domenica 28 giugno 2020

CHI REMA CONTRO?


Rosa Elisa Giangoia

Il Ministero dell’Istruzione è in mano all’incompetenza e alla casualità ormai da troppo tempo. Si sono succeduti ministri di alto profilo accademico (Profumo, Carrozza, Giannini) e ministri di assoluta impreparazione e incompetenza (Gelmini, Fedeli, ecc.), elevati a quel rango non si sa per quali meriti politici o di altro tipo, sia dall’uno che dall’altro schieramento parlamentare, tutti molto deludenti, se non totalmente negativi, i primi per scarso impegno, i secondi per incapacità. Ora siamo capitati in mano a questa Lucia Azzolina, giovane inesperta, alla quale sono state sottratte le competenze sull’Università per darle in mano ad un tale di cui non si sa nulla, che pare non faccia nulla, che mai compare sul palcoscenico del teatrino della politica, benché l’Università avrebbe molto bisogno di interventi…
Forse si pensava che mettere l’Azzolina a capo di quel Ministero fosse assegnarle una sine cura, darle un posto di prestigio (chissà come meritato?) in cui potesse far vetrina, come per lo più le Ministre prima di lei. Purtroppo la sorte e il caso hanno deciso diversamente: la pandemia ha imposto decisioni importanti al Ministero dell’Istruzione e lei se l’è cavata con la chiusura delle scuole da marzo fino alla fine dell’anno scolastico, con la didattica on line (su cui abbiamo già espresso tutte le nostre riserve) e su esami di terza media e di maturità pro forma, tali appunto solo formalmente, svuotati di ogni reale possibilità di una seria verifica e valutazione delle competenze, conoscenze e capacità dei ragazzi.
Ad un certo punto inevitabilmente, persistendo il contagio da COVID 19, si è aperta la questione di organizzare il prossimo anno scolastico e, a questo punto, la Ministra ha dovuto “esprimersi”, “tirar fuori qualcosa”, avvalendosi di esperti, generosamente remunerati con denaro pubblico. E così sono comparse le Linee Guida, una cosa semplice, leggera, dove l’autorità ministeriale non si impegna più di tanto, ma … delega, demanda… Infatti, in nome dell’autonomia, tanto per non assumersi troppe responsabilità, viene delegato alle singole scuole come “garantire il ritorno alla didattica in presenza”, destreggiandosi tra  turni, divisione delle classi in più gruppi, riaggregazione di gruppi di alunni di classi diverse e anche di anni diversi, didattica mista, un po’ in presenza e un po’ a distanza, aggregazione di diverse discipline in ambiti più ampi, possibilità di usare anche i sabati per favorire i turni.
Così si creeranno diversità e diseguaglianze in base alle possibilità e alle capacità inventive delle singole scuole. Ognuno farà da sé e per sé quello che vuole, o meglio che sa e che può fare.
Ci sono scuole con molti spazi, all’interno e all’esterno, e scuole in edifici angusti.
Tutto, però, rimane com’è, in quanto non si parla di risorse aggiuntive, e ciascuno insegnerà quello che vorrà e potrà, in quanto non si fa neppure cenno a condizioni minime. Tanto meno le famiglie potranno sapere con un certo anticipo come sarà organizzata la vita scolastica dei loro figli nelle settimane e nei giorni. Andranno tutti a scuola di sabato, anche quelli che fanno sport agonistico? Anche gli ebrei?
Ma la cosa più grave che emerge da queste “linee guida” è che la Ministra sembra non rendersi conto (o non volersi rendere conto?) che sia i turni, sia la didattica mista richiedono di aumentare l’impegno orario dei docenti o il loro numero, in quanto sarà necessario fare a un gruppo la didattica in presenza e all’altro quella a distanza, o il turno mattutino e poi quello pomeridiano.
Ma, e questo è davvero grave, sembra che la didattica sia del tutto estranea agli interessi (e direi persino al pensiero) della Ministra, la quale pare aver di mira solo la sorveglianza e l’assistenza dei bambini e dei ragazzi durante la permanenza a scuola, in quanto, sempre in queste “linee guida”, è scritto chiaramente che il miliardo a disposizione per il personale dovrà essere dedicato preferibilmente all’assunzione di bidelli e assistenti. Che per la Ministra il problema della scuola in relazione al Covid 19 sia una questione quasi esclusivamente di spazi e di sorveglianza si capisce anche dalle sue proposte di acquisire risorse educative dalle comunità locali, basandosi anche sull’associazionismo civile e servendosi di spazi messi a disposizione da Enti locali e altre realtà. Tutto questo comporta un lavoro di progettualità e di accordi intenso e pesante, gettato addosso alle singole scuole, gratis et amore dei? Chi passerà l’estate a individuare le possibilità offerte dal territorio e a stabilire le convenzioni, magari con uffici pubblici che lavorano in remoto? E a chi toccherà sanificare questi locali esterni, ma usati come scuola: a chi ne è proprietario o alla scuola che se ne serve? Chi dovrà accompagnare i bambini e i ragazzi minorenni in questi spostamenti? Si creano problemi a grappolo…
