lunedì 19 settembre 2016

LE ALGHE SUL PO


Stefano Giaquinta

Durante l’estate a Torino una parte del Po è divenuta verde, a causa di una pianta acquatica di origine tropicale: il Myriophyllum aquaticum. Utilizzato per adornare gli acquari, è probabile che sia arrivato al fiume grazie a qualche collezionista che, stanco del proprio passatempo, ne abbia decretato la fine gettandolo negli scarichi casalinghi. Il Myriophyllum  è stato avvistato prima all’altezza dei Murazzi, nei pressi del centro cittadino, per poi espandersi, a inizio agosto, sino alla diga Michelotti. Il modo in cui l’amministrazione torinese ha gestito questa modesta vicenda costituisce una valida epitome del pensiero amministrativo pentastellato: l’11 agosto è stata scelta una soluzione da bricoleur, battezzata, con indubbia efficacia ”Un Po più tuo”. Il giorno fatidico erano presenti il sindaco, gli assessori di ordinanza e numerosi volontari che, novelle mondine, hanno contribuito a sradicare a mano il Myriophyllum.
Ai più datati tra i lettori verranno forse alla mente le cerimonie di trebbiatura, o le opere di bonifica dell’Agro pontino, organizzate un lontano Ventennio. Il problema è che, nel giro di pochi giorni l’infestante ha ripreso a comparire qua e là, più vivo che prima, poiché, come ha avuto modo di puntualizzare l’Arpa, la pianta ha grandi capacità di adattabilità, riproducendosi in maniera vegetativa, ossia facendo rivegetare i propri minuscoli frammenti. Non a caso, la stessa Arpa il 18 di agosto ha pregato tutti i volenterosi che, ispirati dal sindaco, si recavano sul fiume a ripulirlo, di lasciare perdere. La richiesta, in maniera neppure troppo indiretta suggerisce l’idea che sradicare a mano questo tipo di pianta abbia contribuito a aumentarne la diffusione. La vicenda, però, evidenzia soprattutto come volontarismo, ricerca di soluzioni semplicistiche, appello alla mobilitazione via internet, mantra assai in voga di questi tempi, non consentano di risolvere problemi tutto sommato circoscritti. Figurarsi altre e più complesse questioni! Non a caso, l’argomento Myriophyllum, dopo la topica agostana, è stato dimenticato.
Rispetto alle convulsioni romane, il grillismo torinese sembra essere più quieto ed operoso, forse anche grazie alla scelta, da parte del sindaco di collaboratori di vaglio, quali il capo di gabinetto, Paolo Giordana. Habitué degli uffici comunali, dove entrò come contrattista nel 1997 con il sindaco Castellani, Giordana è stato al servizio di Paolo Peveraro (oggi presidente di Iren, già Assessore al Bilancio in Regione con le giunte Bresso, prima assessore comunale a Torino, soprannominato in certi ambienti Indebitator), ha poi lavorato per Ventriglia (AN) (1999 -2001) e Altamura (PD) 2006 – 2010, senza far mancare il suo contributo alla precedente campagna elettorale di Fassino (2011). Una simile tendenza al movimentismo non deve stupire in quello che viene già definito, solo nei corridoi e solo a bassa voce, il “Richelieu di Palazzo di Città”, anche se i trascorsi da ex seminarista cattolico, oggi aderente a un misconosciuto rito ortodosso (la Chiesa Ortodossa d’Europa, chiamata anche Chiesa autonoma del Patriarcato Autocefalo di Parigi), lo dovrebbero fare assomigliare più a un Rasputin.
In realtà, il milieu pentastellato è assai variegato anche sotto la Mole, comprendendo funzionari pubblici alla ricerca di rivalsa, giovani di buona famiglia alla ricerca di primo impiego (meglio se pubblico), sfaccendati, complottisti, vegani e chi più ne ha ne metta. Ciò che più salta all’occhio è come siano soprattutto le periferie ad aver votato i grillini, voltando le spalle a personaggi certo di maggior esperienza, ma di poco o nullo impatto, come l’esausto Fassino. Altri, invece, molto più scaltri ed avvezzi al galleggiamento con qualunque clima, si dedicano ad intessere rapporti proficui col nuovo sindaco: in alcuni blog dedicati al pettegolezzo localistico infatti è comparso il nome di un nuovo ircocervo: il Chiappendino.
Intanto le alghe sul Po continuano a proliferare, l’amministrazione si guarda bene dall’intervenire, in attesa che il problema venga risolto “anche con l’ausilio di sommozzatori” (forse il Comsubin?).

Ha scritto Cioran che ogni civiltà esausta attende i barbari e che ogni barbaro attende il suo demone. Ammesso anche che i barbari siano necessari, almeno si rivolgessero a demoni decenti…