domenica 28 febbraio 2016

AH, IL LATINO! CHE INSIDIA!


Rosa Elisa Giangoia


Vorrei proporre una legge certo non molto importante ma senz'altro utile per la salvaguardia della nostra dignità nazionale, secondo cui chi vuole pronunciare in pubblico un'espressione in latino deve prima far verificare il suo dire da qualcuno esperto in materia, almeno fino a quando in Italia ce ne saranno, il che penso non durerà più molto a lungo, conoscendo l'andazzo dello studio delle lingue classiche nei nostri licei...Già in passato avevamo sentito in TV leggere  l'espressione latina sine die come se fosse inglese, con una pronuncia del tipo "sain dai", cosa da inorridire, e anche oggi al Tg delle 13 su Canale5 abbiamo ascoltato una giornalista che con imbarazzo e incertezza cercava di sciogliere l'acronimo SPQR, limitandosi a dire Senatus Populus Romanus, con omissione del Que enclitico, troppo difficile!Ma si sa sono giornalisti, sempre più spocchiosamente tuttologi, a prescindere dalle loro reali competenze...Che, però, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi trasformi in latino maccheronico la famosa espressione che Livio (V 55) fa dire ad un orgoglioso centurione romano Hic manebimus optime in un ridicolo "hic manibimus" con una non ben chiara pronuncia del successivo avverbio (otimes/optimus) anche se con ben sonora -s- finale è davvero inaccettabile! Oltretutto in un'occasione ufficiale, di fronte ad un divertito Junker che, evidentemente più colto di lui, ha subito notato lo strafalcione e l'ha sottolineato con un ammiccamento che ha indotto Renzi a un tentativo di correzione e a risolvere il tutto con una poco spiritosa battuta. Episodio indubbiamente significativo della superficialità e dell'abitudine all'improvvisazione di Renzi. Infatti poteva, prima di questo maldestro sfoggio di cultura classica, almeno fare un rapido ripasso con sua moglie, recentemente immessa in ruolo ad insegnare latino ope legis! A meno che anche per lei Livio non avesse scritto così!
O forse hanno imparato il latino da qualcuno poco esperto, come il prete della favoletta che si leggeva quando anche ai genitori importava che i figli imparassero il latino e che vogliamo offrire ai nostri lettori:
"Un contadino spende un sacco di soldi per far studiare il figlio. Quando il ragazzo torna a casa per le vacanze, il padre per verificare cosa abbia imparato, lo porta dal prete, massima autorità culturale del circondario.
Lasciati soli, il prete chiede al ragazzo: come si dice acqua? Aqua, risponde. Noo,asino, abundantia perché ce n’è tanta. E fuoco? Ignis,no carnicosolum perché serve a cuocere la carne. E prete? Presbiter, no! praestor perché deve fare in fretta a dir la messa, altrimenti la gente si stufa. E fieno? Foenus;no capilli terrae; e gatto?Felis, no saltingraffia perché salta e graffia, asino! Lo dirò a tuo padre.
Il padre torna sente l’esito dell’esame e dà un bel ceffone al figlio. A casa il ragazzo medita una vendetta.
Prende un gatto, gli attacca  della carta alla coda e dà fuoco alla carta e lo lancia nel fienile del parroco. Poi va sotto la canonica e grida:"Curre praestor, quia saltingraffia cum carnicosolo iit inter capillos terrae ac nisi venit abundantia peribit omnis substantia!".

