Mi sa che in questa
elezione di Mattarella al Colle ci abbia messo qualcosa di suo anche Papa
Francesco, magari, chissà, solo con la preghiera! perché qui con Renzi
giovanilista boy-scout e Mattarella che viene dall’azione Cattolica, dalla Fuci,
dai cattolici popolari di sinistra, si cambia scelta del cattolicesimo in
politica. Messo da parti Buttiglione come filosofo di papa Giovanni Paolo II,
che sarà anche diventato santo col suo aiuto, e di CL a Milano, che portava
dritto a Berlusconi, che si voleva anche far diventare buon cattolico, facendolo
incontrare all'aeroporto con papa Benedetto e dandogli la comunione ai funerali
di Vianello, nonostante il divorzio e i festini di Arcore, sperimentato senza
successo il cattolicesimo di Sant’Egidio come supporto al tecnocrate Monti,
adesso si ritorna al cattolicesimo stile vecchia DC e non credo proprio che papa
Francesco non c’entri. Il brutto è che la vecchia DC l’abbiamo già provata e non
ha portato per niente bene all’Italia, il finto cattolicesimo (festaiolo,
disonesto, ecc. ecc.) di facciata di CL & C, l’abbiamo pure provato ed è
andata male. Con Monti, non parliamone... si rischiava di diventare tutti
poverissimi e di dover ricorrere tutti a Sant’Egidio! E allora? ripeschiamo nel
passato sperando che vada meglio? Non sappiamo proprio inventarci niente di
nuovo e di meglio?
Vincenzo
Priano
CARLO BIANCHERI risponde:
Ci è parso cogliere con la nomina di Mattarella a Presidente della
Repubblica Italiana qualcosa di più di un ritorno al passato, come dicono
alcuni, e cioè la nomina di una persona che aveva avuto una formazione da
cattolico democratico non integralista, le cui radici si fondano nella
rilettura di un tomismo elaborato a Le Saulchoir a Parigi ed a Lovanio, ma
anche da rari maestri all’Angelicum a Roma; basti fare i nomi di Maritain, di
Chénu, di Lyonnet, ma anche di La Pira e di Mounier, ma … non di Dossetti (…)
per inquadrare l’elaborazione di una ideologia - sì lo diciamo senza vergogna …
-dove si sosteneva l’autonomia relativa delle realtà create (v. Gaudium et Spes) e in ultima
analisi la convinzione che dai valori cristiani non ne discendesse una ricetta
politica immediata, ma che, invece, è cristiano ciò che è ‘pienamente’ umano
(v. Umanesimo integrale); contestualmente,
si sviluppava l’elaborazione del concetto di persona e dei diritti inviolabili
ad essa connessi, ma anche la nozione di pace come tranquillitas ordinis, concetto dinamico che nella Populorum Progressio di Paolo VI porta a
dire che lo sviluppo è il nuovo nome della pace nei rapporti internazionali.
Perché diciamo che è finita l’era woytjliana in Italia?
L’uomo è certamente eroico nel senso che ha subito un gravissimo attentato
ed ha continuato imperterrito a svolgere il suo ruolo con molto coraggio, in un
tempo difficile, con un comunismo dell’Est trasformato in mera gestione cinica
del potere da parte di una oligarchia e, nella malattia, fu fedele fino
alla fine, senza risparmiarsi.
Tuttavia, la sua formazione teologica era inadeguata (studiò un solo anno
all’Angelicum filosofia e fece la tesi su Max Scheler…). La sua era una
preoccupazione politica globale che gli veniva dall’esperienza tragica della
sua Polonia e dalla conoscenza dell’oppressione brutale dei regimi dei paesi
dell’Est – abbiamo ricordato più volte
in questo blog la conoscenza diretta della Bulgaria ( v. i post del
2009/2010) con la constatazione delle macerie umane che i regimi comunisti
hanno provocato nelle persone, nella vita civile e nella cultura, le cui
tracce sono visibili ancora adesso: chi ha visto queste cose comprende meglio
gli avvenimenti di questi giorni nei paesi dell’Europa orientale.
Nella visione di S. Giovanni Paolo II l’essere cristiano non era una scelta
individuale, ma di popolo, e da qui i raduni oceanici, effimeri: molto spesso
accadeva che l’interesse per la persona fosse inversamente proporzionale
ad una ricerca interiore. Gente aliena da qualsiasi credo religioso, come
Pertini, ne sentiva il fascino, ma anche un uomo come Clinton che la sua
stagista chiamava il ‘bruco’, con rara acutezza psicologica, era della partita.