Ma in queste “linee guida”, foriere non di soluzioni, ma di problemi a catena, ciò che manca totalmente è l’idea di una organizzazione globale della didattica che si apra alla comunità locale, che si avvalga di competenze e attività esterne, che vanno organizzate in modo non estemporaneo, per essere veramente fruttuose. E chi farà tutto questo, sempre gratis et amore dei? E chi verificherà che tutto sia ben fatto, didatticamente costruttivo, culturalmente valido? Non si sa… Tutto è lasciato in mano all’improvvisazione, al “fai da te”. Ogni scuola è sola, si deve arrangiare come meglio può, per cui i dislivelli, le diseguaglianze educative, le opportunità formative saranno quanto mai differenziate, all’insegna della casualità, del “si fa quel che si può”.
Il quadro che emerge è desolante: una Ministra allo sbaraglio, nonostante la pletora di consulenti… Ma il Consiglio dei Ministri non è un organo collegiale? La Azzolina ha mano libera? Non penso proprio sia così! Tutti sono d’accordo che la scuola continui ad essere solo e sempre terreno dove risparmiare, tanto che di tutti quei soldi che ci darà l’Europa (se ce li darà) alla scuola non toccherà nulla. A lei viene lasciato il ruolo folkloristico di catturare l’emotività, dicendo che gli studenti le stanno a cuore e che per loro si prospettano scuole colorate, sale di musei, sale cinematografiche e tante altre… inutili cose!
La questione è molto seria: questa mala gestione della scuola ricadrà pesantemente sul futuro del nostro paese, in quanto si creeranno generazioni future di livello formativo più basso rispetto a quelle degli altri Stati, con cui non potranno competere. Tutto questo per responsabilità di uno Stato che si è assunto l’onere dell’istruzione di tutta la popolazione, almeno fino a 16 anni, ma non trova la determinazione per dare piena attuazione a questo obiettivo che ha fatto passare l’istruzione dei giovani da questione privata, di competenza e onere delle famiglie, a compito dello Stato che, essendoselo assunto, deve adempierlo in modo sostanziale, non solo formale, con tutti gli oneri che comporta, anche in tempi problematici, come gli attuali. Invece… siamo alle nozze coni fichi secchi!
Ma allora la colpa non è della Azzolina, ma di tutto il Governo che rema contro la scuola?
La risposta è semplice. Se pensiamo che l’Italia è l’unico grande Paese europeo che non solo ha chiuso l’anno scolastico senza riaprire le scuole, ma che al momento non è neppure in gradi di dare prospettive chiare e sicure sulle riaperture a settembre, si capisce che è un Paese che ha un Governo che non dà alla scuola l’importanza che deve avere, come è risultato evidentedal caos in cui è precipitata la scuola durante l’epidemia, emblema perfetto dell’incapacità di questo Governo a trazione grillina, che indubbiamente non sta facendo meglio negli altri settori.
Ma limitiamoci ad una più circoscritta considerazione sul rapporto tra le linee di questo movimento e la scuola. Il M5S disprezza il sapere, come dimostra l’affidare posti di responsabilità e prestigio a suoi esponenti incompetenti (in primis Di Maio), ma soprattutto è un movimento che ripudia la razionalità logica e mette in dubbio la conoscenza scientifica, privilegiando fantomatici complottismi e pensieri magici di ogni tipo. A loro che formazione interessa dare ai giovani? Inoltre in questa sistematica (e temo anche programmatica) distruzione della scuola all’incompetenza si somma la protervia e la pretesa di scaricare su altri le conseguenze di questo fallimento.
Se la scuola statale italiana sopravviverà, sarà ancora una volta per la dedizione e l’impegno individuale dei singoli presidi, docenti, amministrativi e personale non docente: come sempre.





