Carlo Biancheri
L’avvocatessa francese Christine Lagarde, nominata a capo della BCE per meriti governativi in Francia e anche per
sostegno della massoneria internazionale, ha iniziato la presidenza
alla BCE con un’uscita catastrofica per i mercati finanziari.
L’arroganza transalpina, che l’ha voluta, faute de mieux…, prima al Fondo monetario internazionale, come Direttore Generale di
nomina europea, e adesso Presidente della BCE, ci ha già presentato il
conto e, particolarmente, all’anello debole della catena, cioè a noi.
La
sua presidenza, neppure raffrontabile con quella di Draghi che,
diversamente da lei, si intende di macroeconomia e di mercati, si
inscrive nella linea di un altro campione, quel Trichet che alla BCE
aveva tenuto il tasso di cambio Euro/Dollaro a valori spropositati,
danneggiando per anni l’economia reale europea. Anche lui era stato
Direttore generale del Tesoro francese, un ruolo tra il politico e
l’amministrativo oltreché mondano in tutte le loggette del tout Paris, nella persuasione che presiedere una Banca centrale – fu in effetti Governatore della Banque de France - sia una sorta di compito di compliance, come la chiamano gli anglosassoni e la Lagarde, nella sua carriera, ha fatto principalmente questo, oltreché policy/politica spicciola inclusa.
Si tratta, invece, di ben altro.
Già al Fondo Monetario Internazionale, mentre Strauss Kahn, cacciato in quanto sex addict,
ricorderete la storia della cameriera di colore in albergo, era molto
capace, la Lagarde è riuscita a fare una serie di castronerie colossali
come Direttore generale del Fondo, specie nella crisi greca, di cui si è
dovuta persino scusare. È pignola la ragazza e legge tutte le carte, ma
non capisce le cifre e, soprattutto, è molto attenta a non rompere il
patto di ferro con i tedeschi della Bundesbank che, evidentemente,
finita l’era Draghi, l’hanno spinta alla prudenza in un momento
eccezionale, comparabile ad una guerra, e che la supponente avvocatessa
non ha capito. Per la verità non sa che fare, perché non ha la
preparazione necessaria e, sebbene consigliata, è più attenta alla
politica che ai dati economici; i risultati oggi sono sotto gli occhi di
tutti: neppure nel 2008 dopo il crollo di Wall Street per il fallimento di Lehman le borse avevano perso tanto in un solo giorno.
Che
lezione ricavarne? Gli equilibri politici che hanno portato alla sua
elezione sono una buffonata e l’Europa non può continuare nelle sue
scelte fondate sull’appartenenza ai Clubs (…), perché, come insegna la massona Marguerite Yourcenar, nella prefazione alle Memorie di Adriano, l’economia è la vita della gente comune e, quindi, qualcosa di troppo serio per affidarla a dei dilettanti.
In
questo Blog non abbiamo fatto che scrivere per anni che lo slogan ‘uno
vale uno’ fosse un’idiozia, ma anche le scelte che prescindono dal
valore e dalla capacità delle persone sono un danno gravissimo.
Normalmente i tedeschi non hanno una vocazione transnazionale, perché,
da provinciali etnocentrici, vogliono semplicemente esportare il loro
modello o servirsi degli altri; a riprova pensate ai tedeschi del Volga
o ai Sassoni della Transilvania che per secoli hanno mantenuto in modo
separato la loro lingua e le loro tradizioni. Per questo, nelle sedi
multinazionali non sono quasi mai proactive, caso mai seguono le
proposte altrui, anche con mediazioni apprezzabili. Già la Commissione
Von der Leyen è sotto tono e non sembra pronta ai grandi confronti
planetari – con Trump e la Cina- e neppure a quelli interni all’Unione o
alle conseguenze della Brexit, affidate ad un testardo savoiardo che
non ha certo una visione, come dimostrato da Commissario al mercato
interno la cui linea è stata: quieta non movere.
Noi,
con un governo di mezze calzette, non riusciamo a dare un contributo
significativo. Ci limitiamo a chiedere flessibilità per aumentare il
debito – chi lo pagherà?- o proporre gli Eurobonds che i nordici egoisti
non vogliono. Ma la casa incomincia a bruciare per un fattore esogeno e
se non si capisce che da un lato i mercati non si possono imbrigliare,
ma dall’altro regole e controlli sono fondamentali, perché, secondo
l’insegnamento di Keynes, ‘un mercato senza regole è una giungla’, le
conseguenze possono diventare molto gravi.
La
gente riconosce facilmente la bravura di un medico, di un chirurgo
capace, ma, come già faceva rilevare Platone, citando la necessità di
scegliere lo stratega per fare la guerra o l’architetto per
l’urbanistica, nella cosa comune, nel governo della polis tutti vogliono metter bocca o si sentono deputati a poter assumere decisioni con gli esiti che possiamo constatare.