Aveva dato via libera ai movimenti: CL, Opus Dei, Focolarini, Neo-catecumenali,
Pentecostali che soppiantavano o invadevano ,in alcuni casi, le parrocchie, ed
erano caratterizzati da attivismo e da una chiusura settaria, con una teologia,
spesso, debole ed incapace di reggere il confronto con il tempo. Filosofi laici,
come Cacciari, divenivano esperti di questioni religiose e la confusione era
massima.
La gestione della Curia aveva sempre più carattere politico e non
spirituale; il papa, peraltro, accentrava tutto quel che riteneva
importante. La gestione economica delle finanze vaticane era affidata a gente
senza scrupoli come Marcinkus o peggio …, associazioni religiose neo-costituite
con molti soldi, come i Legionari di Cristo, il cui fondatore si è rivelato un
vero mascalzone, operavano liberamente fondando scuole ed Università in tutto
il mondo, senza controlli sul contenuto di quel che divulgavano; bisognava
fare santi a tutti i costi e così si moltiplicavano le canonizzazioni.
Il dibattito nella Chiesa, che esisteva prima del suo avvento, fu impedito.
In Italia tutto era in mano a Ruini, la cui teologia è profondamente
discutibile; ha rotto con la tradizione consolidata di prudenza della
Chiesa ed ha spinto attivamente i cattolici nelle spire di uno che
figurava nelle liste della P2, che non aveva nessuna delle preoccupazioni della
dottrina sociale della Chiesa nel suo programma politico, anzi proclamava il
diritto/dovere alla ricchezza, valorizzando quel che si ha (anche il corpo in
prosieguo…). Il tale, chiamato “il caimano”, una volta tacitata la Chiesa con i
soldi per i preti funzionari – definiti giustamente così dal papa Francesco – e
soddisfatta sulle richieste relative ai valori non negoziabili (va detto che la
teoria di questi valori, che non è una priorità del papa Francesco, contraddice
la raffinata elaborazione che si era elaborata fin dai tempi di Pio XII…) ha fatto quel che gli è convenuto. In
una parola l’abbandono di una nozione laica del bene comune, con il supporto
del pur intelligente prof. Buttiglione, ha portato ad un integralismo
strisciante ‘scassando’ la spiritualità, divenuta in prosieguo appannaggio dei
‘ruminanti della Santa Alleanza’, come li chiamava Maritain ne Le paysan de la Garonne, e cioè gli
ex-scismatici lefevriani.
Né la situazione è mutata sotto il pontificato di Benedetto XVI che ha
continuato a fare lo studioso o il melomane da papa, lasciando la gestione
della macchina al card. Bertone che, sinceramente non sapremmo dire se si
tratti di alto burocrate, di manager
senza scrupoli, di vescovo principe, circondato da personaggi più volte
inquisiti e massoni.
L’era del caimano e di Ruini ha accentuato in modo esponenziale
l’attitudine all’apparenza che ha formato generazioni di giovani: quel che
contava era la presenza, esserci, non il contenuto del messaggio; sintomatici
al riguardo erano i raduni oceanici della gioventù con papa Woytjla, che cantava
con loro, il giorno dopo ai quali
gli operatori ecologici raccoglievano montagne di preservativi dove
avevano dormito: non c’è male, no? Un’inclinazione, un rincorrere lo spirito
del tempo e in questo erano tutti hegeliani, disgraziatamente.
Lo stesso valga per la politica spettacolo, auspici i conduttori dei media (non si parla di quel che non si
conosce…), che ci ha portato fino ai tweet
di Renzi.
Ma la crisi ha spaventato ed i giovani cominciano a porsi qualche domanda
perché capiscono che i cosiddetti maestri quarantenni non sanno dove andare.
Renzi è un animale politico, ma è un tattico: lui vende qualsiasi contenuto
anche delle sciocchezze come la riforma del Senato. Del resto l’opposizione è
formata da un comico in disarmo, da un adepto di Scientology, da uno che dice
che bisogna capire l’Isis quando uccide da bestie, da un altro che prende il
presepe come corpo contundente e si fa fotografare seminudo, che avvia una
relazione, con famiglia alle spalle, e si definisce cattolico… Che volete?
Il tempo si fa breve, per così dire, e uno come Mattarella ha il respiro di
chi ha riflettuto sulla vita e sui problemi del Paese e sa come
mettervi mano.
È in linea col clima che il papa Francesco, una ventata di aria fresca, ha
portato nella Chiesa: un ritorno ai valori fondanti e basta chiacchiere.
