Risposta di Carlo Biancheri a Danilo Fioravanti
Continuano 
a circolare informazioni da parte di chi si impanca a maestro e dispone al 
massimo di un’infarinatura su questioni complesse che richiedono molto studio 
prima di pronunciarsi.
Proviamo 
a mettere in fila alcune considerazioni.
1.La 
Banca d’Italia, organo della vigilanza prudenziale, cioè della stabilità degli 
intermediari finanziari, escluse le assicurazioni, ha deciso che le  quattro 
banche popolari non potessero esser salvate con accesso al credito, come 
avvenuto in passato, per sofferenze ben maggiori, ad esempio nel caso del Monte 
dei Paschi di Siena: l’istituto ebbe un prestito dal Tesoro, poi rimborsato. Se 
ben capiamo la norma comunitaria che attiene al salvataggio delle banche entrerà 
in vigore a decorrere dal primo gennaio 2016 ma in questo caso si è deciso… di 
allinearsi alla normativa con due mesi di anticipo, nel timore di cadere negli 
strali di Lord Hill, il Commissario europeo, rappresentante dell’industria 
finanziaria inglese, non propriamente benevolo col paese della pizza e del 
mandolino, così la pensa lui…
Il 
Governatore della Banca d’Italia, caduto inopinatamente dal pero, scopre che la 
direttiva comunitaria all’Italia non andava bene ma che ci furono pressioni per 
approvarla…
Un momento, 
Signor Governatore, i funzionari della Banca d’Italia, come lei sa o dovrebbe 
sapere, partecipano a 
tutte le riunioni indette dalla Commissione prima e dal Consiglio europeo poi, 
dove si discutono le bozze delle direttive, e naturalmente all’EBA, l’Autorità 
bancaria europea. Nella normativa comunitaria si prevede che in caso di bail 
in di una banca, i portatori di obbligazioni subordinate siano 
chiamati a concorrere alla stregua degli azionisti per far fronte al passivo, 
così come i titolari di conti correnti con ammontare superiore ai centomila Euro 
(fino a centomila Euro i depositi sono garantiti, in caso di insolvenza delle 
banche), seppure pro-quota. È 
noto che l’Italia, malgrado la crisi, registra una rilevante propensione al 
risparmio delle famiglie, superiore a quella degli altri paesi europei, in 
nessuno dei quali un privato detiene in un conto corrente  un ammontare  
superiore ai centomila Euro. La norma è quindi di interesse quasi esclusivamente 
italiano… dove ci sono privati che dispongono di liquidità che non investono più 
in titoli di Stato nell’attuale incertezza: perché non ci si è opposti al tavolo 
dei negoziati? Tanto più che si tratta di  castroneria madornale:  un 
correntista prima di aprire un conto corrente deve esser costretto a fare 
un’analisi dei bilanci di una banca per valutarne la rischiosità… e, nel 
contempo, non fà alcun investimento! Al Governatore, a sentirlo adesso, non 
andava bene neppure il concorso dei portatori di obbligazioni subordinate; 
allora perché votare a favore del testo? Qual era la contropartita negoziale? 
Forse i suoi funzionari, convinti delle proprie posizioni, erano 
autoreferenziali, non in grado, cioè, di stabilire alleanze con altri Stati 
membri, congiuntamente al MEF, per determinare minoranze di blocco? E il 
Parlamento, nelle sue Commissioni - mi riferisco in specie ai bellimbusti 
seguaci del pianeta Gaia capaci di protestare ma non avvezzi ad usare gli 
strumenti di cui dispongono - non  riceve periodiche comunicazioni  
sull’andamento del negoziato? Non fornisce indicazioni? Ha approvato senza 
fiatare?
2.A 
sentire i procacciatori di cause delle associazioni dei consumatori, i vigilanti 
non hanno svolto correttamente il compito loro affidato nel caso delle quattro 
banche.
