lunedì 1 agosto 2011

SCAMPATA CATASTROFE SUI MERCATI FINANZIARI INTERNAZIONALI


Carlo Biancheri

Sembra che  il mondo non  sarà costretto   ad affrontare  un'altra crisi finanziaria dai risvolti imprevedibili a seguito del primo default nella storia degli Stati Uniti d'America per l'impossibilità del Governo federale di far fronte ai suoi impegni finanziari. E' noto che il Governo federale non può aumentare il livello del debito pubblico, senza l'accordo di Congresso e Senato e un mancato accordo provocherebbe  conseguenze catastrofiche su tutti i mercati finanziari mondiali, tenuto conto dell'internazionalizzazione dei  mercati stessi. Va ricordato che nel preambolo alle Memorie di Adriano, Marguerite Yourcenar sostiene che non sarebbe stata attratta da Adriano se questi non si fosse interessato all'economia, la vita quotidiana della gente...: il nostro destino, appunto, in mano ai nuovi imperatori. Obama non somiglia neppure lontanamente ad Adriano... che cercava la 'mediazione' tra popoli e culture diverse con ben altra finezza e spessore: basta visitare la sua villa a Tivoli e vedere quel che resta della biblioteca latina e di quella greca per comprenderlo o, più semplicemente, ammirare la raffinatezza delle statue che gli appartennero o soffermarsi dinanzi alle colonne che restano sotto all'Acropoli, ad Atene...
E' noto che in America si affrontano due weltanschauung: quella dei wasp (bianchi anglosassoni protestanti) per lo più repubblicani, comprensivi  delle posizioni becere dei sostenitori  dei tea party di cui era  rappresentante quella Sarah Palin, la governatrice dell'Alaska, candidata come vice-presidente contro Obama alle ultime elezioni americane, per certi versi, assimilabili alla nostra Lega, quanto a rozzezza di proposte e di linguaggio. Gente da televisione Fox, che non si riesce a vedere neppure due minuti, perché già il tratto, il modo  di esprimersi del presentatore, il linguaggio da bettola rinvia all'aspetto animalesco dell'uomo - animale razionale diceva Aristotele... - e quella dei democratici, non necessariamente tutti dei liberals ma consapevoli, almeno, che la proprietà privata, il benessere individuale non costituiscono il valore assoluto della vita: esistono altri beni, quali la convivenza, il rispetto degli altri, la solidarietà umana. I repubblicani in questione esprimono bene  quella mentalità di vita on the road, di cui, urbanisticamente, è perfetta espressione un agglomerato urbano allucinante, senza centro, come Los Angeles (altro che piazza medievale dove ci si incontra e si scambiano le idee, si negozia...). Una visione del mondo 'sulla strada' che incide profondamente nei rapporti umani: famiglia, lavoro, qualità dell'amicizia; tutto si fonda sul temporaneo e sul precario, fin  dai tempi della conquista del West, dove ogni tanto qualcuno cascava morto dai carri e non era la regola che la carovana  si fermasse a seppellirlo...; i processi erano sommari, gestiti da un giudice eletto a furor di popolo..., che decideva, per lo più, secondo le sue personali convinzioni: l'esito era spesso l'impiccagione. La proprietà privata 'precedeva' lo Stato nell'ordine dei valori, la volontà della maggioranza era la legge, senza tante costrizioni: molta violenza insieme a molte libertà individuali. Una violenza presente nella cultura quotidiana; per fare un esempio, se uno entra nel giardino non cintato di una casa privata ed il padrone gli dice “Freeze” (fermati) e l'intruso non sente e va avanti, il padrone di casa ha diritto di sparargli ed ammazzarlo e va assolto..., nell'assunto che l'intrusione possa costituire una potenziale minaccia alla sua incolumità: il fatto successe in Virginia alcuni anni fa e lo ricordo bene perché lo lessi sui giornali di Washington DC.
Nel dibattito americano, una sceneggiata politica in vista delle prossime elezioni presidenziali..., emerge però, anche in questa occasione, una  discussione tecnica che non chiarisce bene, come in molte altre occasioni, le scelte politiche sottostanti.
Volete un esempio?
Avete mai letto sui giornali le cause vere del disastro finanziario che ha scatenato forse la maggior crisi economica dalla fine della seconda guerra mondiale e che stiamo tuttora vivendo? Qualcuno  ha detto chiaramente come sia stata possibile una bolla finanziaria del genere che ha distrutto la vita e le speranze di milioni di persone?
Keynes diceva che un mercato senza regole non è un mercato ma una giungla. I grandi intermediari finanziari del mondo, principalmente le banche ma anche le compagnie di assicurazione, i fondi ecc. .., per lo più di matrice anglosassone, hanno operato indisturbati e sono riusciti a far sì che non si analizzasse veramente il cuore dei problemi  e vi si mettesse mano, Europa inclusa.
Abbiamo avuto le analisi macroeconomiche del Presidente della FSA, Lord Turner, considerate ormai come la bibbia... che non spiegano affatto le ragioni del disastro; non c'è stato nessuno che abbia individuato chiaramente come  sia stato possibile per i più grandi  intermediari del mondo (per inciso, gli stessi coinvolti nelle truffe Enron prima e Parmalat poi...) spacciare così a lungo i prodotti finanziari fraudolenti come  i c.d. sub-prime, senza che nessun controllore intervenisse. Perché, in molti Paesi chiave, nessuno ha verificato la sussistenza di adeguati  requisiti patrimoniali degli intermediari, il mancato rispetto dei quali ha favorito il fallimento dell'intero sistema bancario inglese, irlandese ecc...? (la ministra spagnola dell'economia ci ha annunciato, di recente, dopo l'esito degli stress-tests sulle banche, che in caso di crisi rilevante i requisiti patrimoniali delle banche non servono: è vero. Ma qual è la conclusione? E' inutile prevederli?).
In verità, c'è stata una precisa scelta politica: quella del lasciar fare l'industria finanziaria a spese dei risparmiatori, le pecore da tosare.

