Rosa Elisa Giangoia
La responsabilità per il
crollo del ponte Morandi a Genova è indubbiamente della politica, di tutti
quelli che sono stati al governo negli ultimi 30 anni. Così almeno si evince
dalle relazioni tecniche che hanno fatto sì che già vent’anni dopo
l’inaugurazione del ponte si evidenziassero i suoi difetti strutturali e si
cercasse di sopperire con continui monitoraggi e lavori di manutenzione, con
costi enormi, che non sono serviti ad evitare l’odierna tragedia. La vera
responsabilità è stata quella di non aver avuto il coraggio, per non creare disagi e svantaggi ai troppi utenti, di chiudere quel ponte e
provvedere altrimenti allo scorrimento del traffico. Nel 2009 si sosteneva che
il ponte Morandi dovesse essere abbattuto e si dovesse trovare una soluzione
alternativa per la viabilità del Ponente genovese e l’architetto Calatrava già
nel 2006 si era candidato per disegnare e realizzare un nuovo ponte
in acciaio. Si calcolava che la demolizione
avrebbe richiesto dagli 8 ai 12 mesi con evacuazione temporanea di alcuni
palazzi. La soluzione doveva essere radicale e poi era stata individuata
nella famosa gronda di Ponente di cui a Genova si parla da 10 anni e che mai è
stata attuata. A questo punto le cose si fanno più chiare. Perché il progetto
della gronda è sempre rimasto in sospeso? Perché c’era chi lo contrastava con
movimenti di tipo populistico delle cui voci e istanze si è appropriato il M5S
a chiari fini elettorali e anche per scarsa competenza sull’aspetto tecnico
della questione.
La Gronda avrebbe rappresentato un’alternativa, almeno temporanea, per tutti i
veicoli e una via di transito costante per alleggerire il passaggio dei veicoli
su ponte Morandi, aumentati nei decenni in modo esponenziale. Ma la Gronda non
si è fatta per non scontentare quei movimenti di opposizione, sempre più
cavalcati dai 5stelle, fin da quando Grillo riteneva tale opera un inutile
spreco di denaro e incitava a gran voce con il suo fare da istrione il
pubblico, gridando “Dobbiamo fermarli con l’esercito!”.
Con i governi Renzi e Gentiloni sembrava che il progetto Gronda potesse andare
in porto, tanto che i lavori pareva dovessero partire entro la fine di
quest'anno, ma pochi giorni fa il ministro delle Infrastrutture, il grillino
Danilo Toninelli, aveva inserito la Gronda tra le opere che sarebbero state sottoposte a «una revisione complessiva, che contempli anche l'abbandono del
progetto». Sulla stessa identica linea anche il vicepremier Luigi Di Maio, che
a un'autostrada proponeva l'alternativa di mezzi più ecologici, come i
reciproci passaggi in auto: «Bisogna soprattutto investire sulla mobilità
sostenibile, utilizzando i soldi della Gronda per potenziare il trasporto
pubblico, per potenziare la mobilità condivisa, soprattutto quella elettrica,
per permettere il trasporto dei passeggeri su ferro».
