domenica 17 marzo 2019

Memorandum of Understanding con la Repubblica popolare cinese: non preoccupatevi, non è vincolante...

Carlo Biancheri

È noto che nel Governo del Vis-Conte dimezzato c’è gente con approfondita conoscenza delle lingue e del contesto internazionale, sviluppata nelle scuole di San Giovanni Rotondo e di Canicattì, salvo il caso del funzionario facente funzione di Ministro degli Esteri, privo di ogni visione internazionale, ma che si esprime correttamente in inglese ed in un francese pedestre, nonostante i molti anni trascorsi a Bruxelles.
La disquisizione adesso è sul significato di Memorandum of Understanding, altrimenti detto Memorandum d’intesa. Il Vis-Conte dimezzato si è avventurato incautamente, come i ragazzini, nel quadro internazionale, senza capirlo, senza conoscerlo e si trova in ambascia per le minacce reali americane in merito alla firma dell’intesa con la Repubblica Popolare Cinese ed i richiami della UE che ricordano le competenze dell’Unione in materia di accordi commerciali con paesi terzi. Abituato com’è a svincolarsi con le parole – spesso a vanvera - si è affannato a sostenere che si tratta di un accordo non vincolante, cioè di acqua fresca. Si dà il caso che nel mondo anglosassone, retto, se Conte non lo sa, da un sistema di Common Law, la maggior parte degli Accordi Internazionali sono redatti nella forma di Memoranda of Understanding dove è labile il confine tra impegno giuridico e politico, come del resto in tutto quel sistema giuridico, fondato sul caso concreto, sul precedente e sull’ethos.
Non ci sono sanzioni in caso di inadempimento del MoU, ma dove sono le sanzioni in sede internazionale se non nei casi di adesione ad una Organizzazione Internazionale, fondata su un Trattato, ratificato dal Parlamento? Sul piano bilaterale, in un’ultima istanza, la sanzione è la guerra, eventualmente dopo aver esperito tutte le forme di retaliation possibili, incluse le sanzioni economiche. Anche se non ci sono vincoli giuridici, per quel che valgono nel diritto internazionale…, si tratta pur sempre di accordo politico a tutti gli effetti, il cui mancato rispetto verrebbe giudicato negativamente dall’interlocutore che non subirebbe l’inadempienza passivamente: il principio che regge il contesto internazionale è quello della buona fede nel concludere gli accordi. Immaginarsi se Mr. Ping, come lo chiama il ragazzetto di Pomigliano d’Arco che forse pensa, come al suo paesello, che ciò che conta è il cognome, quello che segue il nome (…), viene a Roma tra le strade dissestate e la spazzatura dovunque e pochi mesi dopo la firma si sente dire dal governo italiano: abbiamo scherzato… Troverà il modo di farcela pagare in ogni sede internazionale, perché ci tiene alla reputazione di un paese in crescita, di oltre un miliardo di abitanti, che diverrà la prima potenza economica mondiale, ecc., ecc.
Altri paesi europei si sono mossi ben prima di noi, ma lo hanno fatto discretamente, con esperienza diplomatica consumata, senza pestare i piedi, mentre noi ci siamo avventurati col ragazzetto che vuole che i cinesi ci comprino il debito pubblico per poi, in caso di controversia, farci giochetti come quello che ci fece Deutsche Bank quando liquidò d’un botto le posizioni sui titoli italiani e lo spread superò i 500 punti rispetto ai Bund tedeschi… Non conoscendo quasi nulla, ha ampliato a dismisura l’ambito dell’accordo, rendendolo di difficile gestione.
Naturalmente gli USA, come di consueto, non conoscono confini territoriali ai loro interessi e quindi hanno fatto pressioni a non finire; bisogna resistere alla prepotenza, ben sapendo, però, che gli americani hanno la memoria lunga e la fanno pagare e sono quelli che assicurano la nostra difesa, perché il nostro esercito ha ancora, come nella ritirata di Russia, gli scarponi di cartone, forse di plastica adesso…, e senza gli USA quanto saremmo in grado di resistere ad un attacco? E la tecnologia? È made in Italy? Ecco il contesto.
La lezione che ne traiamo è quella che siamo in mano ad un governo di dilettanti che raccontano un mare di frottole ai gonzi e che non sono in grado di affrontare la crisi economica con un’iniziativa chiara; i soli provvedimenti che adottano sono quelli di propaganda e lo fanno a debito. E questo è il punto, perché hanno varato iniziative pasticciate, finanziate con ‘pagherò’ a scadenza a fine d’anno quando si approverà la nuova legge di bilancio; nel mentre hanno occupato tutte le poltrone, bloccato tutte le opere pubbliche – altro che opere in ritardo di quarant’anni!- per fare l’analisi costi benefici, affidata agli amici, con dei ministri che credono che la loro funzione sia quella di ispezionare i luoghi e non di sedersi alla scrivania e di farsi portare le carte e decidere. L’informazione pubblica è cosa loro e la RAI, pagata da noi, è come l’EIAR fascista, perché è solo propaganda. Le voci libere e di qualità vengono messe a tacere, tagliando i finanziamenti pubblici.
Ci avviciniamo alla boa dell’anno di governo con risultati pessimi: eravamo in crescita e siamo in recessione, le agenzie di rating continuano a graziarci per l’impatto che avrebbe sull’intera Europa un giudizio serio sul paese, l’occupazione non aumenta affatto e lo spread è stazionario: il doppio di quello col governo precedente.
Si vede benissimo che non sanno che fare e che aspettano il voto europeo per decidere come atteggiarsi.
Bisogna salvare il paese e mandarli a spasso…