lunedì 28 ottobre 2019

IL SINODO DELL'AMAZONIA E LO STILE GESUITICO

Carlo Biancheri


Chi è stato allievo dei gesuiti, in altri tempi, sa bene che la pedagogia, frutto di una tradizione consolidata in centinaia d’anni, consisteva sostanzialmente nell’ottenere due obiettivi: la riuscita individuale con affermazione nella vita professionale e l’esercizio della volontà, senza troppo perdersi sui contenuti che venivano proposti e per i quali si richiedeva l’obbedienza totale.
L’orgoglio individuale era il cardine del sistema di formazione della classe dirigente che prevedeva, a fine anno, la promozione degli studenti migliori su un palco: in prima fila le medaglie d’oro con diritto a riceverla dal cardinale, poi più in alto, sempre sul palco, le medaglie d’argento consegnate dal vescovo ausiliare e, infine, quelle di bronzo che un abate benedettino, equiparato ad un vescovo (…) dava agli alunni che si erano fermati al bronzo. Un metodo rivolto ad ammirare il successo, in sostanziale consonanza con i calvinisti americani per i quali il looser (il perdente) era un reietto: in base alla dottrina della predestinazione, a Ginevra, il fallimento era un segno divino di dannazione… Per questo i padri nei colloqui con i genitori erano inclini alla brutalità, con giudizi di mediocrità degli studenti senza possibilità di appello.
L’indottrinamento degli studenti, oltre alla Congregazione Mariana, dove si insegnava una sorta di attivismo, il fare le opere buone, discutere temi religiosi per animare il mondo o culturali – per questo c’era anche il Cineforum- si incentrava in tutti gli incontri nel far emergere i migliori mentre la sanzione per gli altri era la disistima o l’indifferenza dei compagni e dei padri stessi che, come in una dinamica di gruppo, lasciavano scatenare l’aggressività, quasi fossero spettatori…
La pietà religiosa era formale: tutti si inginocchiavano insieme all’ingresso in Chiesa ad uno schioccare di dita del prefetto, un gesuita giovane, che aveva in carico la classe. La confessione era un tribunale con un giudice che emetteva la sentenza. L’istruzione religiosa era sostanzialmente fondata su libretti sulla vita di san Domenico Savio, di san Luigi Gonzaga, dei gesuiti martiri -con dovizia di particolari (spellati vivi)- tra gli irochesi in America del Nord o in Giappone.
Dovere, dovere e riuscita ad ogni costo e per allenarsi  qualche noce nel letto non guastava…; per chi si sottraeva era sottinteso che il destino fosse l’inferno.
In questo ambiente di Rambo spirituali gli adolescenti erano perlomeno spaventati e, se superavano lo choc, si abituavano a concentrarsi  per ottenere, a qualsiasi prezzo, il successo individuale, a scapito dei sentimenti; chi non aveva un solido sostegno famigliare era la vittima designata.
Si spiega così che tanti ex allievi dei gesuiti, atei notorii ma riusciti nella vita, fossero trattati con deferenza e financo premiati perché l’obiettivo dell’ordine è la conquista del mondo…
Ma, come rilevava Pascal nel Seicento, le cose non sono così chiare e nelle famosissime Lettere provinciali dove denuncia il relativismo ed il situazionismo gesuitico – un comportamento è lecito al di qua del fiume e al di là invece non lo è…- spiega bene in una di queste lettere quale sia l’intento del metodo gesuitico, una lettera che è una sorta di intervista ad un padre, la sesta.
Gli uomini di oggi sono così corrotti che non potendoli far venire a noi, bisogna che siamo noi ad andare loro incontro; altrimenti essi ci abbandonerebbero, peggio ancora, si lascerebbero andare completamente. È per trattenerli che i nostri casuisti hanno presi in considerazione i vizi cui la gente di ciascuna condizione è più attaccata, per stabilire delle massime così dolci – senza tuttavia offendere la verità- che per non esserne contenti si dovrebbe essere di ben difficile contentatura; infatti il progetto fondamentale della nostra Società per il bene della religione è di non respingere nessuno per non fare disperare la gente.
Abbiamo dunque massime di ogni tipo per i beneficiari, per i preti, per i religiosi, per i nobili, per i domestici, per i ricchi, per coloro che sono in commercio…, per le donne devote e per quelle che non lo sono…’. Non è una citazione della Leggenda del Grande Inquisitore di Dostoevskij che, come abbiamo ricordato più volte in questo blog, non a caso ci informa che l’Inquisitore è un gesuita… il quale chiede a Cristo perché sia tornato… e, nondimeno, la consonanza degli argomenti è impressionante, a distanza di secoli; infatti l’Inquisitore dice a Cristo: a questa gente ci pensiamo noi…
Se questo è il contesto, si comprendono meglio le conclusioni del Sinodo sull’Amazzonia in una Chiesa che sta diventando vieppiù una caserma o la succursale della Compagnia di Gesù.
Sono alcune centinaia di migliaia gli indios della foresta e non ci scandalizziamo se alcuni diaconi permanenti sposati vengano ordinati sacerdoti, sempre che ottengano una formazione seria e non di tipo nordestino, si direbbe in Brasile…: il grande argomento è che i fedeli hanno il ‘diritto’ all’Eucarestia – ma il desiderio dell’Eucarestia di per sé non è sufficiente? E in Corea non sono vissuti forse per secoli dei laici cristiani, senza preti? Avevano meno fede? Non sembra affatto- e c’è scarsità di preti. Il fatto è che si vuole trovare delle massime, avrebbe detto Pascal, buone per tutti perché ogni cosa si trasforma in problema pratico che va risolto con una prospettiva umana. La grazia, l’altra vita? Beh… Col prete che guida la comunità tutto è risolto? Certamente se il prete ha una famiglia dovrà - chi ha vissuto nell’Europa dell’Est lo sa benissimo - dedicare molto tempo ad essa e quasi senza accorgersene diventa un leader di comunità più che colui che amministra i sacramenti. Quanti pope sposati sono diventati muezzin in una notte quando il sultano saliva su per la Tracia, tenendo poi schiavi i Bulgari per quattrocento anni? Dovevano salvare il paese… come i lassi… ma il cristianesimo non sembra privilegiare le soluzioni umane: umano, troppo umano, direbbe Nietzsche…
Anche il ruolo delle donne… Il Cristo ha rotto tante convenzioni del suo tempo, indicando come modelli i Samaritani, o sostenendo che le prostitute e i pubblicani ci precederanno nel Regno o apparendo risorto tra i primi alla Maddalena e non poteva forse scegliere le donne alla pari dei discepoli? Non lo ha fatto. Ci sono ‘i segni dei tempi’ insegna il Concilio Vaticano II, ma… alla luce della fede soprannaturale e chi lo seguiva all’epoca se ne ricorda benissimo.
Sarà un sospetto: sembra sia sottesa un’impostazione che riduce la Verità a verità storica e la teologia ad ermeneutica e la religione ad affettività soggettiva, come vogliono i corpulenti vescovi tedeschi che tra una birra e l’altra fanno parte di una nazione che, si dice nell’Europa del Nord…, ha creato tragedie umane ogni quarant’anni…