Prontamente ieri Toninelli ha smentito se stesso e ha cambiato
posizione, dicendo a chi lo intervistava: «Chi pensa che il M5S sia contro le
grandi opere si sbaglia di grosso, noi siamo contro quelle che sono una
mangiatoia di soldi pubblici. Bisogna fare quelle utili, vogliamo impiegare le
risorse prima di tutto per la manutenzione. Faremo nuove opere che siano
alternative a quelle presenti che sono troppo vecchie». Il ministro delle
Infrastrutture ha poi ribadito che la priorità del governo sarà quella della
«manutenzione e messa in sicurezza di ponti e viadotti che sono stati costruiti
negli anni 60». Lui pensa che
noi non ricordiamo…, ma ricordiamo anche altro. Ricordiamo che nel 2013 sul
blog del Movimento comparivano le tesi di chi liquidava come pretestuose le
segnalazioni sui problemi di stabilità del ponte Morandi: era un comunicato del
comitato “No Gronda” leggibile fino a ieri pomeriggio, quando improvvisamente è
stato rimosso dal blog. Ad osteggiare la gronda erano gli illustri esponenti
del grillismo ligure, capeggiati da Alice Salvatore, che dall’alto della loro
incompetenza tecnica bollavano come insostenibili le tesi di chi metteva in
guardia sullo stato di pericolo del viadotto sul Polcevera. Ad essere presi di
mira erano gli allarmi di chi, come l’allora Presidente di centro-sinistra
della Provincia, Alessandro Repetto, sulla base di precise relazioni tecniche,
denunciava l’instabilità del ponte, cosa che veniva indicata dagli avversari come un semplice
pretesto per ribadire la necessità della gronda. Sulla questione il dibattito
negli anni scorsi è stato serrato. Basta ricordare lo scontro tra Paolo Putti
del M5S e l’allora presidente della Confindustria che nel 2012 disse: «Quando
tra dieci anni il Ponte Morandi crollerà, e tutti dovremo stare in coda nel
traffico per delle ore, ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto no». A
dire un imperioso no alla gronda era stato appunto Putti che aveva anche
affermato che il modo di pensare degli avversari fosse «connaturato alle
democrazie immature dove la prevalenza dei diritti forti di pochi, rispetto
agli interessi collettivi, prevale agli interessi collettivi di molti».
Purtroppo non si trattava di far prevalere gli interessi di pochi…, ma di
salvare la vita di molti.
Purtroppo solo all’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Giovanni
Castellucci, non risulta «che il ponte fosse pericoloso e che andasse
chiuso», come ha affermato ieri in un’intervista. Questa dichiarazione può essere facilmente smentita dalle foto che
circolano in rete dello stato del ponte una settimana fa che mostrano sfilacciamenti e danni all’infrastruttura. Ma già nel 2016 l’allora senatore di
Scelta Civica Maurizio Rossi denunciava la pericolosità del ponte per cui si
rendevano necessari interventi di manutenzione straordinaria. Ora pare chiaro
che lavori di manutenzione non fossero sufficienti, in quanto il problema era
strutturale e andava affrontato in modo radicale.
La vicenda di Genova, chiaramente una “tragedia annunciata”, diventa esemplare della
negatività di quei “comitati del NO” che hanno prosperato in questi ultimi anni
in Italia e hanno fatto da piedestallo elettorale al M5S, composti da malati di
protagonismo che non capiscono che le priorità di un gruppo di persone non
possono essere quelle di tutto il paese e soprattutto fanno prevalere le loro
chimere sulla solidità tecnica e scientifica. È la linea pericolosa
dell’incompetenza al potere che il M5S sta portando avanti, miseramente
crollata di fronte a questa «immane tragedia» che dovrebbe almeno rappresentare
un monito ed aprire gli occhi riguardo ad altre questioni, in primis quella
dei vaccini.
Per questo Genova oggi non ha bisogno dell’invasione dei ministri, capeggiati
dal presidente del consiglio Conte in tenuta da soccorritore, oggi Genova non
deve diventare il palcoscenico di una campagna elettorale e nemmeno il luogo di
additamento di colpevoli tanto per dare qualcuno in pasto all’opinione
pubblica, come urla Salvini nella sua smania di protagonismo, ma piuttosto il
luogo di riflessione sull’assunzione di responsabilità di chi si impegna in
politica e sul giusto peso da dare alle acquisizioni della scienza e della
tecnica da parte di tutti, dei politici, ma anche dei cittadini che non devono
improvvisarsi tuttologi di fronte alla complessità del sapere attuale.