Questa vicenda dell’elezione di Mattarella ha messo ancor più in evidenza il problema centrale del nostro parlamento, che sta nella mancanza di una cultura politica. La generazione di parlamentari al di sotto dei 50-60 anni è arrivata in parlamento senza nessuna cultura politica, o reclutata attraverso le congreghe e le amicizie di Berlusconi, spesso con meriti solo di immagine (nel migliore dei casi), se donne, con un attivismo fine a se stesso sotto la ferrea guida dei capi per il M5S e con una notevole casualità nel PD. Così, se si è voluto qualcosa di un po’ più solido si è dovuto andare a pescare in quella formazione che davano un tempo la Chiesa e i partiti. A questo punto ci si dovrebbe seriamente interrogare su chi e come deve dare una cultura e una formazione politica seria, in quanto sappiamo bene che lo sbandieramento di una presunta onestà e capacità critica non basta. Soprattutto si dovrebbe interrogare la Chiesa, in quanto, anche se sono tramontate le ideologie, nella Chiesa c’è pur sempre una visione dell’uomo, della vita e della società che può tradursi in azione politica. L’importante sarebbe compiere la mediazione corretta in relazione ai nostri tempi e soprattutto superare i limiti e gli errori dei democristiani, perché, ricordiamocelo bene, questa base culturale giuridico-cattolica che ora viene tanto esaltata in Mattarella è quella che, dopo una certa positività nella ricostruzione postbellica, anche per il supporto dei socialisti, ha portato a situazioni politiche per niente positive, che altri hanno cercato di superare, purtroppo facendo peggio. Direi anche che, crollata l’ideologia marxista, la Chiesa ha una maggiore responsabilità di dover fronteggiare un laicismo liberista troppo spesso anti-umano.
RispondiEliminaSono del tutto d'accordo, ma non solo la Chiesa dovrebbe far questo.Tanti anni di 'ubriacatura' idealista, per dirla col Wittgenstein del Tractatus,che include una fenomenologia inconcludente,di effimero alla Kundera, hanno provocato macerie.Ci vuole un nuovo umanesimo, ancora una volta. Ricominciamo da Aristotele...
EliminaCosa vuol dire “Ricominciamo da Aristotele...”? e come si può fare per ricominciare da Aristotele? in realtà Aristotele non è mai stato dimenticato, perché in tutti i licei si continua a studiarlo, ma (è vero) rimane lettera morta. Cosa vuol dire reinserirlo nella nostra cultura viva? in quale? in quella esistenziale o in quella politica?
RispondiEliminaAristotele non è mai stato dimenticato? Perfino Heidegger parla di Aristotele per propri fini, naturalmente…
EliminaQuel che si vuol dire, qui, è che il soggettivismo sfrenato che caratterizza il tempo attuale (ma non solo) è anche figlio di una impostazione idealistica, in senso lato…, seguendo Wittgenstein, cioè quel che porta a dire che la vera realtà è l’intelligibile cioè, modernamente, il valore che io dò alle cose.
Si è smarrito completamente quel che Aristotele diceva a proposito della filosofia (‘lo stupore dinanzi alle cose’) e la ricerca del che cos’è della cosa. Oggi invece la filosofia si è trasformata in epistemologia perché la dittatura kantiana, che costituiva un dogma del pensiero critico, parte dal presupposto - che a noi pare una sciocchezza - che la realtà sia inconoscibile (il noumeno), ponendo le basi per ridurre la filosofia ad epistemologia.
Noi pensiamo che della filosofia non si possa fare a meno perché cerca il senso della vita, dell’uomo ed Aristotele dà molte risposte ‘liberanti’ anche nella "Politica".
Uscirà il 12 marzo p.v. un libro che noi riteniamo fondamentale, per i tipi de Il Mulino, intitolato "Cercare l’uomo - Socrate, Platone, Aristotele" di Francesco Calvo, scomparso prematuramente ,con prefazione di Paul Ricoeur: un libro che va contro-corrente e che affronta tutte le aporie del nostro tempo.
