venerdì 7 maggio 2021

RIUSCIRA' IL PAESE AD ATTUARE LA SCOMMESSA DI DRAGHI?

Carlo Biancheri

Il rischio calcolato, annunciato dal Presidente del Consiglio che gode di stima nel mondo non solo per quel che ha fatto, come sostengono molti commentatori, ma perché sa operare, merce rara sul mercato, non consiste solo nella riapertura di alcune attività, in contrasto con la politica del giovinetto Ministro della salute, il miglior ministro al mondo a detta del suo furbo compagno di partito Bersani, in costanza del virus, ma nel cercare di far sì che l’Italia cambi e faccia le riforme che erano necessarie fin dai governi Berlusconi e che non sono mai state attuate. Parliamo della Pubblica Amministrazione e delle procedure amministrative e dei controlli, della Giustizia, del fisco, della produttività nelle aziende, della scuola che fornisce mediamente una preparazione inadeguata, delle infrastrutture mai realizzate, della digitalizzazione, della sanità, della ricerca e del quadro istituzionale. Quasi tutto.
Senza alcune riforme il paese non avrà i fondi europei, ottenuti dopo la decisione di Francia e Germania di aiutare l’Europa del Sud e, segnatamente, l’Italia. Inoltre, il paese sarebbe avviato ad un declino che lo renderebbe, come già fu la Turchia alla fine dell’impero ottomano, il malato d’Europa e metterebbe in forse lo sviluppo della stessa costruzione europea. La novità consiste nel fatto che si paga solo su quanto realizzato, non più su impegni puntualmente disattesi. Si tratta di prestiti ma, contrariamente a quel che sostengono gli ignoranti, non avremmo potuto ottenerli sul mercato a queste condizioni, per questo ammontare e con queste scadenze e poi ci sono le elargizioni che restituiremo solo pro-quota in quanto partecipanti alla UE di cui siamo divenuti beneficiari netti: questo valga per coloro che continuano a predicare un distanziamento dall’Unione Europea, operando contro gli interessi del paese e ci riferiamo ai sovranisti, ai nazionalisti d’accatto.
Il ventennio della presenza di Berlusconi sulla scena politica ha marcato una generazione perché è stato un grande imbroglio. Il paese non ha fatto alcuna riforma ed è passato il messaggio che chi ha iniziativa e sa aggirare le leggi fa fortuna e cioè la furbizia ha soppiantato l’intelligenza ed il merito. La stagione dell’Ulivo e successivamente la nascita del Pd non hanno portato a molto, perché la fusione a freddo del Pc con la sinistra di ispirazione cristiana ed altre forze è stato un amalgama mal riuscito e lo si vede adesso. Tutti si riempiono la bocca di citazioni di De Gasperi, omettendo di dire che era uomo di centro, attento alle esigenze sociali. E già quel centro politico che non condivide che oltre il 60% dell’economia italiana sia in mano pubblica, perché dai pochi monopolisti ottocenteschi, di cui parlava Marx, si passa ai pochi burocrati, alle loggette di potere dei boiardi di Stato, che gestiscono le utilities (luce, gas elettricità, strade, ferrovie, poste, trasporti, industria bellica ecc.) senza nessun vero controllo di merito. Nessuno spazio per l’iniziativa privata che potrebbe ampliare l’offerta, anche se i nostri grandi imprenditori sono abituati a privatizzare i profitti e a socializzare le perdite, invece intralci di leggi demenziali e regolamenti ostativi.
Si ha l’impressione che negli ultimi trent’anni il paese sia convissuto con una classe politica di cui non aveva alcuna fiducia e che auspicava che non facesse danni, senza mai chiedere le riforme necessarie per far funzionare bene la cosa pubblica. Il Partito Democratico e i suoi intellettuali, che ora fanno autocritica, ha avuto responsabilità colossali insieme alla Lega per la riforma del titolo V della Costituzione che con l’autonomia regionale spinta ha creato tanti piccoli staterelli: la crisi pandemica ne ha mostrato l’inefficienza ed il disordine complessivo.