------------------------------------------------------
Ciao professoressa, ho letto con interesse quello che hai scritto sul blog
"Amicus Plato...". In queste ore di tragedia ed ancor più leggendo il tuo articolo, ho fatto molte riflessioni in qualità di cittadino ma anche di addetto
ai lavori; le scrivo solo a te perché ho visto che in queste ore ogni parola
suscita polemiche:
- Questo ponte è lo specchio di un paese decrepito, che non ha la
forza la voglia e le risorse culturali per risollevarsi
- In molti hanno cavalcato il ronzino dell’ambientalismo, che
tanto ha rovinato e rovina il paese. Questo è stato possibile grazie alla
storica refrattarietà e diffidenza degli italiani verso il sapere scientifico e
tecnologico. Certo oggi il M5S, capendo bene che siamo nell’era della rabbia e
della paura, ha proficuamente cavalcato questo ronzino usando la voce virulenta,
ma in passato altri schieramenti più “democratici” e “colloquiali” lo avevano
fatto. A tal proposito ricordo che quando ero ragazzino si approfittò del
disastro di Chernobyl per istituire un referendum contro l’energia nucleare,
nella quale l’Italia era in posizione di avanguardia almeno in Europa: le sette
sorelle se ne giovano tutt’ora.
- Questo ronzino è stato cavalcato anche nei confronti della
cosiddetta “Gronda”, con l’istituzione ad esempio di un dibattito pubblico. Io
mi domando: siamo sicuri che i dibattiti pubblici ed i comitati di quartiere
siano luoghi di democrazia? Secondo me no, per il semplice fatto che non
rappresentano la popolazione e nemmeno una sua media statistica: sono formati
prevalentemente da pensionati passatisti ed egoisti che credono di avere più
esperienza ed intelligenza degli altri, e che ovviamente non guardano verso il
futuro e verso il nuovo.
- Si può sempre dire che la realizzazione della “Gronda” non
avrebbe impedito il crollo di questi giorni. Io non so se è così (giova
ricordare che un primo progetto già finanziato venne accantonato parecchi anni
fa), ma di sicuro le stesse persone che negano l’indispensabilità della “Gronda”
sono anche quelle che consideravano il ponte Morandi sicuro e sufficiente per lo
smaltimento del traffico. Le grandi opere sono e saranno sempre inutili agli
occhi di chi non le vuole fare o di chi non le capisce.
- Trovo che la diffidenza verso il costruire, verso la tecnologia,
verso la scienza, sia un vero e proprio tabù culturale.
- Nel mio lavoro vivo spesso situazioni che mi fanno capire come
il sapere tecnologico sia disprezzato: troppe volte ho sentito frasi del tipo
“io non ho competenze, io la teoria non la conosco, però mi sembra che…”.
Solitamente a questa frase fa seguito un’affermazione tecnicamente sbagliata.
Questo accade perché usare il buon senso senza il supporto di una conoscenza
specifica porta a cantonate incredibili. E’ ovvio che questi comportamenti
accadono perché chi li mette in atto non percepisce la presenza o l’importanza
di una conoscenza specifica da avere e da coltivare con anni di studi,
professione ed aggiornamento.
- E’ paradossale vedere quante persone si cruccino per il fatto
che i nostri giovani laureati siano costretti ad espatriare ed al tempo stesso
vedere in quanti disprezzino o disconoscano il valore della
conoscenza.
- Ho visto molta emotività, molto offerte di solidarietà, persone
disposte a donare il sangue, anche se l’emergenza sanitaria è minoritaria
rispetto a quella civile, trasportistica ed economica. Chiedendomi il perché di
questa stranezza mi do una possibile risposta inquietante: in questo paese siamo
capacissimi ad offrire carità ma non siamo capaci di rimboccarci le maniche e
fare con ostinazione e coerenza le cose utili. Ed allora io temo che accada ciò
che è accaduto per i più recenti terremoti: spenti i riflettori sono rimaste le
macerie. Forse non andrà così, forse ora correrà ai ripari, così come si è corso
ai ripari tardivamente per la sistemazione del torrente
Bisagno.
