Carlo Biancheri
Non
intendiamo attardarci su quel che abbiamo ripetuto da anni e cioè che la setta
non è democratica per definizione (‘fidatevi di me…’) e che la sua
organizzazione interna contrasta con i principi costituzionali
sull’organizzazione stessa dei partiti politici o movimenti che dir si voglia,
pur in assenza di una legge in attesa di approvazione dal Parlamento. Il
fatto è presto detto. Quando i bambini giocavano a nascondino o ai quattro
cantoni e non con Internet, succedeva, non di rado, che il perdente dicesse:
basta, non gioco più oppure che volesse modificare a posteriori le
regole del gioco per vincere lui. Ecco, di questo si è trattato a Genova nella
selezione del candidato sindaco nel M5S: se non si riesce a vincere con una
consultazione locale la si rifà nazionale… tanto i votanti che ne sanno? Mica
leggono i giornali… La sola differenza è che i protagonisti in ‘commedia’ sono
(o dovrebbero essere…) degli adulti…
Leggiamo,
invece, su la Repubblica del 18 marzo 2017 l’intervento del direttore di
MicroMega, Paolo Flores d’Arcais, intitolato: Ma così il movimento non è più
votabile! Poffarbacco, è caduto dal pero! E con lui tutta la pletora delle
quinte colonne di sedicenti intellettuali sinistri ben pasciuti, per non parlare
del foglietto quotidiano… L’atteggiamento di questi signori che si pongono come
intelligentzia, ripetendo formulette di soggetti paludati, da strapaese,
che reputano la loro visione del reale come la conclusione del sapere, un clima
che ricorda la dittatura di Croce in cultura quando nessuno
aveva il coraggio di smarcarsi e dire come nella novella di Pirandello: “il
treno ha fischiato…” Ciò ha fatto sì che non si andasse oltre, in
filosofia, all’idealismo, marxismo incluso…, alla fenomenologia e a Heidegger, al positivismo, al kantismo e a un po’ di popperismo, rimanendo il paese
attardato rispetto ai centri di cultura europei.
Quanto ci
voleva a capire che protesta e proposta sono cose diverse? O forse si ventilava
la famosa palingenesi degli oppressi che, una volta mandata a gambe all’aria la
‘struttura di potere’ attuale, avrebbero poi ricostruito l’Eden dove pace e
giustizia regneranno, il lupo e l’agnello si abbracceranno… e vissero tutti
felici e contenti.
Noi
poveretti a sentire parlare nell’italiano ‘creativo’ il giovane Di Maio o il Dibba,
l’eminente Tominelli, scienziato costituzionale, la Lombardi, sempre
aggraziata, la capretta sacrificale a Roma (‘stiamo lavorando’…), Madamìn
a Torino che farà mangiare tutti vegano nella sua città (quantomeno i bambini a
scuola…), avevamo già capito come sarebbe andata a finire.
Avremmo
voluto parlare di cosa ci succederà quando la BCE smetterà di comprare
titoli per sessanta miliardi di Euro al mese (non milioni come dicono le
giornaliste televisive più esperte di cucito che di economia) e che conseguenze
ci saranno per un paese come il nostro che, per evitare la rivoluzione,
ha alimentato un debito pubblico mostruoso. C’è una interessante intervista
sull’ultimo numero de l’Espresso a Valery Giscard d’Estaing,
novantunenne, già presidente francese, che, pur sottacendo i suoi errori…, dice
con una chiarezza fulminante come sia andata veramente in Europa. Dalla sua
analisi emerge che i politici che sono venuti dopo erano dei principianti
in confronto di quelli della sua generazione. In pratica, sostiene quel che
anche noi, poveretti, abbiamo scritto in questo blog e cioè che lo scopo
dell’ingresso del Regno Unito nella UE, per pressione americana (e massonica…,
aggiungiamo noi), era quello di trasformare la CEE in un mercato di libero
scambio e non certo in un’unione. L’allargamento a ventotto è stato molto mal
gestito, anche da Prodi, che fà la figura del facilone, per non aver previsto
alcunché nell’assunto che ‘siamo tutti fratelli’… Un giro nei paesi ex
comunisti non se l’erano neppure fatto e quindi hanno lasciato credere loro che
sarebbe arrivata la ‘panacea’ con l’adesione alla UE. La Merkel, con la
durezza di una donna cresciuta all’Est nella DDR, non ha compreso che
distruggeva il giocattolo se metteva gente come Santer, Barroso o Juncker,
esponenti di paesi insignificanti o piccoli, alla guida della Commissione:
certo nessuno l’ha disturbata, ma ora che se la deve vedere da sola con Trump e
poi con Pechino e, fra poco, con Delhi o financo col sultano, comincia a capire
che l’Europa serve a qualcosa…
Chi conosce
i meccanismi europei sa benissimo che non si ottengono risultati se non c’è
buona volontà e solidarietà da parte degli Stati membri e questo è possibile
solo se i paesi fondatori sviluppano una vera convergenza che comporta anche un
cambiamento di atteggiamenti umani e di cultura, di soggetti che ragionano
‘europeo’ (Erasmus vuol dire poco…). Giscard traccia l’ambito di una
vera armonizzazione che fatalmente può avvenire inizialmente solo tra pochi –
ma noi ce la faremo? Secondo me, i nostri politici non ne hanno la minima idea,
perché non capiscono ancora adesso cosa significhi attuare la normativa
comunitaria e rispettarla… - che poi si estende agli altri per osmosi. Ci vuole
una visione, a cominciare dal Ministro dell’Economia che è certo un
rispettabile economista e funzionario di organismi internazionali, ma che non
sembra marcare una linea di sviluppo per il Paese: il cambiamento che viviamo è
epocale, ma questo non è un motivo per rinunciare a trovare sbocchi di mercato e di migliore produttività, riqualificando le persone. Ci vuole molta lucidità
nel conoscere e consapevolezza che l’inazione vuol dire lasciar spazio al
malaffare che sguazza nel nostro paese proprio per l’irresponsabilità dei
politici.