Mi pare che di fronte alla problematica situazione della Grecia, aggravata dal risultato che si va profilando per il referendum, si enfatizzi eccessivamente il suo legame con il passato classico ed il suo essere stata la culla della democrazia.
Forse sarebbe opportuno riprendere in mano l'ormai famoso Democrazia. Cosa è di Giovanni Sartori (Rizzoli, 1993 poi BUR) per comprendere che la democrazia degli antichi è qualcosa di diverso rispetto a quella dei moderni, per cui potremmo definire la prima diretta e la seconda rappresentativa.
La polis dell'antica Grecia non era tanto una "città-stato", come si ostinano a dire i manuali scolastici, ma piuttosto una città senza stato che viveva come comunità, con una costante partecipazione decisionale collettiva. Infatti non c'erano politici di professione, ma le cariche erano, di norma, assegnate per sorteggio e con una rotazione molto rapida, per cui governati e governanti si scambiavano continuamente le parti. Questa città senza stato doveva rimanere tale, nei suoi limiti urbani. Infatti Atene arrivò ad un massimo di 30-35 mila cittadini, su un totale probabilmente di non oltre 300 mila abitanti. Proprio per questa sua natura Atene rapidamente crebbe, ma altrettanto velocemente declinò, perché non aveva nel suo stesso ordinamento la possibilità di ingrandirsi. Tutto avvenne in un tempo abbastanza breve: meno di due secoli, dalla riforma di Clistene (508 a.C.) alla controriforma imposta dai Macedoni nel 322 a.C.
Bisogna anche considerare che essere cittadino della polis comportava un coinvolgimento e una dedizione totale: richiedeva di dare la propria vita in guerra e il proprio tempo in pace. Non si dovevano tralasciare gli affari pubblici per occuparsi dei propri, l'impegno era assiduo, costante, in un susseguirsi quasi giornaliero di assemblee, di referendum e di altre convocazioni, con il costante rischio di ostracismo e di persecuzioni, come tanti personaggi famosi della storia ci dimostrano.
E poi nei duemila anni che sono intercorsi c'è stato il cristianesimo, il Rinascimento, il giusnaturalismo, la Riforma e la Controriforma, la riflessione filosofica e morale di tanti pensatori, l'Illuminismo con la tripartizione dei poteri di Montesquieu e poi la riscoperta del mondo classico soprattutto tramite Plutarco.
Anche la Grecia ha fatto il suo corso in totale autonomia dal suo passato classico. Divenne provincia romana con Augusto (Acaia), fece parte dell'Impero bizantino, subì nel IV secolo le invasioni barbariche dei Goti, degli Unni e degli Slavi, dopo le crociate finì prima in mano dei Sebi e poi degli Ottomani, fino agli aneliti indipendentisti dell'Ottocento che la portarono all'indipendenza nazionale poco prima della Grande Guerra, in cui risultò vittoriosa a fianco dell'Intesa. Nel Novecento ha avuto i colonnelli, una dittatura militare terminata poco più di quarant'anni fa. Un rimescolarsi di etnie ed un susseguirsi di vicende che l'hanno sempre più allontanata dal suo passato classico, per cui oggi è imprudente fare generalizzazioni in base ad affrettate scorciatoie storiche e culturali.
Dobbiamo piuttosto ricordarci che la vera culla della democrazia moderna, cioè di quella parlamentare, è l'Inghilterra.
Forse sarebbe opportuno riprendere in mano l'ormai famoso Democrazia. Cosa è di Giovanni Sartori (Rizzoli, 1993 poi BUR) per comprendere che la democrazia degli antichi è qualcosa di diverso rispetto a quella dei moderni, per cui potremmo definire la prima diretta e la seconda rappresentativa.
