Rosa Elisa Giangoia
La Chiesa Cattolica italiana,
nel ristretto provincialismo del suo orizzonte, per l’ennesima volta sta
prendendo lo slancio per salire sul carro del presunto vincitore, per cui, dopo
la risibile liaison in mano ad Irene Pivetti, l’acquiescenza nei
confronti di Berlusconi, omaggiato dal cardinal Bertone e salutato all’aeroporto
da papa Benedetto, e l’apprezzamento per il cattolicesimo scoutistico di Renzi,
ora, terminato l’impegno per le celebrazioni pasquali, sono iniziate le grandi
manovre di avvicinamento al movimento di Beppe Grillo, di cui veramente, proprio
nei riti della Settimana Santa c’erano state le prime avvisaglie con la cordiale
accoglienza da parte di papa Francesco alla sindaca di Roma Virginia Raggi - ma
non era inconcludente ? - a cui, secondo i quotidiani, avrebbe fatto seguito un
faccia a faccia improvvisato su temi top secret e la presenza in prima
fila di Luigi di Maio (con la fidanzata…; va detto che ormai è desueto sposarsi)
alla Messa di Pasqua in piazza San Pietro. Ma l’apertura vera e propria della
marcia di avvicinamento è avvenuta ieri con gli interventi mirati di Marco
Tarquinio che sull’”Avvenire”, di cui è direttore, ha intervistato Beppe Grillo
e sul “Corriere della Sera” ha risposto ad un’intervista per chiarire le sue
idee sul M5S.
Su “Avvenire” Beppe Grillo dà
un’immagine del Movimento che non corrisponde alla realtà dei fatti, soprattutto
alla luce di recenti vicende. Parlare di “onestà e competenza al servizio dei
cittadini” è dire qualcosa smentito da molti fatti in situazioni locali in cui
il M5S è al potere o ha cercato di acquisirlo anche con mezzi illegali, bastino
i casi di Roma e Palermo; dire che il M5S ”sarà l’espressione di elezioni
libere” è un’affermazione totalmente smentita dalle recenti vicende di Genova,
interne al movimento. Tutto il resto è fumoso e inconsistente. A proposito dei
temi etici, il Movimento è per l’”autodeterminazione, intesa come la possibilità
data ai cittadini di essere cittadini’, il che è è un flatus vocis privo
di contenuto, come parlare di “reddito di dignità”, espressione usata ora da
Grillo invece di “reddito di cittadinanza” per adombrare in prospettiva una più
equa distribuzione del reddito sempre con la critica allo Stato attuale che paga
“vitalizi ai politici e bonus super-milionari ai manager”, ma forse anche per
recuperare l’idea che al reddito sia collegato il lavorare, come nell’attuale
forma del “reddito d’inclusione”, per essere esente dall’accusa di quel
populismo, fatto di panem et circenses, tipico del Basso Impero e delle
dittature… Un correggere progressivamente la rotta da parte di Beppe Grillo per
rendersi più facilmente accettabile in vista del confronto elettorale, poi si
vedrà…, sembra pensare!
Particolarmente debole e
confusa appare la proposta del Movimento per quanto riguarda la politica estera,
con decisioni affidate agli iscritti in estemporanee consultazioni on
line che fanno prevalere un antieuropeismo, ben rimarcato da Grillo anche
nella sua intervista, nella prospettiva di un paese che dal suo isolamento
suppone di potere modificare l’assetto della politica internazionale. Posizione
molto illusoria, ma anche molto pericolosa per l’idea di uscire dall’euro, le
cui disastrose conseguenze sono già state più volte evidenziate in questo blog.
E qui nasce l’interrogativo: sono così sprovveduti che non se ne rendono conto?
O cavalcano una posizione di cui conoscono le negative conseguenze solo perché
populisticamente capace di raccogliere consensi, senza preoccuparsi di quali
danni potrebbe portare al paese? Sprovvedutezza o cinico gioco al
massacro?
Ma ora veniamo all’intervista a
Marco Tarquinio sul “Corriere”, rilevante perché molto probabilmente dà voce a
idee non solo sue, ma ispirate da qualche vertice.
L’intervista inizia un po’ sottotono, sul tema del lavoro domenicale, in
evidenza in questi giorni per le proteste in alcuni centri commerciali, come
quello di Serravalle Scrivia, non certo uno dei problemi nodali della situazione
italiana, per cui il ritrovarsi in consonanza con il M5S non mi pare di
determinante rilievo. Sembra piuttosto un escamotage per arrivare ad un
elogio di Luigi Di Maio e a un’annessione del M5S nell’area cattolica. Ma che
bisogno c’è di dare una patente di cattolicità al M5S? E poi che autorità ha
Tarquinio per parlare a nome dei cattolici e affermare che “nei tre quarti dei
casi abbiamo la stessa sensibilità”? Per additarlo come partito da votare ai
cattolici? Ma ciascun cattolico, adulto e non tale per “intruppamento” dovrebbe
essere capace di scegliere chi votare, senza indicazioni “dall’alto”. E poi non
si capisce cosa ci sia di cristiano nello scegliere se sia meglio mantenere
l’Euro oppure no… Non vorremmo che Grillo diventasse il nuovo “uomo della
Provvidenza”. Ne abbiamo già avuto abbastanza, da quello in auge nell’infausto
ventennio, quando solo la FUCI a Camaldoli fece sì che non ci si dovesse
vergognare di essere cattolici, fino a tempi a noi più vicini, ugualmente
infausti... Le parole di Tarquinio danno l’impressione che in certi gruppi
cattolici l'essere credenti sia una sorta di appartenenza ad un modo di essere
familistico-borghese dove tutto si trasforma in melassa e opportunismo in un
generico buonismo, in semplicioneria, mentre alla gerarchia è attribuito uno
status che sembra essere quello di tuttologi. A questo proposito è
opportuno richiamarsi al Concilio, in quanto nella Gaudium et Spes
(76) si dice che nessuno rivendichi l'autorità della
Chiesa a difesa delle proprie idee e nel contempo si riconosce l'autonomia dei
laici cristianamente ispirati nel fare le loro scelte con l’obiettivo del bene
comune. Additare il M5S è tanto più biasimevole perché il dialogo avviene con
persone che amministrano molto male le realtà locali (basti pensare a Roma,
completamente bloccata da troppo tempo), si avvalgono di procedure
democraticistiche che si sostanziano in like, con un Movimento affine per
comportamenti alla Chiesa di Scientology con gli alieni e l'instaurazione del
pianeta Gaia dove tutte le religioni avranno il loro ruolo.
Ci rallegriamo che
“Famiglia Cristiana” abbia sostenuto il contrario di quel che ha detto il
Tarquinio. Anche la Conferenza episcopale sembra aver reagito freddamente. Lo
stesso direttore ha dichiarato che si trattava di opinioni personali
–alla buon’ora! Aveva detto noi… Noi chi? -. Da tutto ciò
ricaviamo che ormai esser cattolici non vuol più dire per i media vivere
una fede ed aderire a quel che i cattolici chiamano il depositum fidei
ed essere in comunione con la Chiesa. Basta che uno si dichiari tale, anche se
professa idee razziste o è divorziato, come la Le Pen e altri anche in Italia.
Quanto al Tarquinio, mandato
callidamente in avanscoperta o avventuratosi per stoltezza ed ignoranza, sappia
che questa linea non è conforme a quanto sancito dal Concilio che prendeva sul
serio l’umano, nel quadro di un nuovo umanesimo che ripudia integrismo
– cioè deduzione dai dogmi delle scelte politiche- e giochetti,
sostanzialmente amorali, oltreché infantili.