...negli Stati Uniti

Si cominciò con Clinton (non è che i democratici siano tutti delle mammolette...) che nominò a capo della SEC americana, fino ad allora molto rigorosa, Arthur Levitt, un milionario suo amico e finanziatore della campagna elettorale, che ebbe come approccio quello del controllo  light touch, insieme a Howard Davies (dimessosi di recente da Presidente della London School of Economics, a seguito dei soldi ricevuti dal figlio di Gheddafi per il dottorato...) della FSA nel Regno Unito che propugnava, sulla scia della Thatcher e poi di Blair la de-regulation o meglio la regolamentazione basata su principi e non su regole: gli intermediari dovevano decidere caso per caso come  attuare i 'principi', al loro buon cuore...; in pratica il mercato si doveva auto-regolamentare per raggiungere la miglior efficienza: si è visto come è andata... Contemporaneamente, alla Commodity Futures Trading Commission, che controlla il mercato dei prodotti derivati statunitensi, Chicago principalmente per intendersi..., che tanta parte hanno avuto nelle varie crisi, si decideva, con la presidente Brooksley Born, di disinteressarsi delle posizioni assunte dagli intermediari fuori mercato (over the counter), facendo finta di ignorare il peso  di questo segmento sui prezzi negoziati sul mercato. Un po’ come in Italia, prima che si introducesse l'obbligo di concentrazione (poi fatto abolire dalla direttiva Mifid, grazie agli inglesi e tedeschi...) delle transazioni sul mercato di borsa: sul mercato andava circa il 30/40% del volume totale delle transazioni ed il resto si faceva 'al buio', fuori mercato. Il ”Financial Times” scriveva giustamente: non investite sul mercato italiano perché è un mercato di 'insiders' (leggi , di imbroglioni), in quanto i prezzi che si pubblicano sul mercato non sono significativi rappresentando solo il 30% del totale delle transazioni. Pensate un po’ se il valore al mq del mercato immobiliare nel centro storico di Roma o Milano fosse determinato dal 30% delle transazioni effettuate in quella zona...
Poi venne Bush e i presidenti della SEC erano addirittura membri del Congresso (abbiamo imparato da lì anche noi?) o amici suoi che avevano il mandato  specifico di far sì che i controllori non disturbassero l'industria finanziaria; regnante al Tesoro era il 'mago' Alan Greenspan, che ampliava la liquidità a dismisura per mantenere la vita 'a prestito' degli americani (meriterebbe un processo, allo stesso titolo dei presidenti del Consiglio italiani che  hanno aumentato in modo demenziale il debito pubblico italiano, scaricandone le conseguenze sulle generazioni future, cioè noi, adesso...). Si fecero grandi proclami sui revisori contabili, dopo lo scandalo Enron, si soppresse  la Arthur Andersen (all'epoca il maggior consulente e revisore mondiale), si formularono  principi di revisione internazionali, d'indipendenza dei revisori, si  adottarono in Europa principi contabili internazionali, si votò in tutta fretta negli USA il Sarbanes Oxley Act... eppure, quando si trattò di verificare quel che avesse fatto Madoff, la SEC (i suoi ispettori...) fu del tutto inefficace se non  acquiescente: il cane da guardia dei mercati, il protettore degli investitori risultava un buon amico  dei profittatori. Da qui gli annunci di sfracelli di Obama, in campagna elettorale e l'imbarazzo dei repubblicani. Ma una volta eletto, il Presidente nominò a capo della SEC,  Mary Shapiro, molto amata dall'industria..., nella sua veste di vigilante del Nasdaq, già presidente della CFTC e commissaria SEC, creando, nel contempo, un nuovo organo federale per la protezione dei consumatori (il Presidente è stato appena nominato dopo due anni...) con duplicazioni di controlli rispetto a quelli posti in essere  dalla SEC stessa: una confusione.

