Carlo Biancheri
Siamo rimasti basiti ad ascoltare il card. Scola intervenire, dopo il
discorso al mercato del Presidente della Consob, già Sottosegretario
all’Economia del Governo Berlusconi che, in spregio a tutti i principi internazionali
di indipendenza dei vigilantes,
votò tranquillamente la fiducia Governo, pur essendo già stato
nominato Presidente dell’organo di controllo.
Un politico di lungo corso, Vegas, conoscitore della contabilità
pubblica più che del mercato finanziario e, in particolare, quello borsistico,
come emerge dai suoi interventi ha
pensato bene, in assenza del Ministro dell’Economia (la prima volta se non
andiamo errati…), di invitare un animale raro, di quelli che fanno la fortuna
in un circo: l’arcivescovo di Milano. In effetti, dinanzi ad un parterre in molta parte in sintonia con gli ambienti massonici,
il prelato formatosi in quel pasticcio di Comunione e Liberazione ed avendo
come maestri indiscussi Giovanni Paolo II (di cui abbiamo rilevato a più
riprese la fragilità filosofica e quindi teologica) e Benedetto XVI (il cui
agostinismo ‘spinto’ insieme ad una incapacità di gestione ha ridotto la Chiesa
cattolica a mal partito) pareva un animale esotico e si è avventurato, pur
definendosi ‘laico’ nel contesto del mercato mobiliare, in un discorso
lambiccato in cui emergevano carsicamente i concetti di relazionalità (forse
tributario di un personalismo d’accatto?) e di eticità.
Grande scoperta del prelato è stata che nel mercato finanziario non c’è
solo il potere del denaro, ma l’asimmetria informativa, cioè per parlare come
si ‘magna’: alcuni hanno maggiori informazioni di altri… E poi c’è l’anonimato
dei partecipanti al mercato…
Successivamente si è lanciato a distinguere tra assunzione di rischio ed
‘incertezza’, dando a quest’ultima una valenza negativa, per preparare il
terreno all’eticità.
Per dare maggior peso al suo discorso si è avvalso dell’enciclica del
papa emerito Caritas in Veritate che,
come abbiamo avuto modo di sostenere, essendo l’emerito profondamente
avverso a San Tommaso, dice cose in contrasto con le grandi encicliche sociali
come la Rerum Novarum, la Pacem in terris, la Populorum progressio,
oltre che con la costituzione conciliare Gaudium
et Spes. Il papa, infatti, auspice l’’opificio’, sostiene che la
speculazione finanziaria sia un male in sé denotando con ciò una certa sfiducia
nel creato, pur proclamata, e nella capacità dell’uomo di agire secondo ragione
(v. Genesi V … “e Dio vide che tutto ciò era buono…”)e, segnatamente,
condannando i prodotti finanziari derivati, che, a nostro avviso, sono in sé
neutri…
Male ha fatto lo Scola ad avventurarsi su questo terreno perché ha
mostrato di non sapere che sull’anonimato, da decenni, esiste una normativa
comunitaria come pure sull’asimmetria informativa (sono diverse le direttive che
se ne occupano, a cominciare da quella sugli abusi di mercato per terminare
alle operazioni con parti correlate nelle direttive contabili).
Non è da pastore parlare di quel che non si conosce: occorre esser più
umili; per dire qualcosa di serio, avrebbe potuto benissimo costituire un
gruppo di lavoro con esperti di mercato credenti, con cui elaborare linee per
valutare i problemi etici nel mercato borsistico. Si sarebbe forse accorto che
il concetto di ‘fairness’ dei mercati
è il leit motiv del mondo anglosassone dopo la grande crisi del 1929 negli
Stati Uniti e che non è di per sé un concetto cristiano (noi con Chenu e
Maritain crediamo che, a volte, è cristiano ciò che è pienamente umano…) come
pure quello di equal treatment…
Non farebbe meglio il Vescovo invece di fare discorsi pasticciati
occuparsi delle sue pecore, l’odore delle pecore e non impedire alla diocesi di
Milano di essere in aperta sintonia col papa Francesco, citato in modo
residuale nel suo intervento?