LA PRESUPPONENZA DI ALCUNI PRETI


Carlo Biancheri

Non essendo clericali abbiamo accolto come una liberazione la definizione della "Chiesa  come popolo" nella Lumen Gentium del Concilio Vaticano II; definizione che tanto dispiaceva al Cardinale Siri ("ma allora cambia tutto…!") ed ai conservatori/reazionari del tempo, nonché l’enfasi del sacerdozio comune dei fedeli, tanto che, subito dopo il Concilio stesso, i laici intervenivano (spesso abusandone…) dopo l’omelia del sacerdote nella messa domenicale...
Senza scomodare Francesco piccolino che non fu mai prete…, tutti i credenti sono uguali in materia di fede, papa incluso, anche se  esercitano carismi diversi.
Notiamo, al contrario, che  in esito all’educazione clericale, il prete, spessissimo, si reputa su un piano diverso dagli altri e si sente  in dovere di insegnare, predicare, di pronunciarsi su qualsiasi tema, invece di annunciare semplicemente il Vangelo: dite quello che credete veramente, fà dire la Cavani a Francesco quando manda i suoi a due a due a predicare e ancora Gregorio Magno, a proposito di San Benedetto: "non insegnò diversamente da come visse…". Benedetto XV, vissuto in piena epoca di potere massonico e di modernismo, costretto a prendere atto della poca fede dei cattolici pronti a fare una carneficina tra loro con la prima guerra mondiale, veniva descritto, dagli emissari del Governo italiano, composto di massoni, come ‘non untuoso’…, e questa era reputata una grande qualità, abituati come erano a trovare negli interlocutori ecclesiastici quel sussiego, quell’atteggiarsi, quel recitare che riduce l’umano a caricatura.
Dal Concilio in poi abbiamo visto frotte di ex-preti od ex seminaristi continuare a predicare, ad insegnare da sposati su questioni attinenti alla Chiesa, molti dei quali ancor ora si spacciano per teologi, vaticanisti, ecc. - se uno ha sbagliato a scegliere perché continuare ad esercitare un ruolo che non è il suo ? – e ciò insinua il sospetto di una egolatria, talora malata, come in certi casi di pedofilia dei preti che dopo aver violentato un minore gli dicevano che era un onore aver avuto un rapporto con un messaggero di Dio…
Dispiace di dover rilevare che nella lettera di don Farinella e soci preti sulla legge Cirinnà si ritrovino atteggiamenti di chi predica con argomenti inconsistenti e con esibita certezza .
"Noi affermiamo che se in Italia vi fosse  anche una sola coppia di persone che convivono i suoi componenti hanno il diritto di esser tutelati e garantiti non solo come singoli ma anche come nucleo affettivo e familiare senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione…" (art 3,2 Cost.).
Se fosse stato Mortati, Esposito o l’attuale presidente  della Corte costituzionale o il suo predecessore ad affermarlo ci saremmo soffermati a riflettere per comprenderne il senso. Si dà il caso che ci sia stata una sentenza complessa della Corte che riconosce che in base alla Costituzione il matrimonio è quello tra un uomo ed una donna… le altre unioni, pur legittime, sono altra cosa… e la competenza da costituzionalisti di Farinella e soci ci appare dubbia.
Non paghi, i preti firmatari ci avvertono che nella Bibbia non si parla della famiglia e che l’attuale è solo il prodotto della Storia… Uhm, la Storia… come la intende Hegel? Verità di fede pure questa? E se nella Bibbia non è citata la famiglia, anzi si danno esempi di famiglia poligamica,che significa? Vogliamo allora dire che il serpente ha parlato? Che la lapidazione è un modo usuale per esercitare la giustizia? Capisco che ai preti in questione San Tommaso stia antipatico perché con Aristotele ha sviluppato il concetto di natura umana da non confondere con naturalismo (…) ma noi non crediamo  che la natura sia un fatto culturale, come sostenevano il massone Kant e poi il Rousseau e poi il massone Herder che ingaggiò proprio una battaglia con la Scolastica per sopprimere il concetto di natura: sembra ci siano riusciti dopo duecento anni a convincere le persone… ma la natura non cambia, non se ne dispiaccia Edgar Morin col suo Le paradygme perdu: la nature humaine. Aristotele diceva che in una società in cui  tutti sono pazzi i savi sono considerati pazzi dagli altri…
Ancora, i preti dicono: occorre interrogarsi valutando non il diritto all’adozione (meno male…) ma la disponibilità e l’idoneità affettiva degli adulti… Che ne sanno i preti di bambini e di pediatria? C’è già una casistica sufficiente per stabilire gli effetti sui bambini con due mamme e due papà? Saremmo molto prudenti prima di dire come il giovanotto di Pontassieve: vince l’amore… Crediamo che non abbia letto Edmund White… dove emerge che l’amore è inquieto.
Queste cose non sono  da preti ma da laici, come insegnano il Concilio e anche laici specializzati…
Probabilmente l’aver abbandonato la ‘scienza’ dei principi rende del tutto disarmati dinanzi al concetto di natura, specie quando si devono affrontare temi come quelli della genetica o di cosa è vita, come più volte abbiamo scritto in questo blog.
Confessiamo che ci piace di più il curato d’Ars nel suo essere prete che incontrava tutti, anche  massoni e mangiapreti: è dubbio che fosse colto, è certo che era illuminato.

