Chi è stato
allievo dei gesuiti, in altri tempi, sa bene che la pedagogia, frutto di una
tradizione consolidata in centinaia d’anni, consisteva sostanzialmente nell’ottenere
due obiettivi: la riuscita individuale con affermazione nella vita
professionale e l’esercizio della volontà, senza troppo perdersi sui contenuti
che venivano proposti e per i quali si richiedeva l’obbedienza totale.
L’orgoglio
individuale era il cardine del sistema di formazione della classe dirigente che
prevedeva, a fine anno, la promozione degli studenti migliori su un palco: in
prima fila le medaglie d’oro con diritto a riceverla dal cardinale, poi più in
alto, sempre sul palco, le medaglie d’argento consegnate dal vescovo ausiliare
e, infine, quelle di bronzo che un abate benedettino, equiparato ad un vescovo
(…) dava agli alunni che si erano fermati al bronzo. Un metodo rivolto ad
ammirare il successo, in sostanziale consonanza con i calvinisti americani per
i quali il looser (il perdente) era un reietto: in base alla dottrina
della predestinazione, a Ginevra, il fallimento era un segno divino di dannazione…
Per questo i padri nei colloqui con i genitori erano inclini alla brutalità,
con giudizi di mediocrità degli studenti senza possibilità di appello.
L’indottrinamento
degli studenti, oltre alla Congregazione Mariana, dove si insegnava una sorta
di attivismo, il fare le opere buone, discutere temi religiosi per
animare il mondo o culturali – per questo c’era anche il Cineforum- si
incentrava in tutti gli incontri nel far emergere i migliori mentre la sanzione
per gli altri era la disistima o l’indifferenza dei compagni e dei padri stessi
che, come in una dinamica di gruppo, lasciavano scatenare l’aggressività, quasi
fossero spettatori…
La pietà
religiosa era formale: tutti si inginocchiavano insieme all’ingresso in Chiesa
ad uno schioccare di dita del prefetto, un gesuita giovane, che aveva in carico
la classe. La confessione era un tribunale con un giudice che emetteva la
sentenza. L’istruzione religiosa era sostanzialmente fondata su libretti
sulla vita di san Domenico Savio, di san Luigi Gonzaga, dei gesuiti martiri
-con dovizia di particolari (spellati vivi)- tra gli irochesi in America del
Nord o in Giappone.
Dovere, dovere e riuscita ad ogni costo e per allenarsi qualche noce nel letto non guastava…; per chi si sottraeva era sottinteso che il destino fosse l’inferno.
Dovere, dovere e riuscita ad ogni costo e per allenarsi qualche noce nel letto non guastava…; per chi si sottraeva era sottinteso che il destino fosse l’inferno.
In questo
ambiente di Rambo spirituali gli adolescenti erano perlomeno spaventati e, se
superavano lo choc, si abituavano a concentrarsi per ottenere, a
qualsiasi prezzo, il successo individuale, a scapito dei sentimenti; chi non
aveva un solido sostegno famigliare era la vittima designata.
Si spiega
così che tanti ex allievi dei gesuiti, atei notorii ma riusciti nella
vita, fossero trattati con deferenza e financo premiati perché l’obiettivo
dell’ordine è la conquista del mondo…
Ma, come
rilevava Pascal nel Seicento, le cose non sono così chiare e nelle famosissime Lettere
provinciali dove denuncia il relativismo ed il situazionismo
gesuitico – un comportamento è lecito al di qua del fiume e al di là invece non
lo è…- spiega bene in una di queste lettere quale sia l’intento del metodo
gesuitico, una lettera che è una sorta di intervista ad un padre, la sesta.
‘Gli
uomini di oggi sono così corrotti che non potendoli far venire a noi, bisogna
che siamo noi ad andare loro incontro; altrimenti essi ci abbandonerebbero,
peggio ancora, si lascerebbero andare completamente. È per trattenerli che i
nostri casuisti hanno presi in considerazione i vizi cui la gente di ciascuna
condizione è più attaccata, per stabilire delle massime così dolci – senza
tuttavia offendere la verità- che per non esserne contenti si dovrebbe essere
di ben difficile contentatura; infatti il progetto fondamentale della nostra
Società per il bene della religione è di non respingere nessuno per non fare
disperare la gente.
Abbiamo
dunque massime di ogni tipo per i beneficiari, per i preti, per i religiosi,
per i nobili, per i domestici, per i ricchi, per coloro che sono in commercio…,
per le donne devote e per quelle che non lo sono…’. Non è una citazione della Leggenda
del Grande Inquisitore di Dostoevskij che, come abbiamo ricordato
più volte in questo blog, non a caso ci informa che l’Inquisitore è un gesuita…
il quale chiede a Cristo perché sia tornato… e, nondimeno, la consonanza degli
argomenti è impressionante, a distanza di secoli; infatti l’Inquisitore dice a
Cristo: a questa gente ci pensiamo noi…
Se questo è
il contesto, si comprendono meglio le conclusioni del Sinodo sull’Amazzonia in
una Chiesa che sta diventando vieppiù una caserma o la succursale della
Compagnia di Gesù.
Sono alcune
centinaia di migliaia gli indios della foresta e non ci scandalizziamo
se alcuni diaconi permanenti sposati vengano ordinati sacerdoti, sempre che
ottengano una formazione seria e non di tipo nordestino, si direbbe in
Brasile…: il grande argomento è che i fedeli hanno il ‘diritto’ all’Eucarestia
– ma il desiderio dell’Eucarestia di per sé non è sufficiente? E in Corea non
sono vissuti forse per secoli dei laici cristiani, senza preti? Avevano meno
fede? Non sembra affatto- e c’è scarsità di preti. Il fatto è che si vuole
trovare delle massime, avrebbe detto Pascal, buone per tutti perché ogni cosa
si trasforma in problema pratico che va risolto con una prospettiva umana. La
grazia, l’altra vita? Beh… Col prete che guida la comunità tutto è risolto?
Certamente se il prete ha una famiglia dovrà - chi ha vissuto nell’Europa
dell’Est lo sa benissimo - dedicare molto tempo ad essa e quasi senza
accorgersene diventa un leader di comunità più che colui che amministra i
sacramenti. Quanti pope sposati sono diventati muezzin in una notte quando il
sultano saliva su per la Tracia, tenendo poi schiavi i Bulgari per quattrocento
anni? Dovevano salvare il paese… come i lassi… ma il cristianesimo non sembra
privilegiare le soluzioni umane: umano, troppo umano, direbbe Nietzsche…
Anche il
ruolo delle donne… Il Cristo ha rotto tante convenzioni del suo tempo,
indicando come modelli i Samaritani, o sostenendo che le prostitute e i
pubblicani ci precederanno nel Regno o apparendo risorto tra i primi alla
Maddalena e non poteva forse scegliere le donne alla pari dei discepoli? Non lo
ha fatto. Ci sono ‘i segni dei tempi’ insegna il Concilio Vaticano II, ma…
alla luce della fede soprannaturale e chi lo seguiva all’epoca se ne ricorda
benissimo.
Sarà un
sospetto: sembra sia sottesa un’impostazione che riduce la Verità a verità
storica e la teologia ad ermeneutica e la religione ad affettività soggettiva,
come vogliono i corpulenti vescovi tedeschi che tra una birra e l’altra fanno
parte di una nazione che, si dice nell’Europa del Nord…, ha creato tragedie
umane ogni quarant’anni…