domenica 14 giugno 2020

BASTA DIRE STIAMO LAVORANDO, CI VOGLIONO RISULTATI


Carlo Biancheri


Sembra che la politica, senza scomodare il cinico Machiavelli, sia per definizione ciò che riesce, altrimenti è un’aspirazione, un affresco ideale, una lista di desiderata ma non  un’arte pratica e questo perché non dovrebbe tendere, come si crede modernamente,  alla conquista del potere ma alla tranquillitas ordinis, cioè alla giustizia ed alla pace,e per ottenerle contano i fini quanto i mezzi adoperati per raggiungerli. Il pensiero medievale aveva elaborato il concetto sopra esposto quando si praticava ancora la metafisica e prima che un fratello incappucciato ci svegliasse dal sonno dogmatico e ci introducesse al pensiero critico: conosciamo, a suo avviso, i soli fenomeni e non la realtà, con i risultati formidabili, umanamente parlando, che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
E così il nostro Vis-Conte con gusto da parvenu, quel gusto in cui eccelleva il suo predecessore Berlusconi che in giardino nella villa in Sardegna aveva costruito un vulcano, ci porta al casino Algardi a  villa Doria con i  giardini alla francese e, nel suo modo  affettato, da borghese gentiluomo (…) con uscite popolaresche, si esibisce in televisione in una parlata anglo-garganica che suona in inglese come  in italiano suonerebbe la seguente espressione: “io volere mangiare pastasciutta”.
Stiamo lavorando…, salviamo la bellezza dell’Italia…, riprenderemo a crescere. Faremo, daremo… tutto al futuro.
Non crederete mica con ciò che vogliamo tirare la volata al Salvini o alla piccola, piccola Meloni che si lamentano in continuazione che la pappa non sia pronta e… prima di subito (!), senza mai avventurarsi a dire come si debba preparare la pappa…: semplicemente non ne hanno la minima idea.
E, tuttavia, troppe parti in commedia non reggono anche se, nel paese di Pinocchio, la gente è pronta a credere all’albero delle monete d’oro dopo averle sotterrate, dietro consiglio del gatto e della volpe.
Stiamo ai fatti. Perché il convegno non è pubblico? Si dicono cose sconvenienti? Perché la relazione della famosa task force - non le schede…- è appena stata resa pubblica e non prima? Cosa serva al paese lo sappiamo tutti benissimo e non era forse più opportuno stilare alcuni punti di cose da fare da portare in fretta al Parlamento? A marzo si era annunciata la cassa integrazione per tutti o quasi: scopriamo adesso che l’Inps, guidato dall’amico del ministro degli Esteri che ci ricorda Metternich e che è riuscito a concludere accordi epocali con la Cina, a farci cacciare dalla Turchia in Libia, a portare in Italia ventilatori per la respirazione assistita dalla Russia che andavano a fuoco, a fare viaggi improbabili in Medio Oriente o nei paesi che prima minacciava di ritorsioni…, non è riuscito ancora ad erogarla. Colpa della burocrazia che va tagliata,si afferma! Veramente, a nostro debole parere, le leggi senza la burocrazia non si applicano e se molti burocrati si comportano in modo non adeguato è per colpa di quelle leggi che lasciano ai politici il potere di indirizzo, mentre chi le applica, come ha spiegato molto bene il prof. Di Gaspare su Sussidiario.it, dopo una famosa sentenza della Cassazione, è responsabile per le sue scelte anche con i propri beni economici col risultato che i dirigenti non firmano nulla o ritardano all’infinito fino a che non siano strasicuri di non esser perseguiti per danno erariale.
