venerdì 25 ottobre 2019

PACHA MAMA

Se quelli dell'Amazonia possono continuare a venerare la loro dea Pacha Mama, a cui anche il papa con cardinali e vescovi ha reso omaggio, mentre veniva portata in Vaticano, invitando anche noi a farlo, perché allora duemila anni fa non si poteva continuare a venerare Gaia, la Terra, insieme a tutte le altre divinità dei Greci e dei Latini, che avevano caratteri naturalistici molto simili a quelli dell'Amazonia, ma tanti martiri hanno dovuto morire per sostituire a loro il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo e la Madonna? Non è mica che l'Europa non le avesse le sue divinità della Natura e della Vita... E' che poi abbiamo creduto nella Rivelazione e nella salvezza eterna con la Resurrezione di Gesù! Tutta un'altra storia.
             Paolo Mattei

In base ai sempre più approfonditi studi comparati di antropologia culturale si può dire che gli uomini nelle culture di tutto il mondo hanno cercato di spiegare i fenomeni e i misteri insiti nel mondo della natura, in cui regolarità e ordine si scontano con l'imprevedibile negativo e drammatico, con la divinizzazione degli elementi della natura stessa. Di fronte a questo fatto che accomuna uomini lontani nel tempo e nello spazio, bisogna però evidenziare che la rivelazione biblica ha introdotto la creazione del mondo da parte di Dio, per cui Dio Uno e Trino della tradizione giudaico-cristiana è separato dalla natura, essendone il creatore, mentre l'uomo ne diventa il responsabile custode.
Questa verità deve rimanere elemento basilare nell'accompagnamento degli uomini che ancora non lo conoscono verso il Cristianesimo. A questo proposito ritengo che si debbano tenere presenti le situazioni che quanti si sono impegnati nella diffusione del Cristianesimo hanno incontrato nel lungo periodo (circa mille anni, dal IV al XIV secolo) in Europa dove la divinizzazione della natura era allora consolidata, seppure in forme mitiche diverse tra di loro. A questo proposito si può notare come la via all'adeguamento sia stata magistralmente espressa da papa Gregorio Magno: «Tra quella gente non debbono affatto essere abbattuti i templi, ma piuttosto gli idoli che sono dentro di quelli […] in tal modo la gente, mentre non vede abbattuti i suoi templi, potrà però allontanare dal cuore l’errore, e conoscendo e adorando il vero Dio, si riunirà più facilmente nei luoghi che le sono familiari […] Non c’è dubbio infatti che è impossibile tagliar via tutto in un colpo da menti indurite».Gregorio Magno riprende la prescrizione di Paolo contro gli idoli pagani nella I Lettera ai Corinti:"I sacrifici dei pagani sono fatti a demoni e non a Dio" (1Cor. 10,20-21), ma consiglia gradualità.  Queste parole, purtroppo, non si imposero e soprattutto nell'azione missionaria successiva al Concilio di Trento si ebbero episodi di imposizione violenta per la commistione tra evangelizzazione e potere secolare che depredava gli indios,mentre  ci si domandava se gli indigeni avessero un’anima…; il domenicano Bartolomeo de Las Casas ebbe molto da penare per difendere le popolazioni autoctone in America. Oggi tutta la questione dell'inculturazione del Cristianesimo nelle realtà locali può essere rivista, ferme restando le verità di fede fondamentali,e valorizzando quanto di comune tra le concezioni locali e il Cristianesimo può essere recuperato – chi non è contro di Me è con Me si legge nel Vangelo -, senza snaturare la Rivelazione e il depositum fidei, cioè vestendosi da mandarino e scambiando il regno dei cieli con l’armonia celeste confuciana,per fare un esempio non peregrino...

Rosa Elisa Giangoia