Rosa Elisa Giangoia
Occorre tener sempre presente
che il centro dell'annuncio cristiano del Vangelo è il kerigma che consiste nella proclamazione
della morte e risurrezione di Gesù Cristo fatta sotto l'azione dello Spirito Santo, da chi ne è stato testimone. Messaggio che viene quindi
consegnato e affidato di generazione in generazione per essere custodito e
trasmesso fino alla fine dei tempi.
Per questo si può dire che il
kerigma è la cerniera tra la vicenda di Gesù e quella della sua comunità che si perpetua nella storia
fino a noi che ne siamo custodi nell’oggi.
In questo modo il kerigma
è entrato nella storia, ne è stato fermento e lievito, ma anche oggetto di
appropriazione e strumento di potere, lungo i secoli in cui la storia ha
dimostrato di essere ambivalente, fra salvezza e perdizione, tra bene e
male.
Il kerigma ha comunque
fortemente influito nella storia
stessa, contrapponendo alla visione di un
umanesimo antropocentrico un umanesimo teocentrico che riconosce Dio come
centro dell’uomo, il che implica il concetto dell’uomo peccatore e redento, per
cui fà
propri i concetti di grazia e di libertà. Questo implica che dovere di
ogni uomo sia volere un mondo migliore, pur nella consapevolezza che questa
aspirazione, per quanto possa essere perseguita con ogni mezzo e ogni energia,
non potrà che trovare nel migliore dei casi una realizzazione parziale,
relativa, incompleta e contestata. Quindi, come dice Jacques Maritain in
Umanesimo integrale il dovere del cristiano «non è di fare di questo
mondo stesso il regno di Dio, bensì di fare di questo mondo secondo l'ideale storico
richiesto dalle diverse età, il luogo di una vita terrena pienamente umana, cioè
piena certamente di debolezze ma anche piena d'amore, le cui strutture sociali
abbiano come misura la giustizia, la dignità della persona umana, l'amore
fraterno e che pertanto prepara l'avvento del regno di Dio in modo filiale, non
servile, cioè mediante il bene che fruttifica in bene, non mediante il male che
serve al bene come mediante violenza» (cap. IV). Per questo, secondo il filosofo francese, la missione
temporale del cristiano è di "transpenetrare" il mondo affinché «la rifrazione
della grazia del mondo della grazia sia sempre più effettiva e l'uomo possa
viverci meglio la sua vita temporale».
Tutto questo sta ad
indicare che, anche se il messaggio evangelico è oltre le ideologie, non
significa che sia indifferente alle ideologie stesse, anzi, proprio partendo dal
nucleo kerigmatico le ideologie vanno valutate e, in caso di contrarietà,
combattute, come hanno fatto i primi cristiani nei confronti di mentalità e
comportamenti del mondo pagano greco e romano (dall’esposizione dei neonati, ai
giochi nel circo con vittime umane, all’adorazione dell’imperatore come dio,
ecc.), come più vigorosamente si sarebbe dovuto fare nei confronti del Nazismo e
come si dovrebbe continuare a fare oggi con chiarezza di pensiero e di parole
nei confronti di posizioni contrarie al kerigma e alla sua continuità di
vita nella storia, invece di privilegiare comportamenti caratterizzati da
pragmatismo ed attivismo, in cui tutto si relativizza, la fede diviene fideismo,
nell’incapacità di realizzare un vero umanesimo integrale. Ferma deve essere la
consapevolezza che non tutto è compatibile con il messaggio cristiano,
altrimenti la pace diviene irenismo, se non si rispetta la giustizia. Dirsi
cristiani, cercare e creare aggregazioni su una semplice dichiarazione di
appartenenza non serve; l’importante è condividere valori da cui far discendere
scelte, azioni e comportamenti in spirito di fedeltà al kerigma, pur
nella consapevolezza che nella realtà della storia possono essere condivisi
anche da chi non si professa cristiano con cui si possono fare tratti di strada
per il conseguimento di obiettivi specifici, come può essere oggi, ad esempio,
la salvezza dei migranti, per quanto umanamente possibile.