. C’è una smania a voler trovare soluzioni a tutto per suscitare consenso, peccato, però, che per un cieco nato od uno zoppo non ci siano risposte…