sabato 17 settembre 2016

A BRATISLAVA IL TRENO HA FISCHIATO?

Carlo Biancheri


No, non ci riferiamo alla bella novella di Pirandello, ma alla presa di posizione dell’attor giovine, inusuale per il leader di un paese come il nostro abituato ad "obbedir tacendo" in Europa, nonostante le battutine dell’amico di club, il senatore a vita Monti, che non hanno certo turbato i sonni di mutti o del presidente inesistente Hollande.
La verdissima Slovacchia, piuttosto filosovietica durante i fatti di Praga… quando era suo malgrado unita ai Cechi, ospitava il vertice informale, normalmente convocato dalla Presidenza di turno dell’Unione e, dopo la Brexit, volto a rilanciare un’immagine di Europa unita.
Vediamo in fila i fatti.
Alla vigilia del vertice, Juncker, nel suo intervento sullo stato dell’Unione al Parlamento europeo, aveva dichiarato di non aver mai visto un’Europa così poco solidale al suo interno, con  i governi immobilizzati dalle proteste dei vari populismi nazionali, in pratica un atteggiamento che svuota i Trattati ed impedisce di affrontare qualsiasi problema serio in chiave europea.
Quando c’è una divergenza in Europa i problemi escono dal tavolo perché vengono accantonati, aspettando tempi migliori, e così è stato a Bratislava nel castello dove, sull’emigrazione, Hollande ha dato uno zuccherino ai paesi che devono sopportarne il fardello  e che sono in prima linea, affermando nel contempo che il diritto d’asilo deve esser rispettato –secondo le regole di Dublino, accordo in cui fu coinvolto per noi il Frattini che forse non capiva l’inglese…? Ricordiamo che il Trattato prevede che i rifugiati debbano chiedere asilo nello Stato membro di primo ingresso…- mentre sul fiscal compact, cioè i vincoli di bilancio, vi è stata una sorta di fin de non recevoir, dicono i francesi, cioè per dirla papale, papale: orecchie da mercante.
Renzi non ha partecipato alla prepotente conferenza stampa del direttorio franco-tedesco perché non condivideva le conclusioni del vertice, dice lui, mentre i francesi hanno lasciato, perfidamente, trapelare che non fosse stato invitato… Cosa credeva dopo Ventotene di esser entrato nel gruppo dei paesi che decidono? Quante pagnotte deve ancora mangiare il nostro attor giovine prima di crescere?
La situazione in cui siamo è anche frutto di una miriade di errori fatti dai nostri nei decenni.
Per moltissimo tempo, la Comunità europea è stata considerata qualcosa di lontano in Italia -si menziona sempre il caso di Malfatti che non volle guidare la Commissione preferendo un posticino in Italia…- e nei Ministeri l’importanza delle decisioni europee era residuale. Si affidava al MAE la gestione e tutto finiva nel rispetto delle procedure e nell'adesione alle pressioni delle lobbies più che su una seria analisi di merito dei temi in discussione.
Addirittura, all’inizio della Comunità, il funzionario ministeriale che partiva per le riunioni del Consiglio a Bruxelles, a mo' di viaggio premio per via della diaria (a Bruxelles ci sono i cioccolatini, les moules e la zona rossa…) riceveva dal suo dirigente le seguenti istruzioni: attenetevi alla posizione della delegazione francese… Il dramma si consumava quando la delegazione francese era assente e l’Italia si doveva pronunciare… Pochi capivano e conoscevano il contenuto dei dossiers, anche gli interventi dei delegati italiani nei gruppi di lavoro risultavano spesso incomprensibili perché tradotti da interpreti incompetenti, convinti anch’essi che quel che veniva dal Bel paese non fosse rilevante. Ricordo in una riunione al Consiglio europeo che un delegato italiano parlava di patti di sindacato nel diritto delle società e l’interprete traduceva in inglese: Trade unions; i partecipanti pensarono che la delegazione italiana avesse sbagliato riunione! 
L’Italia, poi, era in testa a tutte le graduatorie nelle procedure di infrazione per mancato recepimento delle direttive comunitarie con condanne conseguenti della Corte di Giustizia. Impossibile per i Commissari europei nelle loro visite a Roma incontrare ministri a conoscenza dei problemi in discussione; di solito si finiva per parlare delle bellezze turistiche d’Italia.
E’ chiaro che la capacità di ottenere ascolto e il ruolo di mediazione importante che il Paese avrebbe potuto svolgere come membro del Club Med, che si fonda non tanto su fattori culturali ma su interessi oggettivi che contrappongono Nord e Sud Europa, si riduceva a poca cosa, con rilevantissime eccezioni quando grandi Rappresentanti permanenti italiani tenevano in pugno il Coreper che è la Segreteria del Consiglio Europeo. Un po’ meglio andò con Prodi, Presidente della Commissione Europea che non riuscì, però, a scalfire il direttorio, anche perché l’ipotesi federalista, di ispirazione massonica, è del tutto prematura e non tiene conto di stadi di sviluppo diversi dei paesi, della cultura e di tanti fattori che avrebbero reso molto più efficace una gradualità.
Poi venne la Merkel – non va mai dimenticato che questa donna è dell’Est Europa ed è vissuta sotto il regime di Honecker, dove ciò che contava era sopravvivere, a qualsiasi costo, delazione e tradimento dei familiari inclusi…- in Francia l’ungherese Sarkozy, in Spagna Aznar che ha creato la bolla edilizia e massacrato le coste spagnole (conoscete Benidorm in Catalogna?) con scandali a non finire, da noi il cavaliere che ha così ben operato e che si interessava ai rapporti con l’ex alcolizzato George Bush, con Putin o Erdogan,  indebolendo il quadro europeo. La callida Merkel metteva a capo della Commissione, dopo Santer lussemburghese…, il portoghese Barroso, un personaggio servile che si qualifica da sé con il procedimento cui è sottoposto adesso, ostile agli italiani che conosceva venendo dal Club Med. Riusciva,  inoltre, a spezzare il Club stesso con l’opudeista Rajoy che non guardava più al Sud ma al Nord Europa anche perché il dialogo con Berlusconi era impossibile.
L’immagine conta eccome e l’attacco all’Italia sui mercati finanziari alla caduta di Berlusconi è anche dovuto al fatto che la percezione era quella di uno Stato fallito che non riesce a debellare la mafia e la corruzione, a riformare la giustizia, a rendere efficiente la PA, ad avere politici competenti. Nei mercati come nella vita contano i rapporti di forza.
Renzi ha fatto bene a protestare ma bisogna sapere  che se si imbocca questa via occorre andare fino in fondo.
Prima di tutto bisogna fare proposte credibili e formalizzarle in tutte le sedi. Bisogna evitare di essere criticabili sul rispetto degli impegni assunti e, soprattutto, esser pronti senza annunci declamatori ad operare mostrando in ogni decisione che se il mercato interno continua così e la Commissione non fà l’enforcement ai tedeschi o ai francesi per il mancato rispetto degli obblighi comunitari, e ci riferiamo all’eccedenza tedesca sulle esportazioni o allo sforamento costante del deficit da parte di francesi, va valutato il costo beneficio della nostra permanenza. Il nostro debito non può essere una condanna perpetua, volta ad escluderci dalle decisioni che contano, tuttavia questo richiede di riformare davvero il paese. Poco è stato fatto per creare una massa d’urto di paesi con interessi convergenti. Dovevamo aver legami molto più forti con Romania, Bulgaria, Croazia e Grecia e non lasciare ai tedeschi la possibilità di esercitare la loro influenza economica preponderante. Nei costi /benefici tutti vogliono salvare il mercato interno e lo si vede dall’insistenza degli inglesi a voler mantenerne i vantaggi, senza esser assoggettati alle norme. Tuttavia, se questo si traduce in sudditanza ed in perdita permanente per noi… occorre riflettere se non esistano alternative. Le nostre proteste non saranno, però, credibili se non diamo la sensazione di fare sul serio e le celebrazioni di Roma a marzo 2017 significano poco per chi ci considera in fondo, in fondo gente buona per "spaghetti e mandolino"…


