lunedì 23 marzo 2020

SCEGLIERE TRA LA PESTE E IL COLERA? TRA IL VIRUS E LA FAME...

Carlo Biancheri


Nel 2002, quando Chirac e Le Pen si sfidarono per le elezioni presidenziali in Francia, l’atteggiamento della sinistra fu quello secondo cui non si potesse scegliere tra la peste ed il colera. Vinse Chirac, per fortuna…
I nostri valenti politici, normalmente non conoscono il francese, né si interessano a quel che non generi consenso immediato e, quindi, non conoscono il detto ‘choisir entre la peste et le choléra’..
È un peccato, perché si sta discutendo proprio di questo con il blocco di tutte le industrie, un blocco che non avveniva neppure in guerra quando l’Italia era bombardata. Certamente la vita di chi lavora non deve esser messa a rischio ma qui già emerge un mendacio perché nessuno si preoccupa del rischio per medici, infermieri, per poliziotti, vigili e per gli addetti alla vendita ed al trasporto nei supermercati, nelle farmacie, per chi lavora nel trasporto pubblico, per chi fà la guardia penitenziaria (ma anche per chi è recluso…) ed altri. Si tratta di vittime designate?
Il vergognoso dibattito tra i governatori regionali, specie di Lombardia e Calabria, ma anche Friuli-Venezia Giulia ed il Vis-Conte dimezzato con il suo governo centrale, diciamo così…, ruota attorno a questo dilemma.
La costante è quella di rubare la scena per dichiarazioni roboanti: ‘se il governo non fà qualcosa, ci pensiamo noi’ dichiara stentoreo il Fontana, salvo attendere l’intervento del governo, a scanso di responsabilità…, mentre la Santelli che sorrideva divertita quando Berlusconi in comizio garantiva per lei ‘in quanto non gliela aveva mai data…’ chiude la Calabria dove sembra che i posti in terapia intensiva siano dell’ordine di poche decine. Per tutta risposta il Vis-Conte, col suo addetto stampa con l’aria mefistofelica, risponde annunciando in piena notte un decreto che avrebbe bloccato tutte le attività non essenziali, senza precisare quali fossero. Gli industriali del Nord hanno spiegato al governo che bloccare la produzione in certi casi può significare chiudere e non riaprire, tenuto conto che le quote di mercato sono il frutto di lotte dure, preparate nel tempo, e, se uno esce, non è facile rientrare quando esiste un concorrente, un’alternativa.
Ma in un mondo di dilettanti si può continuare a gridare come fanno il Salvini o il governatore del Friuli Fedriga, in modo fintamente pacato, che bisogna sospendere le tasse, che la salute viene prima di tutto, che bisogna fare un intervento molto più pesante e chiudere ogni attività: soldi a tutti, ‘pane a buon mercato’, già…ma chi paga? Chi ci presta i soldi, visto che siamo molto indebitati?
I mentecatti, inclusi taluni ministri che stanno al governo, che per anni hanno predicato l’uscita dall’Euro o quelli come il Salvini che, poche settimane fa, ha ribadito l’Italexit, mica si scusano. Anzi, ci sono i due famosi (…) economisti leghisti i quali, come d’uso all’asilo, si sono arrogati il merito di aver costretto la Banca Centrale Europea a cambiare strategia ed aprire la borsa! La mosca cocchiera di La Fontaine gli fà un baffo…
Ci voleva questa piaga biblica per far comprendere agli stolti che nell’economia globale far da soli è da incoscienti o velleitari e che non si sfida, se non simbolicamente, il carro armato con la fionda; chi lo fà lavora contro il paese, cioè contro tutti noi.
Quest’emergenza grave è stata gestita in modo amatoriale, anche se pochissimi sarebbero stati in grado di non sbagliare, ma quel che sicuramente è emerso è che la regionalizzazione all’italiana con la duplicazione di interventi del governo centrale è un’idiozia; il Pd ne porta la responsabilità per aver ceduto agli scalmanati della Lega che voleva la secessione del Nord o tornare con l’Austria nel Lombardo–Veneto.