Dai comportamenti tenuti in questi
giorni dagli uomini di governo di fronte agli eventi conseguenti al crollo del
ponte Morandi a Genova appare chiaro che di fronte ad una tragedia e ad
un enorme problema che può avere un impatto economico e sociale molto negativo
su una città di oltre 500.000 abitanti, primo porto italiano con un peso
rilevantissimo per movimentazione passeggeri e merci, con ricadute e
conseguenze che riguardano non solo l’intero paese ma anche il centro Europa, i
ragazzi che hanno vinto all’Enalotto e che governano pro-tempore non
perdono occasione per esibire un atteggiamento ludico pronunciando con
grande enfasi frasi prive di un ubi consistam nella realtà: «toglieremo
la concessione autostradale ad Atlantia», proclama ad effetto, ma pronunciato
senza valutare chi sarà in grado di sostituire questo gestore (pensano forse
all’Anas?) e quali potranno essere i costi del ritiro della concessione; a
questo si aggiunge « facciano pure ricorso», leit motiv frequente, come
dire “campa cavallo che l’erba cresce!”, oppure proclamano «non vogliamo
elemosine», senza valutare che la cifra offerta di 500.000 milioni di Euro è
una somma cospicua per uno Stato disastrato come il nostro, e poi «consegnare
le case subito agli sfrattati», avendo a disposizione per ora 11
appartamenti a fronte di oltre 600 persone da sistemare. Infine la
solenne proclamazione: «i colpevoli saranno puniti!» che suona tanto come le
parole del Ferrer ne I promessi sposi,
durante i tumulti di Milano: «Giustizia per i colpevoli, sì, sì pane per tutti
a buon mercato».
Chiaramente tutto questo è la messa
in atto di un copione fàtico, cioè fatto di sole parole, da usare nei confronti
delle folle, ben stigmatizzato da Le Bon nel suo famoso La psycologie des
foules (1895), manuale comportamentale di Mussolini e Hitler.
Poiché le folle pensano poco, esse
sono facilmente influenzate da frasi semplici, ma di grande effetto, da slogan,
da idee-immagini che suscitano forti sentimenti, coinvolgono emotivamente e
nello stesso tempo interpretano ed esprimono l’ovvio a cui tutti istintivamente
aderiscono. È quindi necessario che colui che vuole conquistare e trascinare la
folla (le meneur) utilizzi un linguaggio semplice e colorito per far
comprendere facilmente il suo messaggio ed ottenere consenso.
Queste dinamiche sono messe in scena
con grande efficacia rappresentativa dal Manzoni che aveva orrore per le
reazioni della folla. L’«ammazza, ammazza» del vecchio malvissuto che
agitava un cappio per impiccare e le cui parole nel romanzo non danno seguito
ad un’azione concreta sono l’esempio della condanna dell’autore nei confronti
della violenza che sovente nella storia ha fatto seguito ai moti della folla.
Gli esempi sono innumerevoli, da quanto avvenuto a piazzale Loreto o attorno
alla ghigliottina durante la Rivoluzione Francese, alle foibe ecc., e non fanno
che confermare che in gruppo si sviluppano le reazioni semplici, animalesche, i
giudizi sommari, l’identificazione col padre punitivo, la soluzione
finale, manichea: o di qua o di là, ma anche la reazione della folla di fronte
ad un problema come quello della carestia: la carestia non c’è; la colpa è dei
fornai che per guadagnare fanno incetta di grano, quindi… la soluzione è
assaltare i forni dove è nascosta la farina. E ancora: la peste è colpa degli
untori che vanno ad ungere i portali delle case e fanno morire la gente… Se si
mettono in giro delle idee semplici, facilmente accettabili, con un fondo di
ovvietà, quelle si diffondono e lievitano… Così già succedeva in antico, quando
non c’era altro che il flatus vocis ad alimentare la Fama
mirabilmente tratteggiata da Virgilio.
Oggi i mezzi a disposizione per dar
corso al flatus vocis sono enormi e tutti vengono abilmente sfruttati in
un gioco di sopraffazione reciproca, senza esclusione di colpi.
Anche i funerali di Stato,
imposti ai parenti delle vittime (ma solo una minoranza ha accettato!)
sono stati una manifestazione tristissima perché i poveri parenti erano
circondati da gente che non c’entrava nulla, come quella che va a piangere
sulla bara di un uomo famoso per poter dire c’ero anch’io, anzi sono stati
un’occasione per un evento politico di esaltazione per Di Maio e Salvini!
E poi molti avranno dovuto accettare
(o subire?) il sostegno psicologico: qual è la tecnica della consolazione in
simili casi? Non riusciamo ad immaginarla…
La fiera della banalità sono state
le interviste della RAI/EIAR nuovo corso del tipo «cosa ha provato?» con
risposta più che scontata! Ma vanno anche a chiedere al capo di un
sedicente Comitato sfollati
cosa pensasse della gronda: «ero contrario e lo sono ancora per impedire che
altri vivano in una situazione di inquinamento, rumori ecc., simile a quella
che abbiamo vissuto noi», impressioni soggettive, prospettiva personale,
mancanza di visione globale delle questioni e delle possibili soluzioni:
non ci si pone minimamente il problema che in una città moderna da qualche
parte le macchine debbono pur passare… Tutto all’insegna della superficialità e
dell’improvvisazione fino al culmine della giornalista che chiede a un signore
«Ma lei è di Genova?», senza riconoscere che è il sindaco Bucci!
La crisi economica che, in un paese
disordinato come il nostro dove lo Stato esiste solo nominalmente ed è forte
con i deboli e debole con i forti, dove il formalismo ed il burocratismo la
fanno da padrone, dove lo Stato di polizia del Bodin che corrisponde all’organizzazione
di uno Stato borbonico – il cittadino per lo Stato (sei tu che devi
dimostrare che sei in regola, non hai violato le leggi e non viceversa) e non
lo Stato per il cittadino- detta ancor oggi il comportamento della Pubblica
Amministrazione, delle forze dell’ordine e della Magistratura, ha messo in ginocchio
gran parte della media e piccola borghesia a fronte di cambiamenti epocali dei
sistemi di lavoro dovuti allo sviluppo tecnologico, tutto ciò si è tradotto in
rabbia, in voglia di una soluzione foss’anco sognata, ipotetica, ma che esca da
una realtà reputata troppo dura. Anzi più la gente è incolta, più aumenta il
lasciarsi trascinare dai miraggi…, ma anche l’aggressività.
Questo il quadro. Le risposte
bisogna trovarle. Possono essere due: o si strumentalizza la situazione
come fanno i gaglioffi, soffiando sul fuoco (come la scala del Manzoni, nei
tumulti di Milano, che correva sulle teste per avvicinarsi o allontanarsi dal
palazzo del Vicario di Provvisione nell’intento di arrivare alla finestra al
primo piano, entrare ed impiccarlo) o ci si prende veramente a cuore il bene
collettivo e si cercano delle soluzioni da adulti… risolutive. Questo
dev’esser chiaro a chi sta al governo: il consenso che oggi riscuotono non è
per quello che finora hanno fatto (praticamente nulla), ma per quello che la
folla spera, presume e si augura che facciano sull’onda emotiva delle tante
promesse. I castelli di carta (e quelli di parole) cadono facilmente…