...in Europa

Mica  si è operato meglio in Europa col Commissario del mercato interno, il francese Barnier, che è riuscito nell'impresa di far nominare come direttore esecutivo della nuova autorità di vigilanza sui mercati di borsa, ESMA, una inglese, tedesco-inglese, che viene da una cultura di bassa regolamentazione e vigilanza (il grande argomento inglese control'introduzione di maggiore regolamentazione è sempre quello che il mercato emigrerebbe su piazze meno controllate. E allora? I prodotti dove si vendono? Nelle isole caraibiche?).
Il Commissario in questione ha annunciato al mondo di voler controllare le Agenzie di rating, affidandone la vigilanza all'ESMA, che deve esser ancora a lungo rodata... (sia detto per inciso i nostri parlamentari della Commissione finanze della Camera sono così provinciali che hanno, secondo i giornali, denunciato le agenzie di rating all'ESMA per le valutazioni espresse sui titoli pubblici italiani... Le prove di un abuso di mercato, chi le raccoglie? La Consob che rappresenta l'Italia in un ruolo minore...nell'ESMA? su commissione del Parlamento...?).

...che fare?

Fino a che non si affronterà il toro per le corna e non si capirà che :
- i mercati finanziari che operano correttamente e che sono vigilati in modo efficace e tempestivo sono la condizione necessaria per consentire la raccolta di capitali senza cadere in una giungla;
- la concorrenza tra Stati, anche all'interno dell'UE, tra  paesi esportatori ed importatori di servizi finanziari rischia di vanificare le regole del gioco: si pensi al Lussemburgo che vive da parassita di arbitraggio regolamentare, 'di fatto', cioè nei controlli quotidiani..., ma anche altri Paesi esportatori di servizi come Austria (Banca Medici dice nulla?), Regno Unito... e, prima della caduta..., l'Irlanda;
- se non opera una efficace cooperazione internazionale costante e non sollecitata tra organi vigilanza, si possono continuare a perpetrare frodi o  creare un doping nel sistema per eludere le maglie strette della vigilanza di un singolo Paese: non solo opera il passaporto europeo nel settore finanziario ed il controllo del Paese di origine (prodotti come fondi comuni d'investimento oppure offerta di servizi d'investimento) ma esistono accordi in tal senso anche con Paesi al di fuori della UE, dove i controlli sono del tutto teorici (qualcuno conosce come operano i controllori dei mercati in Cina, India o Russia? o a Singapore?);
- bisogna esercitare pressione sui  centri off-shore (isole caraibiche, isole del canale, Svizzera, Gibilterra... Monaco, Liechtenstein, San Marino...ecc. Ricordo che un contadino del Liechtenstein era membro del consiglio di amministrazione di venticinquemila società...) che sono un vulnus nel sistema di connessione dei mercati internazionali e non solo per ciò che attiene al riciclaggio del denaro sporco o all'antiterrorismo o alle frodi fiscali ma anche alla mancanza di regolamentazione e di controlli dei vigilanti locali. Si pensi agli Hedge funds domiciliati in tutti i paesi off-shore che offrono servizi a residenti di Paesi non off-shore e che hanno tanta parte nelle crisi ricorrenti. Gli interessi a mantenere lo status quo sono stati fin qui preponderanti...;
- occorrono regole comuni poste in essere in ogni Paese per cui se in Italia si proibisce di vendere allo scoperto un titolo non deve esser consentito che lo stesso si possa tranquillamente a vendere a Londra, ad esempio...;
- il buon fine delle transazioni deve esser assicurato da organismi che rispondano a standards e  metodi di vigilanza internazionalmente accettati;
ecc.,ecc.
Un programma così dovrebbe esser posto in essere da chi? Leader in Europa sono la Merkel e Sarkozy, non certo chi ha a cuore la nipotina di Mubarak...; ma la prima è cresciuta in un paese dell'Est, dove la norma era una variabile nelle mani del capo di turno e l'arbitrio la regola...; il secondo è figlio di immigrati ungheresi che ancora deve capire che la Francia, essendo al cuore dell'Europa occidentale, se non svolge un ruolo di guida per tutti smarrisce la propria identità.