Grazie per la pazienza
Enrico
La Gronda avrebbe rappresentato un’alternativa, almeno temporanea, per tutti i veicoli e una via di transito costante per alleggerire il passaggio dei veicoli su ponte Morandi, aumentati nei decenni in modo esponenziale. Ma la Gronda non si è fatta per non scontentare quei movimenti di opposizione, sempre più cavalcati dai 5stelle, fin da quando Grillo riteneva tale opera un inutile spreco di denaro e incitava a gran voce con il suo fare da istrione il pubblico, gridando “Dobbiamo fermarli con l’esercito!”.
Con i governi Renzi e Gentiloni sembrava che il progetto Gronda potesse andare in porto, tanto che i lavori pareva dovessero partire entro la fine di quest'anno, ma pochi giorni fa il ministro delle Infrastrutture, il grillino Danilo Toninelli, aveva inserito la Gronda tra le opere che sarebbero state sottoposte a «una revisione complessiva, che contempli anche l'abbandono del progetto». Sulla stessa identica linea anche il vicepremier Luigi Di Maio, che a un'autostrada proponeva l'alternativa di mezzi più ecologici, come i reciproci passaggi in auto: «Bisogna soprattutto investire sulla mobilità sostenibile, utilizzando i soldi della Gronda per potenziare il trasporto pubblico, per potenziare la mobilità condivisa, soprattutto quella elettrica, per permettere il trasporto dei passeggeri su ferro».
Prontamente ieri Toninelli ha smentito se stesso e ha cambiato posizione, dicendo a chi lo intervistava: «Chi pensa che il M5S sia contro le grandi opere si sbaglia di grosso, noi siamo contro quelle che sono una mangiatoia di soldi pubblici. Bisogna fare quelle utili, vogliamo impiegare le risorse prima di tutto per la manutenzione. Faremo nuove opere che siano alternative a quelle presenti che sono troppo vecchie». Il ministro delle Infrastrutture ha poi ribadito che la priorità del governo sarà quella della «manutenzione e messa in sicurezza di ponti e viadotti che sono stati costruiti negli anni 60». Lui pensa che noi non ricordiamo…, ma ricordiamo anche altro. Ricordiamo che nel 2013 sul blog del Movimento comparivano le tesi di chi liquidava come pretestuose le segnalazioni sui problemi di stabilità del ponte Morandi: era un comunicato del comitato “No Gronda” leggibile fino a ieri pomeriggio, quando improvvisamente è stato rimosso dal blog. Ad osteggiare la gronda erano gli illustri esponenti del grillismo ligure, capeggiati da Alice Salvatore, che dall’alto della loro incompetenza tecnica bollavano come insostenibili le tesi di chi metteva in guardia sullo stato di pericolo del viadotto sul Polcevera. Ad essere presi di mira erano gli allarmi di chi, come l’allora Presidente di centro-sinistra della Provincia, Alessandro Repetto, sulla base di precise relazioni tecniche, denunciava l’instabilità del ponte, cosa che veniva indicata dagli avversari come un semplice pretesto per ribadire la necessità della gronda. Sulla questione il dibattito negli anni scorsi è stato serrato. Basta ricordare lo scontro tra Paolo Putti del M5S e l’allora presidente della Confindustria che nel 2012 disse: «Quando tra dieci anni il Ponte Morandi crollerà, e tutti dovremo stare in coda nel traffico per delle ore, ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto no». A dire un imperioso no alla gronda era stato appunto Putti che aveva anche affermato che il modo di pensare degli avversari fosse «connaturato alle democrazie immature dove la prevalenza dei diritti forti di pochi, rispetto agli interessi collettivi, prevale agli interessi collettivi di molti». Purtroppo non si trattava di far prevalere gli interessi di pochi…, ma di salvare la vita di molti.