Per saltare la burocrazia, le colombelle politiche (…) hanno pensato bene di approvare leggi che si autoapplicano e che invece di semplificare il tutto creano una miriade di dubbi interpretativi, peggiorando la situazione, anche per la pessima qualità degli estensori delle leggi.
Il Vis-Conte è la guida della setta 5S o almeno di una fetta cospicua di quel gruppo che ha al suo interno soggetti che  parlano ‘per allegria’, direbbe Natalia Ginzburg, come il Dibba,puer aeternus, che dopo aver giustiziato le famiglie (…) Agnelli e Benetton ed invocato il bavaglio alla stampa che non gli sta bene – si intende non “Il fatto quotidiano”…- ha sostenuto di esser contrario alle grandi opere, vuole, invece, l’ammodernamento della ferrovia Roma-Viterbo, la manutenzione dell’esistente, in linea con una decrescita felice; secondo lui, lo Stato deve erogare a tutti per difendere la classe media ed il reddito di cittadinanza è stato un successone con due milioni e mezzo di beneficiari (…): ma… dove si prendono i soldi? E chi lo sa? Gli consigliamo di chiederlo alla Meloni che gli suggerirà il tiraggio dei diritti speciali di prelievo del Fondo monetario internazionale, ovviamente senza condizioni!
Per tutto ciò, il mediatore di professione, il Vis-Conte, ci infligge un mare di chiacchiere che non portano a nulla, mentre non si pronuncia sul fondo salvastati, MES, che ci darebbe subito 37 miliardi, riecheggiando gli argomenti degli esperti come il Dibba, Di Maio e Salvini o Meloni, che ritengono, dall’alto della loro profonda conoscenza dei meccanismi della UE, che ‘in futuro’(!) si potrebbe cambiare idea e quindi ci troveremmo ingabbiati. E così torniamo alla casella zero del giro dell’oca, ma si dà il caso che alla fine della cassa integrazione, ancora da erogare…e al blocco dei licenziamenti di fine agosto, il risveglio potrebbe essere amarissimo e quindi sono urgenti alcune cose.
La prima sarebbe quella di dire chiaramente, dopo la svolta keynesiana dei tedeschi, che gli staterelli ‘frugali’, fin qui sanguisughe della UE, che si oppongono alla solidarietà comunitaria e che minacciano di bloccare le proposte da assumere nel Consiglio europeo all’unanimità, mediante l’esercizio del diritto di veto, possono essere aggirati se i tedeschi e i francesi e gli altri che ci vogliono stare propongono un’Europa a due velocità, con minori risorse per chi sta fuori: sarebbe un fatto grave ma la sola proposta farebbe capire che o l’Europa si costruisce oppure un libero mercato, come lo volevano gli inglesi, non porta da nessuna parte,senza una casa comune e solidale.
La seconda è quella di por fine alla diplomazia ed alla trattativa con i corpi separati dello Stato, cioè i potentati che non si osa sfidare. Bisogna che la giustizia funzioni e che i giudici siano messi in grado di operare ma che rispondano a qualcuno del loro operare, pur rispettandone l’indipendenza. E quel che vale per la giustizia vale per tantissimi altri corpi dello Stato che sono legibus soluti, in quanto non ci sono controlli efficaci.
Soprattutto, bisogna favorire gli investimenti per creare posti di lavoro e smetterla di pensare che una legge risolva tutti i problemi: gli inglesi hanno ragione a porre l’enfasi sull’applicazione della legge mentre noi, eredi del diritto romano, ci fermiamo alla definizione, i risultati pratici non ci interessano! Senza investimenti non si crea ricchezza e le disuguaglianze si combattono in fasi di crescita perché altrimenti si genera una povertà diffusa in quanto la torta da distribuire diventa più piccola.
Ma il mediatore professionale le comprende queste cose o preferisce i gruppi di studio?