12 commenti:

  1. Voglio ringraziare molto Biancheri per questo suo post così chiro ed interessante, finalizzato a spiegare "di che lagrime grondi e di che sangue" la finanza mondiale, oggi il vero tiranno, per noi povere "pecore da tosare", piccoli risparmiatori, che con fatica abbiamo messo insieme qualche risparmio per eventuali imprevisti e situazioni difficili. Saprebbe anche darci qualche consiglio per cautelarci ed evitare di avere inaspettate pedite disastrose?

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  2. Oggi al tg1 delle 13.30 (http://www.tg1.rai.it/) abbiamo avuto un'ennesima dimostrazione della situazione disastrosa e drammatica in cui ci troviamo a causa delle persone nelle cui mani ci troviamo. Ma è possibile che della nostra ipercritica situazione economica ne discutano in casa, magari davanti al fiasco con pane e salme, un Bossi padre, ormai inebetito, da interdire, altro che da tenere al governo, un Bossi figlio, stupido, come ha ampiamente dimostrato a scuola, con la madre che ancora mastica sullo sfondo o chi altri sia quella donna lì. Ma quelli cosa ne sanno di finanza?cosa ne capiscono? e poi il dentista CALDEROLI sogghignante e Tremonti che sembrava lì a prendere ordini.
    Ma dobbiamo stare in mano a quella gente lì per il nostro destino? per il futuro dei nostri figli? perché non facciamo anche noi come nei paesi arabi un bel tam tam in rete e scendiamo in piazza a cacciarli?

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  3. E così quello che diceva che mai avrebbe messo le mani nelle nostre tasche, ha aspettato che venisse ferragosto, quando tutti sono distratti dalle vacanze o al meno dalla gita fuori porta per la grigliata e l'h fatto. E nessuno dice niente, tanto meno l'opposizione che tira fuori un'idea scema come quella di una tassa retroattiva. A me però questa manovra pare più dannosa che utile. Vi faccio solo due esempi. Torchiare le famiglie farò diminuire i consumi. Pensiamo al mercato dell'auto. Chi cambierà macchina nei prossimi anni? Ben pochi. E così il mercato dell'auto entrerà in crisi e andrà sostenuto con incentivi vari, per evitare licenziamenti, cassa integrazione, ecc. E così molti altri settori. Poi abolire comuni e province cosa porterà? alla perdita del lavoro per un mucchio di gente? peggio ancora per i consumi. E cosa pensano di farne di tutti coloro che lavorano nei comuni e nelle province che verranno soppresse? cassa-integrati? nel Sud ci sono paesi e cittadine dove la stragrande maggioranza degli occupati dipende dagli enti locali: interi paesi a zonzo? ma quello che gli gronda il cuore (ridicolo!) c'ha pensato. Per spazzare via mussolini e la sus cricca c'è voluta la guerra con i bombardamenti e i morti in Russia, pensavo che la débacle economica a questo qui bastasse, ma lui tira fuori le colpe dei democristiani (dopo che è al potere da 20 anni) e la situazione internazionale!Ma è possibile che la gente non se ne accorga che in 20 anni non ha fatto niente e che l'opposizione non sappia dire niente, non dico di sinistra, ma niente di niente? ha rimbecillito proprio tutti con le sue TV?

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  4. Sì,è paradossale che ci sia gente che ancora sostiene un personaggio che per aver malissimo governato ci ha portato in questa situazione.
    L'arroganza piduista fa dire a molti nel governo che quel che stiamo vivendo è frutto della crisi economica internazionale...: ciò è in parte vero, ma cosa è stato fatto( meglio..., cosa non è stato fatto) per mettere al riparo il Paese da questi eventi? Se uno deve affrontare il mare aperto non si attrezza?
    Il Presidente del Consiglio doveva difendersi dai processi ingiusti, poverino (ma che c'entriamo tutti noi?) era troppo occupato per governare (veramente ci ha detto più volte che lavorando tanto..., aveva pur diritto a qualche 'cena elegante'...); il Ministro dell'Economia e delle Finanze si è baloccato per anni con le sue amicizie, oggetto di indagine per reati, e con le sue teorie economiche strampalate... Il conto dei sacrifici, fin qui, è stato pagato dai soliti noti e non dagli evasori,che sono moltissimi. Perché il tributarista (mica economista...) Tremonti, negli anni scorsi, non ha avviato un tentativo serio, in tutte le sedi internazionali, per instaurare una viglianza efficace ed una regolamentazione rigorosa sui mercati finanziari?Perché non sapeva neppur lui di che si trattasse... né ascoltava chi sosteneva la necessità di maggiori controlli.
    Abbiamo più volte detto in questo blog che uno dei problemi principali in Italia è la qualità della spesa pubblica (un mare di soldi mal spesi e buttati dalla finestra, per mantenere gli 'equilibri' a favore dei sostenitori... che poi risultano essere mammolette come i costruttori dell'Aquila...), la necessità di favorire la crescita economica e quindi la mobilitazione dell'intera società per questo scopo...
    Ma... può esserci sviluppo quando siamo governati dalla P4, come emerso da ultimo? Hanno a cuore il bene collettivo questi signori?
    Forse il malessere è più profondo ed è individuabile in una sfiducia nel futuro, in uno spessore umano incapace di sacrificare il proprio tornaconto, il proprio 'benessere'... al vivere insieme 'umanamente'.