La polis dell'antica Grecia non era tanto una "città-stato", come si ostinano a dire i manuali scolastici, ma piuttosto una città senza stato che viveva come comunità, con una costante partecipazione decisionale collettiva. Infatti non c'erano politici di professione, ma le cariche erano, di norma, assegnate per sorteggio e con una rotazione molto rapida, per cui governati e governanti si scambiavano continuamente le parti. Questa città senza stato doveva rimanere tale, nei suoi limiti urbani. Infatti Atene arrivò ad un massimo di 30-35 mila cittadini, su un totale probabilmente di non oltre 300 mila abitanti. Proprio per questa sua natura Atene rapidamente crebbe, ma altrettanto velocemente declinò, perché non aveva nel suo stesso ordinamento la possibilità di ingrandirsi. Tutto avvenne in un tempo abbastanza breve: meno di due secoli, dalla riforma di Clistene (508 a.C.) alla controriforma imposta dai Macedoni nel 322 a.C.
Bisogna anche considerare che essere cittadino della polis comportava un coinvolgimento e una dedizione totale: richiedeva di dare la propria vita in guerra e il proprio tempo in pace. Non si dovevano tralasciare gli affari pubblici per occuparsi dei propri, l'impegno era assiduo, costante, in un susseguirsi quasi giornaliero di assemblee, di referendum e di altre convocazioni, con il costante rischio di ostracismo e di persecuzioni, come tanti personaggi famosi della storia ci dimostrano.
E poi nei duemila anni che sono intercorsi c'è stato il cristianesimo, il Rinascimento, il giusnaturalismo, la Riforma e la Controriforma, la riflessione filosofica e morale di tanti pensatori, l'Illuminismo con la tripartizione dei poteri di Montesquieu e poi la riscoperta del mondo classico soprattutto tramite Plutarco.
Anche la Grecia ha fatto il suo corso in totale autonomia dal suo passato classico. Divenne provincia romana con Augusto (Acaia), fece parte dell'Impero bizantino, subì nel IV secolo le invasioni barbariche dei Goti, degli Unni e degli Slavi, dopo le crociate finì prima in mano dei Sebi e poi degli Ottomani, fino agli aneliti indipendentisti dell'Ottocento che la portarono all'indipendenza nazionale poco prima della Grande Guerra, in cui risultò vittoriosa a fianco dell'Intesa. Nel Novecento ha avuto i colonnelli, una dittatura militare terminata poco più di quarant'anni fa. Un rimescolarsi di etnie ed un susseguirsi di vicende che l'hanno sempre più allontanata dal suo passato classico, per cui oggi è imprudente fare generalizzazioni in base ad affrettate scorciatoie storiche e culturali.
Dobbiamo piuttosto ricordarci che la vera culla della democrazia moderna, cioè di quella parlamentare, è l'Inghilterra.
I Greci hanno dimostrato di avere ben radicato il concetto di democrazia, cioè che a decidere è il popolo e hanno voluto fronteggiare il tentativo della finanza tossica internazionale e della cancelliera tedesca di cercare di rovesciare il governo democratico greco, eletto dai cittadini. In Grecia, da parte dell'Europa, era in atto un tentativo di golpe bianco, come è avvenuto da noi con il governo Monti. Ma i greci hanno saputo sventarlo. A questo punto è chiaro che solo un radicale ripensamento roosveltiano della Costituzione europea e una politica di grande e giusta ridistribuzione delle ricchezze possono salvare non solo la Grecia, ma tutta l'Europa.
RispondiEliminaSì, ma allora aboliamo prima gli Stati nazionali, facciamo una comune europea e pochi 'saggi' magari eletti in rete decidono come distribuire le risorse ... Ma si può vivere da eterni adolescenti ...? Calderòn de la Barca scrive che la vita è sogno ... Il risveglio sarà duro perché i creditori non sono proprio tenuti a corrispondere alle pretese dei debitori.
EliminaIntanto in Grecia la dignità ha sconfitto la paura e la fedeltà a questo valore viene da lontano.
RispondiEliminaDovremmo averlo anche noi italiani...
Dignità certo ma anche pretese infondate che ricordano quelle di certi figli che esigono dai loro genitori di fare ciò che vogliono e non ciò che è necessario ...
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