sabato 6 giugno 2020

NÉ DIDATTICA A DISTANZA NÉ GABBIETTE

Rosa Elisa Giangoia
  
Il Decreto Legge che sta per essere approvato in Parlamento non risolve il nodo problematico che attualmente incombe sulla scuola, in vista della ripresa dell’anno scolastico a settembre, quando, in base all’andamento del contagio, si dovranno decidere le modalità didattiche.
Preoccupa soprattutto la dichiarazione dell’improvvida e inesperta ministra Azzolina secondo cui «la didattica a distanza avrà un ruolo centrale».
Questa è stata la soluzione, speravamo momentanea e provvisoria, che il governo, preso alla sprovvista,  ha scelto a partire da marzo scorso, quando le scuole sono state chiuse, una scelta caduta sulle spalle di insegnanti del tutto impreparati e di famiglie disorganizzate.
Fin da subito se ne avvertivano i limiti, le carenze e le difficoltà, che ora, dopo mesi di pratica, emergono con tutto il loro rilievo.
Occorre innanzitutto una riflessione sull’essenza del metodo educativo, sulla paideia, che può realizzarsi solo in una condizione di reciprocità interpersonale tra educatore-educando da vivere in dialogo, in una situazione viva e reale.
Solo la mitizzazione della tecnologia, oggi quanto mai diffusa, e fatta propria soprattutto dal movimento 5stelle, può pensare che una crescita umana e intellettuale possa avvenire passando attraverso la freddezza di uno schermo che vanifica tutto quanto attiene alla sfera emotiva.
A questo vanno aggiunte molte altre considerazioni più specificamente didattiche.
Innanzitutto l’insegnamento a distanza, praticato da alcune agenzie, solo per giovani-adulti o per adulti, non per bambini, per recupero anni o conseguimento di lauree, non è assolutamente una lezione in presenza fruita tramite uno strumento tecnologico, ma è un procedimento didattico con una sua precisa caratterizzazione che comporta specifiche competenze e opportune strategie.
A tutto questo gli insegnanti italiani erano completamente impreparati e, ancora una volta, hanno dovuto fare tutto da soli, dall’avere in casa gli strumenti informatici, dal sapere usare le nuove tecnologie con le piattaforme adatte, oltre a organizzarsi per la propria didattica disciplinare con tipologia in rete.
Ma va preso in considerazione anche il versante pratico degli studenti: i bambini delle prime classi delle elementari non erano, almeno inizialmente, in grado di accedere autonomamente alle lezioni in rete, per cui si è reso determinante l’intervento dei genitori (o dei fratelli maggiori) che non sempre avevano anche loro competenze informatiche adeguate, per non parlare di quelle case in cui il computer non c’era ancora (so che in qualche paese dell’Appennino Ligure hanno portato un tablet i carabinieri, dopo qualche tempo, ai bambini perché potessero seguire le lezioni), o, ancora peggio, di quanti abitano in zone dove la connessione è debole e fragile o addirittura non è ancora arrivata… Ci sono poi le famiglie in cui i genitori fanno entrambi telelavoro in casa e magari ci sono due o tre figli che devono seguire le lezioni in rete. Tutto, ancora una volta, sulle spalle delle famiglie…
Inoltre la didattica a distanza è limitativa, perché non permette l’uso di laboratori e di altre aule speciali e attrezzature di cui hanno bisogno tante discipline. Per non parlare del danno psicofisico dello stare per molto tempo davanti allo schermo del pc e della mancanza di relazioni interpersonali tra coetanei.