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  5. Ma avete visto che schifezza? La seduta in senato di incardinamento della manovra che ci fa grondare lacrime e sangue a noi, altro che al cuore di Berlusconi, erano presenti 11 senatori, compreso il presidente di turno, ed è durata 6 minuti! Con tutti i soldi che si prendono non hanno neanche la decenza di salvare la faccia e noi sopportiamo e magari la prossima volta li rivotiamo pure.

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  6. Io non sono d'accordo sulla questione delle province: è una gran stupidaggine. Anzi, secondo me, è uno specchietto per le allodole per l'Europa, tanto per far vedere che facciamo qualcosa, anche se poI, al di là delle parole, sono sicuro che non se ne farà un bel niente. Io vivo a La Spezia, che dovrebbe essere soppressa e accorpata con Massa per fare la provincia dell'Apuania o delle Alpi Apuane (poi si discuterà per mesi sul nome e magari bisognerà fare pure un referendum!). Comunque in Liguria rimarrebbe solo Genova, perché anche Savona e Imperia sono sotto, però Vaccarezza, presidente a Savona, ha già detto che loro si aggregheranno a Cuneo e cambieranno regione, così cosa si farà di Imperia? La si aggregherà a Genova,senza continuità terrritoriale? magari poi quelli vorranno mettersi con la Francia... Secondo me, nasceranno tanti di quei casini,che dovranno desistere...

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  7. L' America l'avrà scampato il pericolo, ma noi no, anzi siamo nella confusione e nell'incertezza più nera e pare che nessuno sappia più cosa fare. Sarkozy e la Merkel propongono la Tobin tax, tutti gli esperti dicono che non serve e sui mercati sembra che l'idea porti danni; altri dicono che, essendoci una moneta unica in Europa, ci vorrebbe un governo economico unico: che però abbia delle buone idee, non la Tobin tax!.In Italia peggio che mai! non si sa far altro che tirare di nuovo fuori la questione dell'accorpamento delle festività (che novità!): ma se le aziende non hanno commesse, cosa se ne fanno di giorni di lavoro in più? e poi Di Pietro e Bersani litigano su chi ha avuto per primo l'idea di tassare gli scudati: sembrano i capponi di Renzo! ma nessuno ha ancora capito che per noi tutto il male viene dall'euro, dall'essere terreno di speculazione dei grandi gruppi di manovra europea? ci vorrebbe un po' di autarchia...