lunedì 22 febbraio 2016

UMBERTO ECO, IL MAESTRO DEL NULLA


Rosa Elisa Giangoia

A differenza di quanto si poteva leggere ieri su “la Repubblica” con la scomparsa di Umberto Eco non mi sento affatto più povera, perché tutta la fantasmagorica costruzione intellettuale dello scrittore non aveva altro approdo che il Nulla.
Questo lo si capiva bene fin dalla sua prima opera, il suo primo romanzo, Il nome della rosa (1981), con il quale aveva compiuto il grande salto dalla cultura accademica alla fantasia narrativa con la quale, grazie anche alle sue raffinate e affilate armi dell’abilità comunicativa, poteva trasmettere ad un ben più vasto pubblico il suo “messaggio”, cioè il messaggio del Nulla.
Forse non molti l’avevano capito, anche perché, nonostante la fortuna mondiale di questo romanzo, non credo che tutti coloro che l’hanno avuto in mano, attratti dall’accattivante copertina della prima edizione, pur stuzzicati dalle vicende tinte di intrigante giallo, siano riusciti a superare le secche delle tante disquisizioni dottrinali e siano approdati all’ultima pagina del romanzo, in cui viene svelato «il sugo della storia», ma non in modo diretto, come avviene ne I Promessi Sposi, ma in maniera piuttosto criptica, attraverso l’ esametro latino Stat rosa pristina nomine, nuda nomine tenemus che rimanda per ripresa di vocaboli al titolo del romanzo, onde creare attraverso un calembour un senso valido per il titolo e per il romanzo nel suo insieme. Tutto questo per dire che noi uomini possediamo solo i nomi, cioè delle pure e semplici parole, che pronunciate o scritte, non dicono nulla al di là del loro suono o dei segni delle loro lettere, in quanto non sono in grado di significare nessuna verità. Della rosa abbiamo quindi solo il nome, come di tutto il resto, quindi anche di Dio, che, come si dice, poche righe sopra l’esametro citato è un puro nulla («Gott ist ein lautes nichts»). In questo modo Eco con questo romanzo non si fa tanto portavoce del nominalismo, ma piuttosto di quel nichilismo, che ora, a oltre trent’anni di distanza, possiamo vedere essersi negativamente insinuato e diffuso nella mentalità con le conseguenze negative che si possono facilmente rilevare, tanto da poter definire Eco “un cattivo maestro”.
Di conseguenza tutta la sua scrittura sarà fatta di parole vuote, recuperate dal passato, reperite dal presente, inventate per il futuro, combinate abilmente per creare una fantasmagoria di situazioni, di immagini e di personaggi, senza consistenza, in un dinamismo da caleidoscopio, sostenuto da quella enciclopedica cultura, fatta soprattutto di immensa e straordinaria conoscenza di testi che va riconosciuta ad Eco. È però una cultura che andrebbe definita con il termine tardo-antico di curiositas, cioè come accumulo di sapere, senza un centro che dia senso, in un fluire in cui tutto si compone, scompone e ricompone. In questo, fondamentale è la memoria, tanto valorizzata da Eco, ma, come si vede nel romanzo in cui porta alle estreme conseguenze le sue capacità memoriali e combinatorie, La fiamma della regina Loana, tutto si può possedere  nella memoria, tutto si può perdere e tutto si può riacquistare, mantenendo tutto sullo stesso piano, senza valutazioni, senza scala di valori, senza distinzione tra ciò che è vero e ciò che è inventato, in quanto la verità «non è da nessuna parte», per cui verità e falsità si vanificano in una neutralità che le annulla.
In questo universo mentale di Eco tutte le cose, ed anche noi stessi, provengono da un caos iniziale, si materializzano nelle fantasmagorie delle apparenze individuate da nomi privi di senso e sono destinate a finire nel nulla indifferenziato del caos finale, come indica metaforicamente il grande incendio con cui si conclude Il nome della rosa che riduce in cenere l’abbazia, con i suoi abitanti, insieme agli animali, agli oggetti, ai libri, a tutto: evento questo previsto da Adso, il narratore della storia, in un sogno in cui aveva visto rovesciarsi e confondersi tutto, persino Cristo con Giuda.
La realtà, in questa sua inconsistenza e insignificanza, non può che far ridere: questo è il messaggio che Eco ha voluto lanciare fin dal suo primo romanzo con il sovra-significato che ha attribuito ad un libro (perduto o forse piuttosto mai scritto dal suo autore), il secondo libro della Poetica di Aristotele, che, dopo le rapide caratterizzazioni della commedia, avrebbe dovuto (o potuto) approfondire il tema del riso, capace di scardinare la realtà, in quanto avrebbe insegnato a ridere di tutto, anche delle cose più serie e importanti, quali la santità e il peccato, nonché l’Incarnazione per cui avrebbe eliminato la paura del peccato. Questo libro diventa il centro de Il nome della rosa, perché avrebbe potuto liberare la “verità”, mentre verrà soffocata dato che anch’esso perirà nell’incendio che tutto ha incenerito.
Di tutto questo nel libro della Poetica di Aristotele non c’è nulla, nemmeno un qualche minimo accenno recuperabile da qualche tradizione indiretta, per cui è una invenzione tutta romanzesca di un Aristotele che Eco si costruisce, in netto contrasto con quanto conosciamo del pensiero del filosofo greco, per farne l’inventore e il capostipite della linea nominalistico-nichilistica, secondo cui non esiste nulla di vero, quindi nulla di serio, fatta propria da Eco stesso.
Se tutto è “risibile” e “ridicolo” non resta che «una verità dal sapore di morte».
Una letteratura che si faccia veicolo di tutto questo non ci piace e non ci interessa. La letteratura deve aumentare la nostra consapevolezza umana, deve far crescere la persona umana che è in noi, deve aiutarla, pur attraverso l’esperienza del bene e del male, a raggiungere la pienezza della sua natura, quella ben tratteggiata dal vero Aristotele, per la quale indica anche la strada, quella della “scelta” che mira al bene, fino al bene sommo, che si acquisisce con l’esercizio della virtù e che determina il conseguimento della felicità. Questo è l’Aristotele che noi amiamo, non quello arbitrariamente inventato dal “cattivo maestro” Umberto Eco.



