Stefano Giaquinta
Durante
l’estate a Torino una parte del Po è divenuta verde, a causa di una pianta
acquatica di origine tropicale: il Myriophyllum
aquaticum. Utilizzato per adornare
gli acquari, è probabile che sia arrivato al fiume grazie a qualche
collezionista che, stanco del proprio passatempo, ne abbia decretato la fine
gettandolo negli scarichi casalinghi. Il Myriophyllum è stato avvistato prima all’altezza dei
Murazzi, nei pressi del centro cittadino, per poi espandersi, a inizio agosto,
sino alla diga Michelotti. Il modo in cui l’amministrazione torinese ha gestito
questa modesta vicenda costituisce una valida epitome del pensiero
amministrativo pentastellato: l’11 agosto è stata scelta una soluzione da bricoleur, battezzata, con indubbia efficacia ”Un Po più
tuo”. Il giorno fatidico erano presenti il sindaco, gli assessori di ordinanza
e numerosi volontari che, novelle mondine, hanno contribuito a sradicare a mano
il Myriophyllum.
Ai più
datati tra i lettori verranno forse alla mente le cerimonie di trebbiatura, o
le opere di bonifica dell’Agro pontino, organizzate un lontano Ventennio. Il
problema è che, nel giro di pochi giorni l’infestante ha ripreso a comparire
qua e là, più vivo che prima, poiché, come ha avuto modo di puntualizzare l’Arpa, la pianta
ha grandi capacità di adattabilità, riproducendosi in maniera vegetativa, ossia
facendo rivegetare i propri minuscoli frammenti. Non a caso, la stessa Arpa il
18 di agosto ha pregato tutti i volenterosi che, ispirati dal sindaco, si
recavano sul fiume a ripulirlo, di lasciare perdere. La richiesta, in maniera neppure troppo
indiretta suggerisce l’idea che sradicare a mano questo tipo di pianta abbia
contribuito a aumentarne la diffusione. La vicenda, però, evidenzia soprattutto
come volontarismo, ricerca di soluzioni semplicistiche, appello alla mobilitazione
via internet, mantra assai in voga di questi tempi, non consentano di risolvere
problemi tutto sommato circoscritti. Figurarsi altre e più complesse questioni!
Non a caso, l’argomento Myriophyllum,
dopo la topica agostana, è stato dimenticato.
Rispetto
alle convulsioni romane, il grillismo torinese sembra essere più quieto ed
operoso, forse anche grazie alla scelta, da parte del sindaco di collaboratori
di vaglio, quali il capo di gabinetto, Paolo Giordana. Habitué degli uffici comunali, dove entrò come contrattista nel
1997 con il sindaco Castellani, Giordana è stato al servizio di Paolo Peveraro
(oggi presidente di Iren, già Assessore al Bilancio in Regione con le giunte
Bresso, prima assessore comunale a Torino, soprannominato in certi ambienti Indebitator), ha poi lavorato per
Ventriglia (AN) (1999 -2001) e Altamura (PD) 2006 – 2010, senza far mancare il
suo contributo alla precedente campagna elettorale di Fassino (2011). Una
simile tendenza al movimentismo non deve stupire in quello che viene già
definito, solo nei corridoi e solo a bassa voce, il “Richelieu di Palazzo di Città”,
anche se i trascorsi da ex seminarista cattolico, oggi aderente a un
misconosciuto rito ortodosso (la Chiesa Ortodossa d’Europa, chiamata anche Chiesa autonoma
del Patriarcato Autocefalo di Parigi), lo dovrebbero fare assomigliare più a un
Rasputin.
In
realtà, il milieu pentastellato è
assai variegato anche sotto la Mole, comprendendo funzionari pubblici alla
ricerca di rivalsa, giovani di buona famiglia alla ricerca di primo impiego
(meglio se pubblico), sfaccendati, complottisti, vegani e chi più ne ha ne
metta. Ciò che più salta all’occhio è come siano soprattutto le periferie ad
aver votato i grillini, voltando le spalle a personaggi certo di maggior
esperienza, ma di poco o nullo impatto, come l’esausto Fassino. Altri, invece,
molto più scaltri ed avvezzi al galleggiamento con qualunque clima, si dedicano
ad intessere rapporti proficui col nuovo sindaco: in alcuni blog dedicati al
pettegolezzo localistico infatti è comparso il nome di un nuovo ircocervo: il Chiappendino.
Intanto le alghe sul Po continuano a proliferare, l’amministrazione
si guarda bene dall’intervenire, in attesa che il problema venga risolto “anche con l’ausilio di sommozzatori” (forse il Comsubin?).
Ha scritto Cioran che ogni civiltà esausta attende i
barbari e che ogni barbaro attende il suo demone. Ammesso anche che i barbari
siano necessari, almeno si rivolgessero a demoni decenti…