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  8. C'è un'immensa cassaforte con cui risanare il Paese, ma che nessuno vuole aprire. Nella fauci dei poteri forti tutti noi gettiamo ogni anno il valore di una finanziaria.
    La manovra economica approvata dal Senato non elimina né taglia gli sperperi della spesa pubblica. All'ultimo istante sono state risparmiate anche le prebende della casta parlamentare e nonostante quanto emerge dall'inchiesta sul sistema Sesto San Giovanni - e cioè il gigantesco intreccio tra l'uso della spesa pubblica e dell'urbanistica contrattata per fare cassa a favore delle lobby politico imprenditoriali - né la maggioranza né l'opposizione hanno posto all'ordine del giorno il prosciugamento del fiume di denaro pubblico che sfugge ad ogni controllo democratico. Il "sistema Penati" sta lì a dimostrare che esiste una gigantesca cassaforte piena di risorse che non viene neppure sfiorata dai provvedimenti economici in discussione in Parlamento: lì c'è un grande tesoro che permetterebbe di non tagliare lo stato sociale e risanare il paese.
    Il tema del taglio al malgoverno urbano tornerà sicuramente all'ordine del giorno, perché tra qualche mese ricomincerà la grancassa del «non ci sono i soldi» e - complici le autorità europee - ripartirà la rincorsa per tagliare i servizi, tagliare le pensioni, vendere le proprietà pubbliche. Vale dunque la pena riprendere il discorso e mettere in rilievo le possibilità di rovesciare i canoni del ragionamento fin qui egemone per interrompere una volta per tutte la grande rapina dei beni comuni, delle città e del territorio.
    Il denaro pubblico viene intercettato dalle lobby politico-imprenditoriali attraverso sei grandi modalità. La prima riguarda le opere pubbliche. Il volume degli investimenti pubblici nei grandi appalti è pari a circa 20 miliardi di euro ogni anno. Appena pochi mesi fa un giovane "imprenditore" (Anemone) con il fiume di soldi guadagnato in generosi appalti offerti dalla cricca Bertolaso ha potuto permettersi di contribuire all'acquisto di una casa per l'ignaro ministro Scajola: quasi un milione di euro. Ad essere prudenti una percentuale intorno al 20% ingrassa le tasche della politica corrotta e delle lobby: 4 miliardi ogni anno. Qualche tempo fa ci hanno ubriacato con l'esempio virtuoso dell'unificazione degli acquisti delle siringhe per il sistema sanitario nazionale perché ogni regione spendeva somme differenti. Tanto rigore per pochi spiccioli, mentre non sappiamo controllare quanto costa costruire una scuola o una strada.
    Un secondo capitolo strettamente connesso al precedente è che molte opere pubbliche non servono alla collettività, ma vengono decise da sindaci che si sentono abilitati a compiere qualsiasi nefandezza perché «eletti dal popolo». Come a Parma, dove una falange di amministratori ha sperperato miliardi di euro in grandi e inutili opere. Ora il comune è sull'orlo della bancarotta (seicento milioni) e il sindaco è ancora lì, barricato nel palazzo. O come nel caso della faraonica piscina voluta dall'ex sindaco di Roma Veltroni a Tor Vergata: occorrerà spendere un miliardo di euro per farla funzionare. O, come emerge dall'inchiesta di Sesto San Giovanni, appalti inventati appositamente per rimpolpare i bilanci delle aziende pagatrici di tangenti (la milionaria illuminazione della tangenziale, ad esempio), o attraverso l'affidamento a prezzi protetti di servizi pubblici, come il trasporto urbano. Anche in questo caso una stima prudente ci porta a dire che possono essere risparmiati almeno 4 miliardi ogni anno.
    (continua)

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  9. (continuazione del commento precedente)

    Ci sono poi le poste maggiori: quelle che intercettano la spesa pubblica corrente. Per la sanità pubblica si spendono oltre duecento miliardi di euro all'anno e ci si è dimenticati troppo in fretta lo scandalo della sanità della Puglia, quelli ricorrenti di Milano e della Lombardia, quello del Lazio di Storace, della Liguria, dell'Abruzzo. Episodi che derivano dall'uso spregiudicato del taglio delle prestazioni pubbliche e il loro affidamento - a prezzi senza controlli - agli amici di turno. Riportando a sistema la spesa sanitaria c'è spazio per risparmiare decine e decine di miliardi di euro.
    C'è poi il capitolo della "privatizzazione" della pubblica amministrazione che sta distruggendo lo Stato e - contemporaneamente - ci costa un fiume di soldi. Il fedele collaboratore di Giulio Tremonti, Marco Milanese, arrotondava il suo non modesto stipendio da parlamentare con consulenze milionarie a carico di istituzioni pubbliche. Proprio in questi giorni abbiamo scoperto che una giovane di 33 anni, di indubbie attitudini artistiche, era stata nominata consulente della Finmeccanica a spese nostre. Del resto, anche quel campione di moralità di Valter Lavitola è consulente della Finmeccanica. Si potrebbe poi continuare nel calcolare quanto costa alle casse pubbliche la grande abbuffata operata dalla giunta comunale guidata da Gianni Alemanno nel moltiplicare posti di lavoro (centinaia di persone!) nelle municipalizzate romane.
    E proprio nell'erogazione dei pubblici servizi si sperpera un altro fiume di risorse economiche attraverso un impressionante numero di società di scopo. La cultura neoliberista è riuscita a far passare i concetti di "efficienza" e in nome di questo totem ad esempio a Parma sono state create 34 (trentaquattro) società partecipate per gestire l'ordinarietà. Anche nell'area bolognese e in molte altre città i servizi pubblici sono gestiti da un numero imponente di società. Presidenze, consigli di amministrazione, consulenti d'oro che riportano docilmente i soldi ai generosi decisori. E invece di disboscare questa foresta di ruberie hanno provato a tagliare la democrazia sciogliendo i piccoli comuni!
    Con queste prime cinque voci si arriva a oltre 40 miliardi di euro: l'ammontare dell'attuale finanziaria. C'è poi l'ultimo capitolo che riguarda la madre di tutti gli imbrogli, l'urbanistica contrattata. Essa è diventata l'unica modalità con cui si trasformano la città. Le regole generali sono state cancellate e di volta in volta si decide sulla base delle convenienze. Sull'area Falk servono più cubature? Nessun problema. Un accordo di programma non si nega a nessuno: il sindaco passerà all'incasso di una parte delle gigantesche plusvalenze speculative prodotte e ci farà campagna elettorale. Sulle aree dell'Idroscalo deve essere costruita una mostruosa città commerciale? Ecco pronto un altro accordo di programma completo del ringraziamento economico spesso veicolato da progettisti compiacenti. Questa patologia vale ormai per tutti i comuni, grandi o piccoli che siano.
    Il quadro che abbiamo delineato sembra non presentare apparentemente differenze rispetto al recente passato. Ruberie e scellerati sperperi di denaro pubblico ci sono sempre stati: c'è Tangentopoli a dimostrarcelo. Ma il fatto nuovo è che la legislazione liberista affermatasi nel ventennio ha reso il meccanismo perfetto. Non ci sono infrazioni alle leggi perché sono le stesse norme approvate in questi anni a consentire ogni tipo di arbitrio.