giovedì 18 febbraio 2016

BREXIT


Carlo Biancheri

Brexit nel linguaggio politico e mediale significherebbe  la possibile uscita del Regno Unito dalla UE.
Fin dai tempi del Libro bianco del 1985 sul completamento del mercato interno, approvato a Milano sotto Presidenza italiana con l’allora Governo Craxi, la Thatcher, messa in minoranza proprio da Craxi che presiedeva la riunione del Consiglio, si oppose strenuamente  al principio del riconoscimento reciproco dei provvedimenti e delle decisioni degli Stati membri che richiedeva l’armonizzazione della normativa della Comunità, per evitare arbitraggi regolamentari. Fondamento di questo principio, che è poi quello del mercato interno, è il controllo del paese di origine. La ferma opposizione nasceva dal fatto che il Regno Unito, entrato nella Comunità Europea per imposizione degli Americani, che vedevano con sospetto l’integrazione troppo spinta della Comunità, in quanto si creava un competitor in Europa, si giustifica con l’intento inglese di trasformare la Comunità stessa in un mercato di libero scambio, senza troppa armonizzazione normativa, resa difficile, tra l’altro, dalla coesistenza di sistemi giuridici di Common Law e di diritto continentale, leggi codici napoleonici. In antagonismo alla Comunità, la Gran Bretagna aveva creato l’EFTA con i paesi nordici che era stata un fallimento. Di recente l’Ambasciatore Romano, lucido interprete dei fatti internazionali, ha dichiarato che la presenza del Regno Unito nell’Unione è stata più fonte di ostacoli all’integrazione europea che  un beneficio. Poche procedure d’infrazione ma continue interpretazioni eterodosse della normativa comunitaria, con una Commissione, guardiana dei Trattati, succube in quanto invasa dagli inglesi nei posti che contano e, soprattutto, senza nessun seguito amministrativo interno alla normativa comunitaria.
Ci sanno fare i Britannici nei rapporti internazionali, da secoli, e sempre col chiodo fisso del loro interesse nazionale.
Nell’Ottocento il Regno Unito volle insistentemente negoziare con i porti  del continente europeo, che si interfacciavano all’isola, la libera circolazione della navigazione per fini commerciali (Anversa, Amstedam, Calais, ecc…): il risultato fu che le navi commerciali inglesi avevano diritto ad entrare nei porti europei per scaricare le merci mentre nei porti inglesi potevano farlo solo quelle che battevano l’Union Jack!
Londra è il più grande mercato off-shore del mondo per servizi finanziari, cioè banche, assicurazioni e borse, perché non c’è nessun controllo, nessuna vigilanza efficace e, inoltre, con l’istituto del trust si possono celare agevolmente i beneficiari delle operazioni finanziarie. I casi di insider trading, oggetto di sanzione, in un mercato grande come quello di Londra sono risibili e il mercato dei blocchi in borsa cioè quello all’ingrosso, col sistema dei market makers, non ha nulla da invidiare ai metodi di negoziazione della casbah, per non parlare delle materie prime col London Metal Exchange dove gli scandali invece che dalle Autorità di vigilanza britanniche venivano scoperti dalle Autorità statunitensi come la Commodity Futures  Trading Commission, che vigila, tra gli