domenica 2 febbraio 2020

A PROPOSITO DI BREXIT


Carlo Biancheri

I commenti sui media riguardanti l’uscita del Regno Unito dalla UE rivelano una volta di più, se ce ne fosse bisogno, il generale pressapochismo, l’ignoranza dei cosiddetti esperti italici che generano disinformazione.
Ci sono giornalisti che sostengono che il negoziato tra il Regno Unito e l’Unione Europea, dopo la Brexit, potrebbe concludersi sul modello Norvegia, oppure sulla falsariga dell’accordo col Canada allo scopo di evitare una hard Brexit, cioè, in quest’ultimo caso, nessun accordo od un accordo marginale sulle merci che, tuttavia, dovrebbero corrispondere agli standards europei, o in materia doganale.
Si dà il caso che la Norvegia faccia parte dello Spazio Economico Europeo e cioè di un accordo internazionale  a cui partecipano anche Islanda e Liechtenstein, concluso con la UE e che consente a questi Stati  di accedere al mercato interno, cioè alla libera circolazione di persone, di capitali, di beni e di servizi e, specie per la prestazione di servizi transfrontaliera ma anche per lo stabilimento, mediante il sistema del riconoscimento reciproco delle autorizzazioni del Paese di origine del prestatore del servizio, prestazione che avviene sotto la vigilanza delle Autorità di controllo dello stesso Paese di origine nell’offerta transfrontaliera; soltanto in modo marginale sussiste anche un controllo da parte  del Paese ospitante e cioè quello dove risiede il cliente. Le condizioni  per poter accedere al mercato interno, caso unico al mondo  perché costituisce un vero libero mercato, ora copiato in parte da paesi di altre aree geografiche, sono l’armonizzazione della normativa e cioè il recepimento della legislazione comunitaria nello Stato membro che aderisce all’EEA (Spazio Economico Europeo), al fine  di evitare un dumping regolamentare, cioè una illecita concorrenza, e l’obbligo di cooperazione tra le Autorità di vigilanza dei paesi interessati, che non possono opporsi il segreto d’ufficio e, anzi, debbono fornire la cooperazione e persino condurre indagini o prendere provvedimenti su richiesta delle Autorità del paese ospitante. In caso di contenzioso tra gli Stati, esiste un’apposita Corte di Giustizia che controlla il recepimento della normativa armonizzata da parte degli Stati membri EEA ed eventuali violazioni. Ora a Londra si è festeggiata la liberazione (!) dalla UE – quella che vorrebbe il Salvini dal bar Sport- e, secondo i giornalisti in questione, il Regno Unito dovrebbe accettare di ritornare a sottoporsi ad un meccanismo come quello sopradescritto, senza neppure avere la possibilità di votare la nuova normativa dell’Unione? Ma chi parla non si vergogna di quel che dice? E i direttori di testata sono tutti dei somari a non riprendere i loro collaboratori?
Nulla a che vedere con l’Accordo con il Canada che non include, tra l’altro, la prestazione di servizi finanziari ma che si fonda piuttosto sul principio OCSE/WTO del trattamento nazionale e  della nazione più favorita.
Nella normativa comunitaria è, però, prevista l’equivalenza  che stabilisce una sorta di equiparazione delle normative con i paesi terzi all’Unione per consentire l’accesso al mercato interno, ma deve esser votata dal Consiglio e dal Parlamento europei e la Commissione deve aver verificato, non solo che ci sia reciprocità ma anche  cooperazione tra gli organi di controllo,  sempreché la normativa sia effettivamente equivalente a quella della  UE per mantenere il cosiddetto level playing field,cioè la parità di trattamento. Il Regno Unito ha sempre recepito formalmente (…) la legislazione comunitaria, ma ciò non ha impedito che, durante la crisi finanziaria, l’intero sistema bancario inglese fosse fallito, nazionalizzato e poi privatizzato nuovamente, perché le Autorità non controllavano un fico secco: Regulation by principles, dicevano… Un paese di Common Law e cioè di diritto consuetudinario, senza Costituzione scritta, fondato sui precedenti…, che coesisteva con Stati dell’Europa continentale  dotati di codici, dopo Napoleone… Tutti gentiluomini nel Regno Unito, membri dei famosi Clubs, basati sulle regole di condotta, ma l’enforcement, la sanzione, risulta sempre rarissima e i conflitti d’interesse diffusissimi.
Con queste premesse si spera bene che l’Europa non abbia al suo interno cavalli di Troia che lavorino per il re di Prussia…
Chi se ne intende, come Prodi, è il caso di dirlo, sa che il Regno Unito è sempre stato in Europa di malavoglia, attento a bloccare ogni iniziativa di maggiore integrazione perché interessato soltanto ad un libero mercato possibilmente con poche regole. È stato anche uno dei maggiori artefici di una globalizzazione selvaggia, perché, per far crescere il mercato stesso, ha messo sullo stesso piano paesi con condizioni di base diversissime, riconoscendo loro lo status di economie di mercato: basti pensare che all’epoca degli accordi del WTO c’erano Stati che non prevedevano sistemi pensionistici o di  sanità pubblica nazionali: facile intuire che il prezzo delle merci fosse ben più basso di quello dei paesi che sopportavano tali costi. Se non fosse stato per l’Italia –all’insaputa di Tremonti, allora Ministro dell’Economia e delle Finanze…- e pochissimi altri paesi del Club Med, ci sarebbe stata anche una certa liberalizzazione dei servizi finanziari, fortemente voluta dagli inglesi. Sono esportatori puri di servizi finanziari perché a casa loro non c’è risparmio: le famiglie si indebitano… BoJo vuole,adesso, fare di Londra una nuova Singapore cioè un imbroglio, fino al prossimo scandalo finanziario – nessuno si scordi che il primo grosso problema sugli ‘strumenti derivati scoppiò in Inghilterra col fallimento della Barings, la banca della regina…- mentre l’Europa dovrà difendersi.
Ciò detto, l’uscita del Regno Unito è un problema per l’Unione per il know –how internazionale degli inglesi e per le dimensioni dello Stato membro, ma la risposta è una sola: in un mondo globalizzato, bisogna rafforzare la solidarietà europea, quella che esisteva prima dell’allargamento, per non soccombere. Lo scriteriato  Farage ha già promesso che si dedicherà a noi, ai polacchi e ai danesi –il ventre molle- per propagandare le sue belle tesi e dividere l’Unione; va bene che la madre dei cretini è sempre incinta, ma speriamo per tutti che quelli che già abbiamo – e sono molti- non lo ascoltino.