La vicenda di Genova, chiaramente una “tragedia annunciata”, diventa esemplare della negatività di quei “comitati del NO” che hanno prosperato in questi ultimi anni in Italia e hanno fatto da piedestallo elettorale al M5S, composti da malati di protagonismo che non capiscono che le priorità di un gruppo di persone non possono essere quelle di tutto il paese e soprattutto fanno prevalere le loro chimere sulla solidità tecnica e scientifica. È la linea pericolosa dell’incompetenza al potere che il M5S sta portando avanti, miseramente crollata di fronte a questa «immane tragedia» che dovrebbe almeno rappresentare un monito ed aprire gli occhi riguardo ad altre questioni, in primis quella dei vaccini.
Per questo Genova oggi non ha bisogno dell’invasione dei ministri, capeggiati dal presidente del consiglio Conte in tenuta da soccorritore, oggi Genova non deve diventare il palcoscenico di una campagna elettorale e nemmeno il luogo di additamento di colpevoli tanto per dare qualcuno in pasto all’opinione pubblica, come urla Salvini nella sua smania di protagonismo, ma piuttosto il luogo di riflessione sull’assunzione di responsabilità di chi si impegna in politica e sul giusto peso da dare alle acquisizioni della scienza e della tecnica da parte di tutti, dei politici, ma anche dei cittadini che non devono improvvisarsi tuttologi di fronte alla complessità del sapere attuale.
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Ciao professoressa, ho letto con interesse quello che hai scritto sul blog "Amicus Plato...". In queste ore di tragedia ed ancor più leggendo il tuo articolo, ho fatto molte riflessioni in qualità di cittadino ma anche di addetto ai lavori; le scrivo solo a te perché ho visto che in queste ore ogni parola suscita polemiche:
- Questo ponte è lo specchio di un paese decrepito, che non ha la
forza la voglia e le risorse culturali per risollevarsi
- In molti hanno cavalcato il ronzino dell’ambientalismo, che
tanto ha rovinato e rovina il paese. Questo è stato possibile grazie alla
storica refrattarietà e diffidenza degli italiani verso il sapere scientifico e
tecnologico. Certo oggi il M5S, capendo bene che siamo nell’era della rabbia e
della paura, ha proficuamente cavalcato questo ronzino usando la voce virulenta,
ma in passato altri schieramenti più “democratici” e “colloquiali” lo avevano
fatto. A tal proposito ricordo che quando ero ragazzino si approfittò del
disastro di Chernobyl per istituire un referendum contro l’energia nucleare,
nella quale l’Italia era in posizione di avanguardia almeno in Europa: le sette
sorelle se ne giovano tutt’ora.
- Questo ronzino è stato cavalcato anche nei confronti della
cosiddetta “Gronda”, con l’istituzione ad esempio di un dibattito pubblico. Io
mi domando: siamo sicuri che i dibattiti pubblici ed i comitati di quartiere
siano luoghi di democrazia? Secondo me no, per il semplice fatto che non
rappresentano la popolazione e nemmeno una sua media statistica: sono formati
prevalentemente da pensionati passatisti ed egoisti che credono di avere più
esperienza ed intelligenza degli altri, e che ovviamente non guardano verso il
futuro e verso il nuovo.
- Si può sempre dire che la realizzazione della “Gronda” non
avrebbe impedito il crollo di questi giorni. Io non so se è così (giova
ricordare che un primo progetto già finanziato venne accantonato parecchi anni
fa), ma di sicuro le stesse persone che negano l’indispensabilità della “Gronda”
sono anche quelle che consideravano il ponte Morandi sicuro e sufficiente per lo
smaltimento del traffico. Le grandi opere sono e saranno sempre inutili agli
occhi di chi non le vuole fare o di chi non le capisce.
- Trovo che la diffidenza verso il costruire, verso la tecnologia,
verso la scienza, sia un vero e proprio tabù culturale.
- Nel mio lavoro vivo spesso situazioni che mi fanno capire come
il sapere tecnologico sia disprezzato: troppe volte ho sentito frasi del tipo
“io non ho competenze, io la teoria non la conosco, però mi sembra che…”.