altri, sul mercato di commodities di Chicago. Proprio per la mancanza di una vigilanza adeguata, tutto il sistema bancario inglese è fallito ed è stato nazionalizzato durante la crisi per poi esser ri-privatizzato. Inoltre, vi è stata l’ennesima ristrutturazione del  sistema di vigilanza stesso, iniziata negli anni Ottanta col Financial Services Act ed il Securities and Investment Board che predicava all’Europa la self-regulation, cioè l’autocontrollo da parte degli intermediari finanziari: non avrebbero mai rischiato la loro reputazione con comportamenti illeciti… I fatti successivi e i numerosi scandali, come quello di Nick Leeson e di Barings, ecc…, hanno dimostrato la sensatezza della filosofia sottostante. Regolamentazione per principi, non per norme, era il leit motiv .
Il supponente, nobile Cameron chiede adesso di svincolare la City dalle norme  europee e nel contempo di  mantenere un diritto di veto sulle decisioni che gli Stati membri aderenti all’Euro assumeranno ove ciò danneggiasse  la City stessa. Un accordo (bozza di…) negoziato da un polacco, suddito della Merkel, Tusk,  è sottoposto al Consiglio Europeo di oggi e domani, dove noi siamo rappresentati da Guerrin Meschino che, sulla base dei grandi insegnamenti machiavellici, ha pensato bene di allearsi, in parte, col caro David per dare un colpo all’asse franco-tedesco in difficoltà… Che sapienza! Bisogna mantenere il Regno Unito in Europa a tutti i costi… E perché mai? Noi siamo importatori netti di servizi finanziari, non esportatori; dovremmo forse donare il sangue, cioè i nostri risparmi, ai loro intermediari senza contropartita? Questi stessi intermediari tutti implicati nello scandalo Parmalat per il quale hanno patteggiato per non finire a processo (v. Credit Suisse, v. Deutsche Bank, v. JP Morgan…). Lo sa Guerrin che quando le nostre banche in borsa subivano perdite a due cifre e la Consob vietava le vendite allo scoperto, cioè operazioni senza i titoli, per bloccare la speculazione pura, non serviva a nulla  perché le transazioni si facevano ugualmente sul mercato di Londra dove le stesse banche erano quotate? Certo che no… perché si tratta di ragionamenti complessi… Noi non preferiamo affatto a Guerrin la supponenza delle cariatidi che hanno fatto poco e molto male in passato nel Governo del Paese ma siamo stufi di pagare per l’apprendistato di questo giovane  che cita Borges a sproposito e non capisce  i meccanismi del contesto ed il linguaggio internazionali. Ognuno deve fare il suo mestiere: non ci si improvvisa chirurghi, fisici e neppure politici, perché si richiede la conoscenza di un’arte, come si diceva giustamente nel Medio Evo, che richiede una qualche competenza di settore. Invece dell’arte… vediamo un’allegra brigata di saccenti, sempre arciconvinti delle loro posizioni. Invece di impugnare il Regolamento di Dublino, che l’Austria cita per sostenere la chiusura dei confini…, approvato da imbecilli, Governo italiano in primis, e di dichiarare che ci rifiutiamo di attuarlo perché il quadro internazionale è insostenibile, a quindici anni di distanza, si continua a procedere con declamazioni che lasciano il tempo che trovano tra gli scaltri politici di Bruxelles.