Sull’operato 
di Banca d’Italia riesce difficile comprendere la tempistica dell’ intervento e, 
sotto le righe, par di capire che il bail in rientra in un più ampio 
disegno di accorpamenti e diminuzione dei soggetti creditizi, troppo numerosi… 
Inoltre, la Banca, custode della stabilità del sistema e dei soggetti vigilati, 
non si interessa se nel cammino  vengono sacrificati i 
risparmiatori…
Sulla 
Consob vale la pena di spendere qualche parola. Va detto che in passato, molto 
prima di Vegas…, la Commissione ha avuto il grande merito di divulgare la 
cultura del mercato dei valori mobiliari in un paese dove il mercato di borsa 
era un mercatino di insiders, a detta del Financial Times. Poi 
Tremonti, Ministro dell’Economia, fà nominare un suo sottosegretario alla 
presidenza, in spregio a tutti i principi internazionali sull’indipendenza del 
controllore. Lo stesso che votò, pur nominato presidente della Consob…, la 
fiducia al Governo Berlusconi! Venne poi l’idolo di tutte le  
confraternite internazionali, il prof. Monti che, nella sua saggezza, 
pensò bene di ridurre il numero dei Commissari Consob da cinque a tre… Il prof. 
Monti di mercati finanziari non ha mai capito un’acca, pur essendo stato 
Commissario per il mercato interno, dove ha svolto tendenzialmente una politica 
filo-inglese, cioè di libero scambio senza controlli ed intralci burocratici; 
non capiva, di certo, perché alla SEC i Commissari fossero cinque… e, pour 
cause …; per lui tre potevano bastare. Il Parlamento, parco buoi, approvò 
pedissequamente: spending review, diminuzione di poltrone… che volete di 
più?
Il 
successore Letta non ci mise mano… Avvenne che i Commissari rimasero in due: il 
Presidente ed un altro ed in caso di parità il voto del Presidente prevale… In 
pratica, il famoso Monti trasformò un organo, per sua natura collegiale, data la 
delicatezza del compito – altro che ente inutile come gridano gli incolti – in 
organo monocratico: un capolavoro. Alcune delle operazioni incriminate avvennero 
precisamente in questa fase. Solo l’attuale governo ha avvertito la necessità di 
riportare a cinque i Commissari, di cui due appena nominati…
La 
Consob aspettava, a suo dire, gli esposti…, per avviare ispezioni sul 
collocamento dei titoli. Un atteggiamento non precisamente proactive, 
come dicono gli inglesi. Non poteva per caso prevedere che i titoli fossero 
collocati tra  gli investitori istituzionali soltanto?
È 
vero che il calcolo probabilistico su cui si sono fiondati tutti i commentatori 
è una sciocchezza che gli inglesi usano in casi limitati, anche se a stretto 
rigore non potrebbero aggiungere alcunché ad un regolamento UE, quello sul 
prospetto, ma si sa che, nel settore, loro sono più uguali degli altri oltreché 
furbi… La SEC lo vieta e questo è significativo o rende responsabili i 
collocatori…
Rispetto 
delle procedure, competenze sembrano il fine ultimo delle Amministrazioni in 
Italia, sul merito… de minimis non curat praetor!
3.In 
Europa non contiamo abbastanza e la burocrazia europea ci è ostile. Oh,davvero? 
Da quanto tempo? Quanti italiani lavorano nella Commissione? E chi ci 
rappresenta conosce i dossiers, il diritto comunitario? È 
capace a negoziare? Quante lingue parla? Capisce la mentalità di chi ha di 
fronte, per trovare il punto debole?
I 
pugni sul tavolo sono perfino controproducenti se  si viene dipinti come 
velleitari, inconcludenti. Non si sarà mai abbastanza grati al Cavaliere di aver 
inviato in Europa Commissari che hanno imparato l’inglese in quella sede e che, 
quindi, ci hanno messo un bel po’ per inserirsi oppure giornalisti provenienti 
da giornali romani (cronaca nella fattispecie) che all’evidenza non avevano 
alcuna competenza! Abbiamo votato Barroso (bella roba per l’Italia), Juncker 
(che viene da uno Stato confinante con la Germania di  trecentocinquantamila 
persone…), l’allargamento a staterelli baltici, ovviamente 
filo-tedeschi…
In 
Italia, per decenni si diceva: chi se ne importa se ci fanno la procedura 
d’infrazione? Noi continuiamo con la nostra legge nazionale e i nostri 
‘impicci’… Le direttive non si recepivano… Poi avevamo i federalisti, cioè i 
fautori degli Stati Uniti d’Europa che consideravano gli altri dei fratelli… 
-coltelli, aggiungiamo noi… - come si è visto nelle negoziazioni dove il nostro 
interesse nazionale veniva difeso debolmente e maldestramente solo quando 
imposto da qualche gruppo potente in Italia. Questo, il quadro.
