venerdì 1 novembre 2013
NON C'E' PIU' RELIGIONE, MA ... NEANCHE CULTURA! Rosa Elisa Giangoia
Mi sono resa conto che per la maggior parte di quanti hanno meno di 15 anni oggi si vive ancora e soltanto nella scia della festa di Halloween, ma nemmeno quella autentica irlandese, di ascendenza celtica, che aveva un suo profondo significato cosmologico e anche religioso, ma la sua versione recentemente importata dagli USA, banale rivisitazione in chiave carnevalesco-horror, di valore soltanto commerciale, banalmente consumistica, senza radici né significati. E così le nuove generazioni stanno perdendo del tutto la festa di Ognissanti, che era una meditazione sulla santità e che preludeva in modo consolatorio alla ricorrenza dei defunti, sui quali ricadevano l’auspicio e la speranza della perenne beatitudine eterna, grazie alla “comunione dei santi”, che permetteva ai vivi di poter operare per il bene dei loro cari defunti.
Si sa, in una generazione molte cose tramontano e altre si affermano!
A questo proposito leggo sul quotidiano ligure IL SECOLO XIX di mercoledì 30 ottobre che è in corso su facebook una polemica con contrapposizioni accese tra sacerdoti sull’opportunità o meno di celebrare feste di Halloween anche in locali parrocchiali, cosa che a molti sacerdoti sembra soltanto un insignificante occasione di divertimento, ma che ha fatto sì che nei giorni scorsi gli esperti dell’Agenzia della CEI abbiano preso le distanze da questo “evento di banale consumismo fatto di feste, maschere e consumi”, pur cercando di reinterpretare il significato di questi giorni di fine ottobre scavando nella storia.
Volto questa pagina del quotidiano, pensando, come diceva mio nonno negli anni Sessanta di fronte all’incalzare della modernità «Non c’è più religione!». Ma, ben presto, mi devo soffermare con stupore e rammarico su un’altra pagina, di quelle cosiddette culturali, dove un articolo di Anna Orlando, non una giovane giornalista avventizia, ma persona considerata esperta di arte, soprattutto del periodo barocco genovese, dando conto dell’apertura alla Queen’ Gallery di Buckingham Palace a Londra dell’esposizione di novanta opere del pittore genovese Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto, correda il suo articolo con la riproduzione di un’acquaforte al centro della quale c’è un cartiglio (che lei erroneamente chiama “distico”, che nel mondo classico indica un ben preciso metro poetico, formato da un esametro e da un pentametro) con su scritto: Genium Io: Benedicti Castilionis Ianuen. con l’incredibile traduzione “Io Genio, Benedetto Castiglione “Ianuensis”, cioè genovese”. Tipico esempio di prendere fischi per fiaschi da parte di chi evidentemente non sa il latino e neppure si cura di fare un minimo di verifica della sua assurda interpretazione! Di peggio mi era capitato solo un po’ di anni fa, quando, facendo parte di una commissione ministeriale di esami di concorso per aspiranti insegnanti di Latino e Greco nei nostri licei, alcuni candidati avevano tradotto la semplice frase: Cicero dicit Musas locutas esse… con “Cicerone dice che le Muse sono cavallette…”. Sfortunatamente quei candidati, naturalmente neppure ammessi all’orale, avranno poi usufruito di qualche immissione in ruolo ope legis, dando il loro notevole contributo a peggiorare la scuola italiana… Ma una cosa è una prova d’esame, un’altra quello che si pubblica su un quotidiano, per l’autorevolezza che ha sempre la carta stampata! Come pensare che un Io: latino possa corrispondere al pronome ”io” italiano, dimenticando quell’ego che anche la moderna psicanalisi utilizza nella differenziazione tra ego e super ego? E poi pensare che un pittore definisca se stesso genium, senza minimamente cercare di approfondire le complesse valenze semantiche di questo termine nel suo itinerario dal mondo classico all’età barocca? Non mi è rimasto altro che esclamare tra di me: «Non c’è più cultura!». Certo che non si capisce se l’aver intitolato la mostra londinese “Castiglione Lost Genius” sia un seguire l’errata traduzione del cartiglio del disegno o un’errata autonoma interpretazione inglese, per cui ha avuto buon gioco Renato Tortarolo del SECOLO XIX a rispondere (privatamente, mica dando spazio sul quotidiano alla rettifica!) a chi gli aveva fatto osservare gli svarioni pubblicati sul quotidiano che la questione delle traduzioni era di minima importanza, mentre la cosa notevole era che a Londra proponessero Castiglione come un genio!
A questo punto non mi resta che compiacermi d’essere in pensione e di non dover più correggere e valutare compiti di latino dei miei studenti, perché, se correggessi Io: tradotto con “io”, di sicuro qualcuno insorgerebbe, dicendomi che c’era scritto sul giornale! Certo, il giornale… le preghiere dell’uomo moderno, come diceva anche Hegel! E una volta non si diceva che la morfologia latina si doveva sapere a memoria come l’Ave Maria? Ma, se le preghiere diventano il giornale… non c’è più cultura!
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Cara Rosa Elisa, hai fatto bene a evidenziare questi errori, grazie per quanto hai scritto, così carico di autentica cultura che aiuta e arricchisce anche chi ne ha poca!
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