domenica 14 febbraio 2016

ALLA FIERA DEGLI ASINI


Carlo Biancheri

Soltanto chi ha  varcato la soglia di un certo numero di anni… ricorderà che nelle feste paesane, quando ancora si indossava il vestito  bello, spesso nero ed in velluto nei paesi del Sud per gli uomini, mentre le donne si vestivano con colori sgargianti, gonne ampie e fazzoletti colorati, c’era, non di rado, la corsa degli asini che si lanciavano con impeto - quando non si arrestavano a metà corsa… – e ragliavano; insomma, la confusione era spettacolare, specie in un tempo in cui la televisione era ancora appannaggio dei borghesi e la società era divisa in classi non permeabili.
Questo clima lo ricordiamo perché, per libera associazione di idee, ci riporta ai dibattiti odierni nell’Italietta della modernità sull’adozione del figliastro da parte delle coppie omosessuali.
Innanzitutto la legge va fatta perché è appannaggio della ‘modernità’, sic Scalfari oggi su la Repubblica… Uhm…cos’è “modernità”? Supponiamo di vivere per un momento negli anni Trenta del secolo scorso… chi era moderno? Hitler, Mussolini, Stalin? Oppure prima… Lenin? E oggi è moderno Elton John, lo Stato islamico, i cantanti di Sanremo? Modernità sottende qualcosa di positivo, altrimenti si direbbe contemporaneità… e forse sotto sotto c’è sempre la sciocchezza del progresso della Storia, favoleggiato da Hegel nell’Ottocento. Per noi progresso, invece che l’affermarsi della Ragione, è l’enunciazione di valori che abbiano una consistenza oggettiva, come quelli della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, peraltro contestati da chi non ha partecipato a redigerli (…), quali  il diritto alla vita, alla libertà personale incluse le sue manifestazioni  cioè di pensiero, di espressione, libertà religiosa, il diritto al lavoro ecc. con i relativi corollari quali: vale di più vita che non vita. Si tratta di pietre angolari, come diceva Maritain, su cui costruire ma che di per sé non qualificano una società: in un dato tempo storico essa può  disattenderli come stiamo facendo noi, adesso, un po’ dappertutto nel mondo. Volete un esempio? Gli ugonotti danesi spogliano i profughi dei loro averi, gli americani girano armati, sovente fanno stragi nelle scuole,  lasciano morire per strada i barboni nelle metropoli, la polizia spara soprattutto sui giovani neri ecc…,ecc.
Il noto prof. Cacciari - non sappiamo se voglia passare alla Storia…, in tal caso gli auguriamo di non passarci come il Governatore di Milano, don Gonçalo Fernandez de Cordoba che lo fece  per motivi affatto diversi da quelli sperati… Il Cacciari  che oltre a fare il filosofo fà il politico (…) alla Storia ci passerà sicuramente perché era sindaco di Venezia quando bruciò La Fenice ed i lavori di restauro furono affidati dal Comune, incautamente, ad un cantiere con misure di sicurezza anti-incendio del tutto inadeguate a  far fronte anche ad eventi dolosi… La Fenice è stata ricostruita ma sembra adesso uno di quegli edifici di Venice a Los Angeles in California, rispetto a quel che era… -  scrive che il cristianesimo, per definizione, deve andare oltre la natura perché sostiene  di amare il proprio nemico… Cosa c’è di più innaturale? Un momento, illustre seguace di Gentile, non mettiamo insieme le capre e i cavoli. Odiare ed amare non sono, umanamente, pulsioni naturali ma atteggiamenti morali ed implicano una scelta: lo sostiene anche il suo amato Kant… Certo per chi ritiene che la realtà  sia inconoscibile, la natura diventa un fatto culturale, soggetta alle leggi della ragione, in voga nel tempo…
Che ci vuol fare? Noi siamo ancora di quelli che, osservando il comportamento animale e quello umano, crediamo  che ci sia una differenza di genere ‘istintuale’, di norma, si intende… Ma parliamoci chiaro: la legge si fà sulla base di un’eccezione o su quel che  plerumque accidit?
Il grande argomento nell’adozione del figliastro è che non adottarlo significa privarlo dell’amore…; quindi, l’amore tra i partners è il principio fondante. E del bene del bimbo/a qualcuno si preoccupa? Abbiamo sentito i pediatri… e il contrario avviso degli psicologi… Che evidenze ci sono giacché si tratta di fenomeno recente?
De minimisnon curat praetor.
Abbiamo anche letto che nella dichiarazione congiunta del papa col patriarca della Chiesa russa si rilevano le minacce alla famiglia voluta da Dio, cioè quella tra uomo e donna, e subito gli interpreti  alla Scalfari ci fanno sapere che in realtà il papa tace… perché, lui sì, va nel senso della Storia… Non lo crediamo affatto.
In sintesi ci sembra che il dibattito, con le proposte di compromesso come l’affido rafforzato, sia degno di giuristi del calibro del Dottor Azzeccagarbugli e non si affronti il merito in profondità  semplicemente perché non si dispone degli strumenti culturali per farlo. La cultura diventa propaganda e con tanti auguri per chi deve subire leggi stupide.


