giovedì 30 maggio 2013

LE PAROLE E LE COSE...

    
Carlo Biancheri
Rosa Elisa Giangoia


      Noi non conosciamo le cose in sé, ma solo i fenomeni e organizziamo le nostre conoscenze secondo regole della ragione; inutile pretendere di conoscere la realtà esterna, per noi inaccessibile. Il soggetto, in ultima analisi, è quello che dà valore agli oggetti della conoscenza, mentre il nostro operare in termini di bene/male  deve esser fondato su imperativi categorici: opera il bene, evita il male.    Già…, ma cos’ è bene e male, come si definisce…? Questi assiomi, che tutti i poveri studenti delle discipline umanistiche sono stati costretti a studiare -Aristotele diceva che l’errore è incomprensibile…- reputati  indiscussi da oltre duecento anni, sono stati elaborati da un personaggio che ci ha svegliato dal sonno dogmatico, diceva lui…, ma che, con le conoscenze attuali, sarebbe inquadrabile in un caso clinico di nevrosi ossessiva, se non di paranoia (ossessione per la masturbazione, passeggio tutti i giorni dell’anno alla stessa ora, stesso itinerario, tanto che i concittadini lo utilizzavano per conoscere l’ora…). Può un individuo con caratteristiche paranoiche dettare l’episteme che sta alla base del pensiero moderno? In filosofia? Verrebbe da rispondere di no e, infatti, nella vita quotidiana e nella scienza tutti continuano a cercare le cause del reale… e non si attardano sulla nozione di fenomeno … Queste dappocaggini,  tuttavia,  hanno avuto i loro sviluppi e sono state patrocinate a man bassa dai fratelli di loggia dell’inventore (non è forse insano aderire ad una associazione segreta…?) e hanno generato il soggettivismo/relativismo di cui si parla tanto oggi, perché ci ha condotti all’anomia e all’afasia; anche il cosiddetto nuovo realismo si muove in un ambito fenomenologico, ahimè. Il Wittgenstein del Tractatus logico-philosophicus aveva inquadrato il problema, allorché sosteneva che in filosofia o si è realisti o si è idealisti: tertium non datur, diciamo noi; una sorta di scelta di campo…   La scelta di campo idealista, in cui metteremo,  ad honorem,  anche il Kant, riduce tutto al metodo, perché non si interessa dei contenuti, degli oggetti appunto, perché inconoscibili e trasforma la filosofia in epistemologia, organizzazione del sapere. Così il famoso pensiero liberale si incentra tutto su un problema di confini, di limiti, non di oggetti al di fuori dell’individuo, titolare dei diritti… Quali diritti, quale giustizia? Dipende… dal sistema di riferimento… E chi lo sceglie il sistema di riferimento? Che domande…  il sistema si dà!
      In cultura  funziona come nella società: le idee vengono elaborate in una piccola cerchia, poi si diffondono e arrivano alle masse: pensate al problema di genere che si dibatte adesso…, la prossima frontiera sarà la mutazione umana (metà uomo/metà animale) e poi la nozione stessa di uomo… giacché l’uomo cambia…
      La regola di comportamento che sempre più va imponendosi è quella che nasce come giustificazione di un soggettivismo che si fa norma, a prescindere da una concezione dell’uomo che trovi in essa ragioni di leggi morali. Andando verso una sempre più accentuata perdita di senso e valore della verità oggettivamente fondata e fondante, la parola sta diventando più forte della verità. Di fatto ormai è la parola stessa che parla, in quanto suona, risuona, si riproduce, evoca, si fissa e con la forza del suono produce verità non vere, che si affermano quanto più la parola non vera è usata dal potere. Il potere si avvale delle parole in quanto tali, indipendentemente dal loro rapporto con la realtà e la verità. Il potere è di chi sa usare con più scaltrezza le parole.
       Pericolosissima è la diffusione di queste teorie soggettivistiche  nel quadro politico o nel pensiero religioso.
       Ci sono teologi (o reputati tali…) nella Chiesa cattolica che trasformano la Chiesa in un luogo di incontro dell’umano, prescindendo dal messaggio…, dal kerigma. Per andar dove? Il fratello musulmano è ben convinto che io come uomo del Libro non sono nemico, ma se non mi converto devo almeno esser trattato come schiavo: Cristo è un inviato, ma non è il sigillo dei profeti e Dio non può essere Uno e trino; la fede nell’Islam è un fatto naturale, perché Dio fa della natura quel che vuole: il sole può sorgere a mezzanotte… Ci sono differenze di sostanza… ci sembra…,  anche se il dialogo è sempre da preferire come fece Francesco ‘piccolino’  prima della battaglia di Damietta. Ma poi tornò in Italia…
       Preoccupa questo paese smarrito, il nostro. Ha smarrito la sua cultura, anche perché i media non sono capaci ad operare in termini vero/falso, ma al contrario fabbricano la notizia, cioè quel che colpisce… per fare notizia.
       I discorsi sono sempre più sistemi di segni che non rimandano ad altro, ma pratiche comunicative che invece di comunicare realtà e verità formano sistematicamente con autosufficienza gli oggetti di cui parlano: sono pratiche che dipendono dal potere, ma che nello stesso tempo generano anche potere, in quanto producono discorsi che vengono fatti funzionare come veri. E’ l’esercizio del potere che determina nuove forme di sapere e il sapere di conseguenza porta con sé effetti di potere.
      Nella vita politica lo smarrimento di un principio di realtà/verità, che non sia soggettiva, è ancora più foriera di disastri. Quel che conta è persuadere, non riconoscere un problema e proporre come cercare di risolverlo. Volete un esempio? Non si paga l’IMU, va bene…  e chi dà i soldi che mancano? Come si finanziano le scuole, gli ospedali? Come si pagano i dipendenti pubblici e i pensionati? Oppure: bisogna investire sul lavoro… e chi ci mette i soldi? La produzione deve andare avanti comunque, prescindendo dagli acquirenti dei beni prodotti? O deve essere in perdita? Viviamo o no in un regime di mercato o viviamo in un regime in cui i mezzi di produzione sono dello Stato? O ancora: il disastro è tutta colpa della finanza. E’ vero (specie quella anglo-sassone e deregolamentata…), ma… si può prescindere dai mercati finanziari? Davide ha vinto Golia con la fionda, ma per l’intervento divino… non è la regola. Manca appunto una presa d’atto della realtà per fuggire nell’immaginario, che è ciò che caratterizza in buona parte questo tempo con troppe informazioni non gestibili.
      La ricostruzione dell’umano passa da un principio di realtà e di inevitabilità della via stretta, anche se in assenza di solidarietà non si va da nessuna parte. Occorre smascherare l’imperante catena di parola-sapere-potere con una miriade di azioni, di interventi, di confutazioni, in modo costante e capillare, per far emergere la realtà.