4 commenti:

  1. Secondo le in Europa ci darà più prestigio se al referendum vince il SI o il NO?



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    1. All’estero, tranne pochi sofisticati addetti ai lavori, del Bel Paese si sa poco e circolano luoghi comuni e stereotipi.
      Tutti capiscono, però, che non si può continuare così, perché i mali del paese durano da decenni e nessuno vi pone mano in modo radicale. Per questo la riforma gode di buona stampa, come si suol dire, indipendentemente dai contenuti sui quali nutriamo le più ampie riserve.
      Quello che i "puri partigiani del no" non capiscono è che, a forza di presentarsi come un paese diviso e pasticcione, il cordone sanitario attorno a noi si fa sempre più stringente, con conseguenze pratiche rilevanti, mentre saggezza e prudenza imporrebbero un po’ di mediazione, di realismo: sui migranti, per esempio, noi spendiamo due miliardi e mezzo di Euro l’anno e l’UE ci rimborsa 350 milioni in sette anni…

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  2. Come valuta il discorso di Renzi all’ONU in rapporto alla sua presa di distanza da Germania e Francia a Bratislava?

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    1. Mi è sfuggito il discorso all'Onu. Ho sentito: "se l'Europa continua così dovremo fare da soli". Certo..., ma riusciremo a far ben poco. I giornalisti che, come noto, non conoscono come stiano le cose, non spiegano che l'aiuto allo sviluppo (in Italia la percentuale sul PIL è risibile) suppone interlocutori di governo dei paesi di origine seri che non ci sono, nella maggior parte dei casi. Sopratutto, ci vogliono anni per vedere gli effetti degli aiuti. E nel frattempo?

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