mercoledì 3 febbraio 2016

UNA GRANDE SCENEGGIATA


Carlo Biancheri

Probabilmente la società italiana si merita la classe politica che la rappresenta e che si esprime nella realtà virtuale spesso mistificata dei media ma forse i rappresentanti sono anche peggiori dei rappresentati.
Perché diciamo questo?
Ricorderete la questione delle banche, dei risparmiatori  truffati, delle manifestazioni organizzate da associazioni che ‘professionalmente’… proteggono i risparmiatori, sostenendo spesso cose inesatte, se non infondate, con la partecipazione di politici, in particolare  pentastellati, che subito dopo lo scandaletto in Campania (…)  sono stati presenti in tutte le piazze.
Scopriamo adesso quanto segue:
1. La maggior parte (circa il 75%) delle obbligazioni  subordinate  di Banca Etruria era stata collocata nel 2008, quando la situazione dell’Istituto era ben diversa dal 2015. Le obbligazioni subordinate erano collocate usualmente sul mercato europeo e, pertanto, la dichiarazione sprezzante del britannico Lord Hill, Commissario UE per i servizi finanziari, secondo cui i titoli non dovevano esser venduti al risparmiatore al dettaglio, ma ai soli investitori istituzionali, risulta una frottola.
2. I politici che si stracciano le vesti sul fatto che i  risparmiatori sono stati costretti a pagare la mala gestio delle banche non erano forse presenti in Parlamento europeo dove hanno votato a favore della direttiva, tutti contenti che non fosse più lo Stato a pagare? Per caso  i pentastellati e lo stesso Salvini (che succede col vicesegretario Rixi?) non hanno dato voto favorevole? Non si sono accorti dell’insensatezza di  chiamare i depositari  a rispondere dell’insolvenza di una banca giacché questi non hanno fatto alcun investimento in capitale di rischio? Non lo sapevano che l’elevata propensione al risparmio  delle famiglie esiste soprattutto in Italia e non certo nel Regno Unito che scrive i testi delle direttive in questo ambito? Ignoravano che la raccolta degli istituti di credito  entra  in crisi per il fatto che nessuno sottoscriverà più obbligazioni subordinate? Lo sapevano? Meglio dedicarsi all’ippica…
3. E se nella vigilanza ci fossero state delle imprudenze, come,  ad esempio, una riduzione eccessiva dei valori dei crediti non performing? Gli ispettori di Banca d’Italia a chi rispondono? Perché quasi nessuno menziona che c’è un’impugnativa in essere dove l’avvocato di parte ricorrente è l’ex Direttore Generale di Banca d’Italia Desario? Decisioni squilibrate? Nella ipotesi affermativa saremmo perfettamente in linea con gli standards italici…
4. Avete mai sentito gli imbonitori, che si tratti del martire Giannini, della sig.ra Gruber, di Flori o di giornalisti alla Travaglio, riconoscere che i loro politici  protegés sono corresponsabili per aver approvato una normativa sbagliata che crea danni seri? Sono propagandisti o cercano la verità? Forse pensano che la verità sia  dialettica, cioè un frullatore di idee: bianco, nero… facciamo grigio?
E noi dovremmo affidare le nostre sorti a personaggi immaturi o in mala fede?
Il candidato repubblicano Cruz (che non sosteniamo…) ha fatto una dichiarazione che ha colpito dopo la vittoria ai caucuses in Iowa: «media, non sarete voi a scegliere il candidato repubblicano alla Casa Bianca». Forse anche noi…