Rosa Elisa Giangoia
Il Papa, durante il viaggio di ritorno dalla
Corea del Sud, a proposito dei conflitti in Siria e Iraq, ha affermato che «è
lecito fermare l’ingiusto aggressore» e
ha poi aggiunto «Sottolineo il verbo: fermare. Non
dico bombardare, fare la guerra: fermarlo. I mezzi con i quali si possono
fermare, dovranno essere valutati. Fermare l’aggressore ingiusto è lecito.»
A suo giudizio, questo compito di valutare e scegliere come intervenire spetta
all’ONU e non può essere assunto da una sola nazione.
Queste parole del Papa, secondo quanto
sostiene Massimo Cacciari nell’intervista pubblicata oggi su «Repubblica»,
aprirebbero una nuova visione della guerra da parte del Pontefice, che avrebbe
superato la teoria della “guerra giusta” con una visione, a suo dire, “laica”,
diversa da quanto affermato tradizionalmente dalla Chiesa fino a Giovanni Paolo
II. Ma, se si leggono i documenti della Chiesa al riguardo della “guerra
giusta”, nulla di sostanzialmente nuovo e contrastante si può rilevare nelle
parole di papa Francesco.
Infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica
al n. 2309 giustifica la «legittima difesa con la forza militare», purché
sottoposta ad alcune condizioni: che l’uso della forza sia l’extrema ratio; che il danno da cui
difendersi sia durevole, grave e certo; che ci sia speranza di successo; che la
risposta difensiva non provochi più danni di quelli che si intende evitare. Poi
al numero successivo (2310) precisa: «I pubblici poteri, in questo caso [quando vi siano le suddette previste
condizioni], hanno il diritto e il dovere di imporre ai cittadini gli
obblighi necessari alla difesa nazionale».
Occorre poi prendere in considerazione la Gaudium et Spes e la Populorum progressio.
Il documento conciliare al n. 79 dice: «La guerra non è purtroppo
estirpata dalla umana condizione. E fintantoché esisterà il pericolo della
guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze
efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento,
non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa. I capi di
Stato e coloro che condividono la responsabilità della cosa pubblica hanno
dunque il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono stati loro
affidati, trattando con grave senso di responsabilità cose di così grande
importanza. Ma una cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti diritti
dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su altre nazioni. La
potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso militare o politico. Né per
il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata, diventa per questo
lecita ogni cosa tra le parti in conflitto.
Coloro poi che al servizio della
patria esercitano la loro professione nelle file dell'esercito, si considerino
anch'essi come servitori della sicurezza e della libertà dei loro popoli; se
rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch'essi veramente alla
stabilità della pace.»
L’enciclica di papa Paolo VI al n. 31 legittima la guerra civile, purché
ricorrano le condizioni indicate. Dice infatti: «E tuttavia sappiamo che
l'insurrezione rivoluzionaria - salvo nel caso di una tirannia evidente e
prolungata che attenti gravemente ai diritti fondamentali della persona e
nuoccia in modo pericoloso al bene comune del paese - è fonte di nuove
ingiustizie, introduce nuovi squilibri, e provoca nuove rovine. Non si può
combattere un male reale a prezzo di un male più grande.»
Prima di trarre avventate conclusioni dalle parole del Papa anche
Cacciari farebbe meglio a documentarsi sul Magistero della Chiesa...