L’elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica e il suo primo gesto pubblico di omaggio alle vittime delle Fosse Ardeatine coronano un processo che era ormai ben visibile da anni nella società italiana: le persone che in questa fase storica sembrano più in grado di “dare corpo” – ovvero di prestare un volto e una storia anche personale – alle istituzioni e ai valori repubblicani sono esponenti di cultura cattolica, quando non sono addirittura dei preti. La stagione dei Ciampi e dei Napolitano – nobili epigoni della cultura azionista e comunista – sembra essersi consumata tutta sul piano politico-istituzionale. Fuori dai palazzi, il processo di evaporazione della sinistra laica dai suoi insediamenti sociali ha lasciato un vuoto anche a livello narrativo – la capacità di parlare al popolo italiano – che la Chiesa sta colmando in prima persona, con effetti imprevedibili fino a poco tempo fa. Prendiamo il campo simbolico della Resistenza. È significativo che dal 2002 a oggi l’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia sia stato rappresentato ai suoi vertici da tre esponenti di un cattolicesimo politico tanto orgoglioso quanto saldamente “repubblicano”: Oscar Luigi Scalfaro, Tina Anselmi, Valerio Onida. Ma anche in periferia si sono verificate dinamiche analoghe, leggibili sempre meglio con il passare degli anni. Negli ultimi tempi i segnali sono stati numerosi, e in contesti politicamente molto diversi, a indicare – appunto – la dismissione da una parte, e la supplenza dall’altra. Il 7 gennaio, a Reggio Emilia, città dei fratelli Cervi e ora di Graziano Delrio, la lectio magistralis su “L’educazione al Tricolore” è stata affidata al vescovo Massimo Camisasca, su iniziativa del Comitato Primo Tricolore. Il 27 gennaio, a Padova, città da poco passata in mani leghiste, il partecipatissimo Giorno della memoria “dell’opposizione” è stato organizzato dal prete di strada e pacifista don Albino Bizzotto, dando la parola insieme a tutte le vittime della Shoah: ebrei, rom, disabili e omosessuali. Un momento importante di questo processo di riattualizzazione del codice repubblicano da parte cattolica si è avuto lo scorso 14 settembre, in occasione della cerimonia per il 70° del rastrellamento nazifascista in Cansiglio. In uno dei luoghi canonici della memoria resistenziale, le associazioni partigiane hanno chiamato come relatore ufficiale don Luigi Ciotti, altro celebre prete di strada impegnato da anni nel contrasto alle mafie con l’associazione Libera. Il giorno prima papa Francesco aveva tenuto messa, nel non lontano sacrario monumentale di Redipuglia, inaugurando di fatto le celebrazioni italiane del centenario della Prima Guerra Mondiale. I due eventi dialogarono, inevitabilmente. Ma se l’omelia del pontefice ha ripreso per molti aspetti una lettura consolidata della Grande guerra come “inutile strage”, il discorso di Don Ciotti segna forse un momento di svolta nella memoria pubblica della Resistenza. Ciotti ricorda di essere nato a Pieve di Cadore ed emigrato da bambino negli anni ’50 con la famiglia a Torino, “in una baracca di legno”; dice di avere come punti di riferimento, sullo stesso piano, Vangelo e Costituzione; parla di “un filo che lega la resistenza di allora alle resistenze di oggi, cioè l’impegno civile per un paese più libero dalle mafie, dall’illegalità, dalla corruzione, dalle ingiustizie”; cita papa Francesco che a Redipuglia ha parlato contro la guerra e portato per le lampade votive l'olio di Libera, ricavato dalle terre sottratte ai mafiosi; conclude dicendo che non ha paura della sentenza di morte da parte di Riina – a cui chiede anzi di cambiare – e che la lotta alla mafia e per la legalità e la giustizia sociale è la nuova Resistenza.
RispondiEliminaVa bene, ma quel che conta è cercare 'uomini di buona volontà', non persone 'etichettate'. Perché diciamo questo?Perché essere cristiani è una prassi - li riconoscerete dai frutti...- non l'appartenenza a un 'club' dove si proclamano valori non vissuti...
EliminaUlteriore conferma del fatto che sia finita l’era di Wojtyla in Italia la dovremmo avere da lunedì prossimo quando Antonio Mennini deporrà a San Macuto. Anche qui c’è voluto papa Francesco per riaprire il caso Moro e dare la parola a questo misterioso sacerdote che subito dopo la morte di Moro era stato promosso, ma allontanato dall’Italia. Speriamo...
RispondiEliminaPenso che le ragioni dell’assoluzione di Berlusconi siano da cercare più nella politica che nella magistratura, però la cosa interessante è che questa assoluzione è stata l’occasione per la conferma definitiva che l’era di Wojtyla è finita: la CEI ha preso finalmente una posizione chiara! E questo cosa vuol dire? Che Bagnasco non controlla più la CEI? Ha dovuto cambiare idea? e papa Francesco ha imposto la sua? Speriamo...
RispondiEliminaVuol dire che dopo decenni di preti e vescovi ‘funzionari’, attenti al ruolo ed agli equilibri di potere, di gente che si è appropriata della dottrina come bagaglio culturale e strumento di potere, l’opposto della fede vissuta, qualcuno comincia a ricordarsi che la fede consiste nel credere in un messaggio che richiede scelte ad ogni istante.
EliminaIeri da Vespa c’era un dibattito dove alcuni cosiddetti vaticanisti si sforzavano di interpretare se il papa ce l’avrebbe fatta o no con la riforma della Chiesa, interpretando tutto con a-priori sociologico-politici, come se nella Chiesa si trattasse di vincere una guerra con lo schieramento di truppe... Diversi vaticanisti sono ex seminaristi o ex preti, cioè falliti nella vocazione iniziale, hanno continuato per decenni a predicare quel che, secondo loro, avrebbe dovuto esser la Chiesa spiegandolo a noi poveri laici…
C’è qualcuno che ricordi: uno solo è il Signore e voi siete tutti fratelli?