    (continua)

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  10. (continuazione del commento precdedente)

    Altro che tagli e vendita del patrimonio di tutti, dunque. Basterebbe ripristinare la legalità e risparmiare quanto gettiamo nelle voraci fauci dei poteri forti. E' venuto il momento di dire basta, altrimenti ci vendono l'intero paese, democrazia compresa. E' questa la sfida che la nuova sinistra ha davanti. Una sfida per delineare un futuro diverso. Per risanare lo Stato, per far vincere le competenze sulla palude di mediocrità che sta soffocando il paese. Per dare una prospettiva ai giovani e al mondo del lavoro.

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  11. Dopo il tracollo del settembre 2008, la finanza pubblica dell’Occidente ha iniettato nel sistema bancario enormi quantità di denaro per far fronte alla crisi di liquidità che l’esplodere della bolla speculativa aveva generato. Mai nel dopoguerra si era assistito a un piano di salvataggio di così ampie e sistemiche proporzioni realizzato a suon di miliardi di euro/dollari per ricapitalizzare il sistema bancario americano ed europeo. Con quella manovra si voleva evitare che il collasso del sistema finanziario trascinasse con sé l’intera economia mondiale dando il via a una recessione analoga a quella degli anni ’30.
    Nel 2010, nel giro di pochi mesi, i principali istituti finanziari e bancari sono tornati a macinare profitti, grazie agli impieghi realizzati proprio con la liquidità addizionale messa a disposizione dagli Stati. Impieghi finanziari che solo in minima parte hanno favorito progetti imprenditoriali e industriali diretti. La stragrande maggioranza di quelle risorse sono invece tornate – come se nulla fosse successo pochi mesi prima – a puntare sui prodotti offerti dalla finanza speculativa e d’azzardo.
    Insomma, mentre gli Stati s’indebitavano, buttando nel cestino, nel volgere di pochi giorni, decenni di dichiarazioni solenni sull’inderogabilità dei patti di stabilità, stracciando impegni sovranazionali basati sul rigido rispetto di politiche monetarie restrittive quale unico baluardo contro l’instabilità (chi si ricorda più dei vincoli di Maastricht oggi?), ebbene di fronte a questa svolta epocale, le Banche con totale non chalance confermavano quelle stesse regole di gestione e di massimizzazione dei profitti che le avevano condotte tra il 2007 e il 2009 sull’orlo della bancarotta.
    Per usare un’immagine speriamo efficace, la storia a cui abbiamo assistito nell’ultimo biennio è quella di un naufrago che, salvato dai flutti nei quali, a scienza certa, stava affogando, appena riprende fiato, non trova nulla di meglio che correre a comprare una pistola con la quale uccidere il proprio salvatore. Basta guardare ai crudi fatti perché ne risulti confermata questa paradossale ma purtroppo autentica storia.
    Le decisioni di investimento, di impiego e di smobilizzo messi in atto dagli operatori finanziari, direttamente o indirettamente, corrispondono a questa immagine: infatti un buon numero di queste istituzioni hanno puntato sul fallimento di alcuni Stati dell’Unione europea, gli stessi che pochi mesi prima avevano anch’essi deciso il loro salvataggio.
    E’ un dato di fatto che dagli attacchi speculativi a Irlanda, Grecia, Portogallo, Spagna e Italia – i cosiddetti PIGS - alcuni investitori ribassisti hanno ricavato ingenti margini. Dove sono ora finite quelle prese di profitto? Certamente al sicuro, in qualche banca svizzera o in qualche fondo off-shore, o semplicemente su altre piazze finanziarie mondiali considerate più sicure. L’effetto cumulativo delle ondate speculative torna ora come un boomerang e sembra non voler risparmiare nessuno.
    Così, a piangere e a lamentarsi, oltre ai piccoli risparmiatori, ai dipendenti pubblici e privati, ai precari, ai disoccupati, ai giovani e ai pensionati, ecco aggiungersi, ancora una volta, le banche, europee e americane senza distinzione. Alcune piangono di più, ad esempio le francesi e le tedesche, e altre di meno.
    Di che si lamentano? Le banche si lamentano della qualità dei loro portafogli, pieni zeppi di titoli di stato dei PIGS, comprati non secoli fa ma pochi mesi fa o anche solo l’altro ieri, allettate dai considerevoli rendimenti che la speculazione ha originato. Ma se domani la Grecia prima e dopodomani l’Italia dichiarassero lo stato di default, quegli attivi diventerebbero automaticamente carta straccia.
    Qual è allora l’ultima trovata del G20 e del Fondo Monetario Internazionale? Creare un Fondo salva-Stati che entrando nel capitale delle Banche permetta loro di assorbire le perdite che si creeranno quando quei titoli del debito pubblico non varranno più nulla.