In questo contesto si pone la sfida epocale di Draghi che non ha solo scritto in modo accettabile il Recovery Plan e cacciato i telepredicatori incapaci, ma ha cambiato metodo nel senso che ha imposto che la politica si giudichi sulle cose fatte, non sugli annunci di quel che si spera.
I politici che avrebbero dovuto fare tutto ciò da un pezzo come si situano?
Da Parigi è tornato ‘l’eterno adolescente’ Letta che ha subito dichiarato che vuole dare il voto ai sedicenni (…) istituire lo ius soli e che, per la parità di genere, ha cacciato i capigruppo del Pd mettendo due donne, quasi fossero la ‘riserva indiana’ da tutelare: le donne se sono brave, come Tina Anselmi, si impongono, altrimenti per quale arcano motivo debbono, d’ufficio, ricoprire incarichi? Per un merito di sesso? Mi viene in mente l’atteggiamento analogo di certi avversari del razzismo che considerano le razze diverse dalla bianca superiori: chi è scevro da pregiudizi razziali considera semplicemente gli altri uguali, senza negare le discriminazioni, che tuttora esistono, e combatterle.
Il Partito Democratico, sotto l’alta ispirazione del guru Bettini, propugna l’alleanza organica con i 5S nell’assunto di ricostruire l’unità di classe e prescindendo del tutto dalla cosiddetta proposta politica di un movimento del Vaffà, fondato dal comico in declino pregiudicato e da un visionario dedito ai testi di Scientology.
Sempre il Bettini propone un’alleanza larga di sinistra-centro e cita persino una corrispondenza di Maritain con un personaggio di sinistra negli Stati Uniti, strizzando l’occhio ai cattolici. Si dà il caso che, se il Bettini fosse meno ciarliero e più profondo, avrebbe letto del Maritain I gradi del sapere e Umanesimo integrale: saprebbe che tutta la linea maritainiana si fonda, ohibò!, sulla metafisica di san Tommaso e di Aristotele e che Maritain, di conseguenza, centra il suo discorso sul bene comune tanto sulla giustizia commutativa -a tutti lo stesso- tanto cara a Marx e alla sinistra storica, che su quella distributiva –a ciascuno secondo il merito e la necessità- che non è propriamente consona alla tradizione marxista dove manca la nozione di persona e dominano quelle contrapposte di individuo e di massa.
Per questo la linea del Letta che si butta sulle ultime novità di successo, come la difesa a testa bassa del ddl Zan, giusta nei propositi ma errata nell’ideologia e nella pedagogia che vuole imporre, è profondamente sbagliata.
Non si può proporre alcuna alleanza organica, prescindendo dai contenuti e negoziando con mediatori opportunisti che si vogliono capi di movimenti in fase di sfaldamento.
I voti si recuperano se si ha una linea politica e si sanno spiegare le ragioni dei sacrifici, invece, se si gareggia coi Salvini e coi populisti, si continua con la politica dell’auspicio e non con quella delle scelte ponderate.
Le forze morali, che hanno avuto tanto peso in questo paese perché hanno esercitato per decenni una funzione di supplenza, attraversano una crisi profonda, a cominciare dalla Chiesa.
Il papa, peronista da giovane, riscuote successi più al di fuori che all’interno della Chiesa, troppo orientata al ‘fare’ a scapito del ‘supplemento d’anima’ di cui è privo il mondo moderno, sostanzialmente materialista: la vita deve essere goduta – per chi se lo può permettere (…)- e quando finisce, beh c’è l’eutanasia, no? Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza…
La Chiesa italiana è imbelle e i movimenti tanto caldeggiati dal papa polacco non hanno prodotto nulla di serio, comparato all’elaborazione culturale precedente. Del resto in Germania, in linea con la Chiesa nazionale nel periodo nazista, si propone una Chiesa sintonizzata con la Storia e con la contemporaneità e cioè secondo le esigenze degli uomini del tempo che non è necessariamente un progresso, con buona pace di Hegel. Si tratta del modernismo di cui alcuni chiedono la rivalutazione.
Il quadro sembrerebbe negativo, ma l’istinto di sopravvivenza e la serietà della crisi economica, non compresa appieno da sinistra e 5S, impongono l’ottimismo della volontà: non c’è alternativa.