Carlo Biancheri
Nelle
more della lite quotidiana tra i due contraenti politici di un
contratto concluso - lo diciamo al principe del Foro di San Giovanni
Rotondo,alias Vis-Conte dimezzato - in mala fede e cioè fraudolento,
come dimostrato dai risultati di dieci mesi di malgoverno, spunta la Strafexpedition, non
quella austriaca punitiva del 1916 sull’altopiano di Asiago, descritta
mirabilmente da Emilio Lussu, ma quella degli asini – politicamente
parlando - gialloverdi e cioè la Commissione di inchiesta sulle banche bis.
L’intento
è, all’evidenza, quello di creare un diversivo, giacché i risultati
dell’azione di governo, a dieci mesi dall’insediamento, hanno reso il
paese più povero, isolato nel mondo, privo di una politica estera,
gestito da principianti tutti soddisfatti delle loro prove di
apprendistato, a scapito di noi tutti. Mentre il Salvini fà propaganda
in modo erratico per la contraddittorietà delle posizioni che assume in
continuazione – ma è compos sui?-, un napuriello come
Spadafora, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ci assicura
che tutti i provvedimenti più importanti assunti dal governo Conte sono
di marca 5S. Non possiamo che complimentarci perché se ne vedono
chiaramente i risultati: destabilizzanti.
Tutti d’accordo nel fare giustizia con gli enti creditizi e le imprese di investimento che sono i nemici da abbattere e un tal Paragone, già presentatore de La gabbia, dovrebbe presiedere la Commissione come esperto del settore…; persona
a modo, che consentiva in trasmissione che un tizio si alzasse e
dicesse al Direttore generale dell’ABI: "lei ci ha la faccia come il
culo"…
Chi scrive non pensa affatto che il vertice del sistema creditizio in Italia ed altrove sia un bouquet di
mammolette, ma lo ritiene invece un Club chiuso, dove vige anche il
principio che una mano lava l’altra e si lavan tutte e due…, ma sa
anche benissimo che gli enti creditizi sono imprese come le altre che
per reggersi debbono fare profitti e che non sono società di mutuo
soccorso. Salvini, invece, invoca a gran voce il decreto che risarcisca
non i truffati, ma tutti quelli che
hanno fatto investimenti nelle banche fallite: se Tria non firma il
decreto, ce ne occuperemo noi, minaccia… Non ha studiato e non si
applica e quindi non sa che si può rifondere solo chi ha subito una
frode, non chi ha fatto in piena consapevolezza un investimento
rivelatosi sbagliato nel prosieguo, la normativa europea lo vieta e lo
considererebbe, giustamente, un aiuto di Stato; in altre parole, io
investo in capitale di rischio, cioè azioni, e, se perdo, voglio esser
comunque ripagato: questa sarebbe una pretesa degna del mondo di Alice nel paese delle meraviglie …, e non tutti gli investitori sono stati frodati…
Il
Parlamento pretende di vederci chiaro e giustiziare chi ha sbagliato,
cominciando dai controllori. Sembra un programmma molto ambizioso e
proviamo, a capire il perché.
I
giudici parlamentari sono per lo più degli incompetenti, in quanto,
anche se provenissero da ambienti bancari o ricevessero ‘pizzini’ dalle
quinte colonne, attive tra i controllori, potrebbero formarsi
un’opinione seria solo dopo aver studiato per otto mesi le carte, come
fanno i revisori contabili, in pratica rivedere punto per punto ciascuna
operazione posta in essere, molte delle quali rivestono un carattere di
alta complessità, specie se interessano prodotti derivati che
richiedono una sofisticata padronanza di matematica finanziaria e di
operatività dei mercati borsistici. Avendo seguito i dibattiti nella
Commissione della scorsa legislatura non sembra assolutamente essere il
caso.
E’ profondamente sbagliata anche l’impostazione del problema, in quanto non esiste un controllo che impedisca in via preventiva gli illeciti o meglio, i paesi dell’Est Europa dopo il change-over
dal regime comunista si trovarono di fronte a grandi manifestazioni di
piazza (Romania e non solo), a seguito delle perdite e degli scandali
dei fondi comuni di investimento che aveva attirato un gran numero di
investitori e allora decisero che ogni transazione effettuata dagli
intermediari vigilati dovesse essere approvata dall’Autorità di
viglianza! Un trasferimento del rischio di investimento allo Stato… Così
succedeva in Bulgaria fino al 2010… e, infatti, il mercato finanziario
non si è sviluppato.
Né è da credere che i sistemi a cui tutti si sono ispirati, come quello americano, istituito dopo la crisi del 1929, con la Securities and Exchange Commission,
sia immune da pecche, in quanto i maggiori scandali finanziari sono
avvenuti proprio negli Stati Uniti, come nel caso Enron (e Arthur
Anderson), molto più grande di Parmalat, oppure Worldcom o quello sui
derivati con Orange Countee. Una frode è una frode e la pretesa
di prevenirla sarebbe come impedire che uno salga su un tram affollato
con una pistola in tasca, pronto ad usarla… Prendiamo Parmalat. Cosa
potrebbe fare la Commissione di inchiesta (o il controllore) dinanzi a dei dirigenti che con la complicità dei
revisori esterni, Grand Thornton, hanno falsificato scientemente
l’attestazione di una banca americana dove doveva esserci la liquidità
dell’azienda che permetteva alla società di fare nuove emissioni (due
mesi e mezzo prima di fallire!) di titoli obbligazionari per 250 milioni
di dollari - trattenendone per sé solo 50 …- con Deutsche Bank come lead manager, cioè una garanzia per il mercato… e per gli investitori? E con agenzie di rating (Standard and Poor) che hanno cambiato il rating solo quando sui giornali si annunciava il fallimento di Parmalat?
Questo
caso dovrebbe far riflettere gente sensata che si vuole avventurare ad
insegnare alle Autorità di vigilanza il loro mestiere. In Italia
un’ispezione presso un intermediario dura mediamente sei mesi, se non di
più, ed ostacola fortemente il lavoro ordinario dell’intermediario per
cui prima di decidere di fare un’ispezione debbono esserci dei motivi
seri. In Inghilterra ispezioni non se ne fanno proprio, perché lì sono
tutti gentlemen… e, infatti, l’intero sistema bancario inglese fu salvato dallo Stato dopo la crisi del 2008.
Non
ci si improvvisa a niente nella vita e la nuova Commissione
parlamentare che pretende di analizzare la gestione degli enti creditizi
e delle imprese di investimento vuole in pratica controllare l’attività
creditizia (perché non quella assicurativa…? Lo sanno che esistono le
conglomerate finanziarie?) al posto delle Autorità di vigilanza che sono
previste dalla legislazione europea, nella fattispecie Banca d’Italia,
Consob, Ivass, che, certo, debbono esser più ‘proactive’,
ma che non possono esser sostituite dalla Commissione parlamentare
fino a che l’Italia non diventi la Repubblica dei peracottari. Speriamo
non avvenga troppo presto!