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  12. (continuazione del commento precedente)

    Sorge subito un dubbio: ma perché se si devono salvare gli Stati, si salvano innanzitutto le banche? Non sarebbe più semplice con l’emissione di eurobond sostituire in parte i titoli nazionali rendendo quel debito sovrano meno rischioso? E a proposito di banche, non è proprio per il fatto che i titoli dei PIGS sono così rischiosi che esse, in quanto principali investitori istituzionali, ricevono per la loro sottoscrizione tassi di interesse stratosferici, del 4, 10 e sino al 20% in più degli interessi pagati sui titoli tedeschi? Del resto, se si trattasse di debito privato saremmo già oltre il tasso di usura!
    Certo, con l’intervento europeo, scomparirebbe il rischio (perché pagato dal pubblico) e quei tassi dovrebbero ritornare su livelli normali – salvo che continueremmo a non sapere che fine hanno fatto le prese di profitto. E sia, diciamo che questo ennesimo sacrificio pubblico mira a rimettere in ordine le cose, a evitare il peggio. Ma allora, ci chiediamo: chi ci garantisce che la storia non si ripeterà?
    Perché non si ripeta la beffa della capitalizzazione del 2009, quali condizionalità saranno imposte alle banche, quale sarà il potere di veto dell’azionista pubblico sulle scelte di investimento e di gestione dei banchieri? Oppure, ancora una volta, in nome della “sacralità del mercato” le nuove risorse bancarie torneranno ad abbattersi, come letali armi di distruzione di massa, sulla vita dei cittadini che gli stessi Governi dovrebbero tutelare?
    Questa nuova fase sarebbe doppiamente fatale – e così per certi versi è già negli annunci: da un lato, si scatenerebbe un’ondata supplementare di privatizzazioni per saldare i nuovi debiti originati dal Fondo salva-banche e, dall’altro, quelle risorse sarebbero impiegate proprio per comprare a prezzi stracciati interi comparti del patrimonio pubblico. L’inevitabile risultato sarebbe il secco impoverimento della popolazione e il corrispettivo aumento del tasso di finanza cattiva nei gangli dell’economia mondiale.
    Il paradosso è dunque quello di un mondo alla rovescia in cui più ti comporti male e più vieni premiato? Purtroppo, la beffa è che in nome dell’infallibilità dei mercati, le sanzioni applicate appaiono totalmente asimmetriche: se il debito pubblico non è credibile, bisogna licenziare, tagliare, vendere; se invece la finanza privata non sta in piedi, allora va salvata, perché altrimenti il panico dei mercati si potrebbe estendere a macchia d’olio, eccetera, eccetera.
    Morale lapalissiana: se il mondo è storto, vuol dire che non è dritto. Occorre dunque ricostruire un mondo equilibrato e portatore di un’etica degna di questo nome. Le banche debbono semplicemente tornare a fare il loro mestiere: cioè utilizzare i risparmi delle persone per concedere crediti a chi ha progetti validi ed è capace di produrre lavoro e ricchezza. Né più né meno che questo. I Governi, d’altro canto, hanno il sacrosanto dovere di consolidare il debito storico ormai ingestibile, un fardello che non può pesare ad infinitum sul futuro nostro e dei nostri figli. In un mondo così complesso, le cose a volte possono essere a tratti meravigliosamente lineari e comprensibili. Renderle tali è compito della Politica, ottemperando ai propri fini che sono quelli dell’interesse pubblico e non quello di pochi, voraci e autodistruttivi pescecani.

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