mercoledì 15 agosto 2018

IL PONTE CROLLATO E LA GRONDA

Rosa Elisa Giangoia

La responsabilità per il crollo del ponte Morandi a Genova è indubbiamente della politica, di tutti quelli che sono stati al governo negli ultimi 30 anni. Così almeno si evince dalle relazioni tecniche che hanno fatto sì che già vent’anni dopo l’inaugurazione del ponte si evidenziassero i suoi difetti strutturali e si cercasse di sopperire con continui monitoraggi e lavori di manutenzione, con costi enormi, che non sono serviti ad evitare l’odierna tragedia. La vera responsabilità è stata quella di non aver avuto il coraggio, per non creare disagi e svantaggi ai troppi utenti, di chiudere quel ponte e provvedere altrimenti allo scorrimento del traffico. Nel 2009 si sosteneva che il ponte Morandi dovesse essere abbattuto e si dovesse trovare una soluzione alternativa per la viabilità del Ponente genovese e l’architetto Calatrava già nel 2006 si era candidato per disegnare e realizzare un nuovo ponte in acciaio. Si calcolava che la demolizione avrebbe richiesto dagli 8 ai 12 mesi con evacuazione temporanea di alcuni palazzi. La soluzione doveva essere radicale e poi  era stata individuata nella famosa gronda di Ponente di cui a Genova si parla da 10 anni e che mai è stata attuata. A questo punto le cose si fanno più chiare. Perché il progetto della gronda è sempre rimasto in sospeso? Perché c’era chi lo contrastava con movimenti di tipo populistico delle cui voci e istanze si è appropriato il M5S a chiari fini elettorali e anche per scarsa competenza sull’aspetto tecnico della  questione.
La Gronda avrebbe rappresentato un’alternativa, almeno temporanea, per tutti i veicoli e una via di transito costante per alleggerire il passaggio dei veicoli su ponte Morandi, aumentati nei decenni in modo esponenziale. Ma la Gronda non si è fatta per non scontentare quei movimenti di opposizione, sempre più cavalcati dai 5stelle, fin da quando Grillo riteneva tale opera un inutile spreco di denaro e incitava a gran voce con il suo fare da istrione il pubblico, gridando “Dobbiamo fermarli con l’esercito!”.
Con i governi Renzi e Gentiloni sembrava che il progetto Gronda potesse andare in porto, tanto che i lavori pareva dovessero partire entro la fine di quest'anno, ma pochi giorni fa il ministro delle Infrastrutture, il grillino Danilo Toninelli, aveva inserito la Gronda tra le opere che sarebbero state sottoposte a «una revisione complessiva, che contempli anche l'abbandono del progetto». Sulla stessa identica linea anche il vicepremier Luigi Di Maio, che a un'autostrada proponeva l'alternativa di mezzi più ecologici, come i reciproci passaggi in auto: «Bisogna soprattutto investire sulla mobilità sostenibile, utilizzando i soldi della Gronda per potenziare il trasporto pubblico, per potenziare la mobilità condivisa, soprattutto quella elettrica, per permettere il trasporto dei passeggeri su ferro».
Prontamente ieri Toninelli ha smentito se stesso e ha cambiato posizione, dicendo a chi lo intervistava: «Chi pensa che il M5S sia contro le grandi opere si sbaglia di grosso, noi siamo contro quelle che sono una mangiatoia di soldi pubblici. Bisogna fare quelle utili, vogliamo impiegare le risorse prima di tutto per la manutenzione. Faremo nuove opere che siano alternative a quelle presenti che sono troppo vecchie». Il ministro delle Infrastrutture ha poi ribadito che la priorità del governo sarà quella della «manutenzione e messa in sicurezza di ponti e viadotti che sono stati costruiti negli anni 60».  Lui pensa che noi non ricordiamo…, ma ricordiamo anche altro. Ricordiamo che nel 2013 sul blog del Movimento comparivano le tesi di chi liquidava come pretestuose le segnalazioni sui problemi di stabilità del ponte Morandi: era un comunicato del comitato “No Gronda” leggibile fino a ieri pomeriggio, quando improvvisamente è stato rimosso dal blog. Ad osteggiare la gronda erano gli illustri esponenti del grillismo ligure, capeggiati da Alice Salvatore, che dall’alto della loro incompetenza tecnica bollavano come insostenibili le tesi di chi metteva in guardia sullo stato di pericolo del viadotto sul Polcevera. Ad essere presi di mira erano gli allarmi di chi, come l’allora Presidente di centro-sinistra della Provincia, Alessandro Repetto, sulla base di precise relazioni tecniche, denunciava l’instabilità del ponte, cosa che veniva indicata dagli avver
sari come un semplice pretesto per ribadire la necessità della gronda. Sulla questione il dibattito negli anni scorsi è stato serrato. Basta ricordare lo scontro tra Paolo Putti del M5S e l’allora presidente della Confindustria che nel 2012 disse: «Quando tra dieci anni il Ponte Morandi crollerà, e tutti dovremo stare in coda nel traffico per delle ore, ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto no». A dire un imperioso no alla gronda era stato appunto Putti che aveva anche affermato che il modo di pensare degli avversari fosse «connaturato alle democrazie immature dove la prevalenza dei diritti forti di pochi, rispetto agli interessi collettivi, prevale agli interessi collettivi di molti». Purtroppo non si trattava di far prevalere gli interessi di pochi…, ma di salvare la vita di molti.
Purtroppo solo all’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci, non risulta «che il ponte fosse pericoloso e che andasse chiuso», come ha affermato ieri in un’intervista. Questa dichiarazione può essere facilmente smentita dalle foto che circolano in rete dello stato del ponte una settimana fa che mostrano sfilacciamenti e danni all’infrastruttura. Ma già nel 2016 l’allora senatore di Scelta Civica Maurizio Rossi denunciava la pericolosità del ponte per cui si rendevano necessari interventi di manutenzione straordinaria. Ora pare chiaro che lavori di manutenzione non fossero sufficienti, in quanto il problema era strutturale e andava affrontato in modo radicale.
La vicenda di Genova, chiaramente una “tragedia annunciata”, diventa esemplare della negatività di quei “comitati del NO” che hanno prosperato in questi ultimi anni in Italia e hanno fatto da piedestallo elettorale al M5S, composti da malati di protagonismo che non capiscono che le priorità di un gruppo di persone non possono essere quelle di tutto il paese e soprattutto fanno prevalere le loro chimere sulla solidità tecnica e scientifica. È la linea pericolosa dell’incompetenza al potere che il M5S sta portando avanti, miseramente crollata di fronte a questa «immane tragedia» che dovrebbe almeno rappresentare un monito ed aprire gli occhi riguardo ad altre questioni, in primis quella dei vaccini.
Per questo Genova oggi non ha bisogno dell’invasione dei ministri, capeggiati dal presidente del consiglio Conte in tenuta da soccorritore, oggi Genova non deve diventare il palcoscenico di una campagna elettorale e nemmeno il luogo di additamento di colpevoli tanto per dare qualcuno in pasto all’opinione pubblica, come urla Salvini nella sua smania di protagonismo, ma piuttosto il luogo di riflessione sull’assunzione di responsabilità di chi si impegna in politica e sul giusto peso da dare alle acquisizioni della scienza e della tecnica da parte di tutti, dei politici, ma anche dei cittadini che non devono improvvisarsi tuttologi di fronte alla complessità del sapere attuale.