Solitamente a questa frase fa seguito un’affermazione tecnicamente sbagliata.
Questo accade perché usare il buon senso senza il supporto di una conoscenza
specifica porta a cantonate incredibili. E’ ovvio che questi comportamenti
accadono perché chi li mette in atto non percepisce la presenza o l’importanza
di una conoscenza specifica da avere e da coltivare con anni di studi,
professione ed aggiornamento.
- E’ paradossale vedere quante persone si cruccino per il fatto
che i nostri giovani laureati siano costretti ad espatriare ed al tempo stesso
vedere in quanti disprezzino o disconoscano il valore della
conoscenza.
- Ho visto molta emotività, molto offerte di solidarietà, persone
disposte a donare il sangue, anche se l’emergenza sanitaria è minoritaria
rispetto a quella civile, trasportistica ed economica. Chiedendomi il perché di
questa stranezza mi do una possibile risposta inquietante: in questo paese siamo
capacissimi ad offrire carità ma non siamo capaci di rimboccarci le maniche e
fare con ostinazione e coerenza le cose utili. Ed allora io temo che accada ciò
che è accaduto per i più recenti terremoti: spenti i riflettori sono rimaste le
macerie. Forse non andrà così, forse ora correrà ai ripari, così come si è corso
ai ripari tardivamente per la sistemazione del torrente
Bisagno.
Enrico
E così il colpevole l'hanno subito trovato in Autostrade. Ma la frase di Conte "Non possiamo aspettare i tempi della giustizia" è accettabile? L'esecutivo si vuole sostituire alla magistratura? e poi ormai appare chiaro dalle dichiarazioni dei tecnici che non era una questione di manutenzione, ma di errori strutturali di progettazione.
RispondiEliminaNon è accettabile alcunché a cominciare dalle interviste della Rai/EIAR ai Di Maio, Toninelli e al Salvini. Non sanno nulla perché non hanno né studiato né lavorato seriamente e quindi ora propongono la nazionalizzazione delle autostrade: ci sono voluti decenni per liberarci delle società Irizzate e questi vogliono tornare allo Stato ‘pasticciere’ pensando che faccia meglio dei privati. L’Iri perdeva settecento miliardi di lire l’anno e non funzionava: era una mafia pubblica! In questo paese non si sanno fare né controlli né progetti –come ha detto giustamente Tria- e ora si vuole nazionalizzare. Soprattutto c’è sempre bisogno di capri espiatori, qualcuno da condannare per nascondere le proprie responsabilità.
EliminaI giallo-verdi hanno aspettato la catastrofe per parlare di manutenzione e revisione di ponti e infrastrutture stradali. Nel contratto di governo non si parlava di investimenti per mettere in sicurezza le strade. I soldi (che comunque non ci sono) li vogliono spendere in cose ad alto moltiplicatore elettorale, tipo flat tax e reddito di cittadinanza.
RispondiEliminaE della gronda hanno parlato? Solo il Toninelli dall’alto della sua autorevolezza ha chiesto di evitare sciacallaggi! Come dire: gli altri sono sempre colpevoli ma noi no perché siamo il cambiamento.
EliminaLa cialtroneria e l’incapacità di governare che pagheremo a carissimo prezzo, temo…
Che il Capo del Governo, Giuseppe Conte, oltretutto avvocato e docente universitario a Giurisprudenza, dica che "non si possono aspettare i tempi della giustizia" è davvero molto preoccupante. Mi auguro che sia una frase buttata lì su un'ondata emotiva, ma è deplorevole che proprio lui dica queste cose.
RispondiEliminaIn uno Stato di diritto, quale è l'Italia, si fanno le indagini, si mandano gli avvisi di garanzia, si accertano le responsabilità e si fanno pagare i colpevoli.
Il sistema di Piazzale Loreto è inaccettabile.
Lei ha ragione, ma quanti sono quelli che ragionano ancora in questo paese?
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