Riguardo alla riapertura delle scuole la posizione del governo resta, però, al momento fluida, incerta, senza che in tutti questi mesi siano stati fatti progetti proficui di una qualche attuabilità. Purtroppo, in alternativa alla didattica a distanza, sta venendo fuori un’altra possibilità, che definirei inquietante, quella di ingabbiare i bambini e i ragazzi in divisori, capsule, cabine di plexiglass trasparente. Almeno molto inquietante mi è apparsa la fotografia di un’aula del liceo artistico Manzù di Bergamo dove queste strutture sono già state installate. Altri parlano invece di tensostrutture da predisporre nei cortili delle scuole o in altri spazi aperti, per aumentare la disponibilità di aule. A parte verificare se i divisori in plexiglass siano veramente utili per limitare la diffusione del contagio, perché ci sono anche i momenti di entrata e uscita da scuola, le ricreazioni, l’uso dei servizi igienici, ma mi chiedo se quelli che li hanno progettati pensino che i bambini e gli adolescenti stiano lì immobili per sei/otto ore. Li hanno mai visti? O sono come quei pedagogisti di cui parlava don Milani? E poi c’è da temere che li danneggino, magari infortunandosi, o li distruggano nel giro di poco tempo e ancora, quando sarà finita la pandemia, dove e come si smaltiranno, dato che non sono certo biodegradabili? Mi pare che sia tutto denaro pubblico buttato via. Peggio ancora le tensostrutture: quando in molte regioni ci sono in inverno diversi gradi sotto zero, cosa si fa? Si spendono grandi somme per il riscaldamento, di cui poco sarà usufruito e molto disperso nell’ambiente?
Che la ministra Azzolina sia incompetente e inesperta lo sappiamo, ma tutti quegli esperti che sono stati arruolati, a nostre spese, non sanno proporre proprio niente di meglio?
Una terza possibilità ci sarebbe, ma è più impegnativa. È quella ipotizzata da un gruppo di docenti di Genova in un documento inviato qualche settimana fa al ministro.
Si dovrebbero dividere le classi in due gruppi di 12/15 allievi che potrebbero essere sistemati nelle normali classi delle nostre scuole a distanza di sicurezza, uno per banco, con orari scolastici ridotti se non proprio dimezzati. In classe si dovrebbe svolgere una didattica disciplinare intensiva, incentrata sulla trasmissione delle conoscenze fondamentali, mentre molte altre attività formative potrebbero essere svolte in altre sedi, anche con modalità interdisciplinare, ad iniziare da quelle motorie e sportive da praticare nelle apposite strutture, per passare poi alle biblioteche, ai musei, agli orti botanici, agli acquari, alle fattorie didattiche, ecc. ecc. Fuori da questo orario si dovrebbe procedere alle verifiche con colloqui singoli o altre modalità, individuali o a piccoli gruppi, evitando così quei tempi “morti” in classe in cui l’insegnate interroga uno studente nel disinteresse della maggior parte della classe.
Naturalmente per tutto questo occorre aumentare il numero dei docenti, che, vanno assunti con una selezione seria, per valutare competenze e capacità, quindi con una procedura concorsuale da attuare quanto prima. Ma c’è da chiedersi perché si preferisca favorire economicamente certe categorie, come i produttori di plexiglass e di tensostrutture, piuttosto che gli insegnanti. Inoltre ci vuole un notevole sforzo di progettualità dell’organizzazione didattica, ma lo dobbiamo fare per i nostri giovani. Non possiamo permetterci di perdere scolasticamente una generazione che già quest’anno ha corso grossi rischi. Non può ripetersi quanto è accaduto durante il secondo conflitto mondiale, quando, essendo la scuola ancora una questione privatistica delle famiglie, solo un certo livello sociale ha potuto portare avanti gli studi, mentre troppi sono rimasti esclusi, ora della scuola si deve far carico lo Stato, assicurandola a tutti, come prescrive la Costituzione.

C’è anche da sperare, però, anche in un impegno attivo e partecipe da parte dei docenti, in una disponibilità che al momento, spiace dirlo, non stanno dimostrando evitando in troppi di presiedere le commissioni per gli esami di maturità.