4.Probabilmente 
alcuni piccoli risparmiatori sono stati truffati perché non è stato rispettato 
il profilo di rischio da parte dei collocatori e loro non han capito cosa 
volesse dire conflitto d’interessi… Questo va sanato. Ci sono, tuttavia, anche i 
furbi che volevano guadagnare senza capire il rischio che correvano e che ora 
vogliono che lo Stato assicuri loro l’investimento, come gli azionisti, cioè 
quelli che hanno investito in capitale di rischio! Che la Popolare dell’Etruria 
fosse una confraternita è noto a tutti, come spessissimo succede in questo 
povero Paese e qui stà il male.
Finalmente 
la verità sta emergendo! Un lungo elenco di finanziamenti in pieno conflitto di 
interessi. Al cui centro c'è Banca 
Etruria.
E 
tutto intorno un fitto reticolo di spa e cooperative collegate all'ex presidente 
dell'istituto, Lorenzo Rosi, e a esponenti di spicco del governo. Nel lungo 
elenco di nomi, che a primo impatto potrebbero non voler dire nulla e che la 
Guardia di Finanza sta cercando di ordinare, non spunta 
soltanto Pier 
Luigi Boschi, padre di Maria Elena e fino a qualche mese fa vice presidente di 
Banca Etruria. Tiziano 
Renzi, padre del premier Matteo, detiene insieme a Rosi la Party Srl. Della 
stessa società Laura 
Bovoli, madre del presidente del Consiglio, è amministratore unico. La Banca 
d'Italia sta cercando di far luce sui presiti della Banca Etruria in conflitto 
di interessi. Prestito che sono costati ai risparmiatori la bellezza di 18 
milioni di euro. Nel mirino sono finite ben 198 posizioni del valore di 185 
milioni di euro. E non è finita qui. Altri 90 milioni sarebbero, poi, stati 
infognati tra le posizioni in sofferenza. Un brutto pasticcio, insomma, che 
riconduce direttamente a spa e cooperative vicine a Rosi. Tra queste, come 
ricostruisce il Messaggero, 
spiccano (non certo positivamente) il Consorzio Etruria srl, l'Etruria 
Investimenti srl, l'Immofin srl e la Città Sant'Angelo Sviluppo spa. C'è poi la 
Città Sant'Angelo Outlet Village nel cui cda sedevano sia Rosi sia l'ex 
componente del cda di Banca Etruria Lorenzo Nataloni. Il 40% della Città 
Sant'Angelo Outlet Village è controllato dalla Castelnuovese, cooperativa 
presieduta da Rosi fino al 2014. Per costruire un outlet alle porte di Pescara 
la Castelnuovese avrebbe ricevuto finanziamenti sospetti. Nel mirino delle 
Fiamme Gialle ci sono poi la Td Group spa, la Casprini Holding spa, la Cd 
Holding spa, la Cdg srl, la Praha Invest srl, la Casprini Gruppo Industriale 
spa, la Naos srl e la Gianosa srl. Il lavoro dei finanzieri ora sta nel 
rintracciare i reali proprietari di questo immondo groviglio. Alcuni nomi sono 
già venuti fuori. E non fanno certo dormire sonni tranquilli. Perché, come 
ricostruisce Valentina Errante sul Messaggero, 
Rosi è "amministratore 
anche della Egnazia Shopping Mall, controllata al 12% dalla Castelnuovese e al 
31% dalla Nikila Invest, che, a sua volta, insieme a Tiziano Renzi, padre del 
premier Matteo, detiene il 40% della Party srl, mentre Laura Bovoli, madre del 
presidente del Consiglio, è l'amministratore unico della 
società".
Danilo 
Fioravanti