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Ciao professoressa, ho letto con interesse quello che hai scritto sul blog "Amicus Plato...".  In queste ore di tragedia ed ancor più leggendo il tuo  articolo, ho fatto molte riflessioni in qualità di cittadino ma anche di addetto ai lavori; le scrivo solo a te perché ho visto che in queste ore ogni parola suscita polemiche:
  1. Questo ponte è lo specchio di un paese decrepito, che non ha la forza la voglia e le risorse culturali per risollevarsi
  2. In molti hanno cavalcato il ronzino dell’ambientalismo, che tanto ha rovinato e rovina il paese. Questo è stato possibile grazie alla storica refrattarietà e diffidenza degli italiani verso il sapere scientifico e tecnologico. Certo oggi il M5S, capendo bene che siamo nell’era della rabbia e della paura, ha proficuamente cavalcato questo ronzino usando la voce virulenta, ma in passato altri schieramenti più “democratici” e “colloquiali” lo avevano fatto. A tal proposito ricordo che quando ero ragazzino si approfittò del disastro di Chernobyl per istituire un referendum contro l’energia nucleare, nella quale l’Italia era in posizione di avanguardia almeno in Europa: le sette sorelle se ne giovano tutt’ora.
  3. Questo ronzino è stato cavalcato anche nei confronti della cosiddetta “Gronda”, con l’istituzione ad esempio di un dibattito pubblico. Io mi domando: siamo sicuri che i dibattiti pubblici ed i comitati di quartiere siano luoghi di democrazia? Secondo me no, per il semplice fatto che non rappresentano la popolazione e nemmeno una sua media statistica: sono formati prevalentemente da pensionati passatisti ed egoisti che credono di avere più esperienza ed intelligenza degli altri, e che ovviamente non guardano verso il futuro e verso il nuovo.
  4. Si può sempre dire che la realizzazione della “Gronda” non avrebbe impedito il crollo di questi giorni. Io non so se è così (giova ricordare che un primo progetto già finanziato venne accantonato parecchi anni fa), ma di sicuro le stesse persone che negano l’indispensabilità della “Gronda” sono anche quelle che consideravano il ponte Morandi sicuro e sufficiente per lo smaltimento del traffico. Le grandi opere sono e saranno sempre inutili agli occhi di chi non le vuole fare o di chi non le capisce.
  5. Trovo che la diffidenza verso il costruire, verso la tecnologia, verso la scienza, sia un vero e proprio tabù culturale.
  6. Nel mio lavoro vivo spesso situazioni che mi fanno capire come il sapere tecnologico sia disprezzato: troppe volte ho sentito frasi del tipo “io non ho competenze, io la teoria non la conosco, però mi sembra che…”. Solitamente a questa frase fa seguito un’affermazione tecnicamente sbagliata. Questo accade perché usare il buon senso senza il supporto di una conoscenza specifica porta a cantonate incredibili. E’ ovvio che questi comportamenti accadono perché chi li mette in atto non percepisce la presenza o l’importanza di una conoscenza specifica da avere e da coltivare con anni di studi, professione ed aggiornamento.
  7. E’ paradossale vedere quante persone si cruccino per il fatto che i nostri giovani laureati siano costretti ad espatriare ed al tempo stesso vedere in quanti disprezzino o disconoscano il valore della conoscenza.
  8. Ho visto molta emotività, molto offerte di solidarietà, persone disposte a donare il sangue, anche se l’emergenza sanitaria è minoritaria rispetto a quella civile, trasportistica ed economica. Chiedendomi il perché di questa stranezza mi do una possibile risposta inquietante: in questo paese siamo capacissimi ad offrire carità ma non siamo capaci di rimboccarci le maniche e fare con ostinazione e coerenza le cose utili. Ed allora io temo che accada ciò che è accaduto per i più recenti terremoti: spenti i riflettori sono rimaste le macerie. Forse non andrà così, forse ora correrà ai ripari, così come si è corso ai ripari tardivamente per la sistemazione del torrente Bisagno.
Grazie per la pazienza
Enrico