Carlo Biancheri
È noto che
nel Governo del Vis-Conte dimezzato c’è gente con approfondita
conoscenza
delle lingue e del contesto internazionale, sviluppata nelle
scuole di San
Giovanni Rotondo e di Canicattì, salvo il caso del funzionario
facente
funzione di Ministro degli Esteri, privo di ogni visione
internazionale, ma che
si esprime correttamente in inglese ed in un francese
pedestre, nonostante i
molti anni trascorsi a Bruxelles.
La
disquisizione adesso è sul significato di Memorandum of
Understanding, altrimenti
detto Memorandum d’intesa. Il Vis-Conte dimezzato si è
avventurato
incautamente, come i ragazzini, nel quadro internazionale,
senza capirlo, senza
conoscerlo e si trova in ambascia per le minacce reali
americane in merito alla
firma dell’intesa con la Repubblica Popolare Cinese ed i
richiami della UE che
ricordano le competenze dell’Unione in materia di accordi
commerciali con paesi
terzi. Abituato com’è a svincolarsi con le parole – spesso a
vanvera - si è
affannato a sostenere che si tratta di un accordo non
vincolante, cioè di acqua
fresca. Si dà il caso che nel mondo anglosassone, retto, se
Conte non lo sa, da
un sistema di Common Law, la maggior parte degli
Accordi Internazionali
sono redatti nella forma di Memoranda of Understanding
dove è labile il
confine tra impegno giuridico e politico, come del resto in
tutto quel sistema
giuridico, fondato sul caso concreto, sul precedente e sull’ethos.
Non ci sono
sanzioni in caso di inadempimento del MoU, ma dove sono le
sanzioni in sede
internazionale se non nei casi di adesione ad una
Organizzazione Internazionale,
fondata su un Trattato, ratificato dal Parlamento? Sul piano
bilaterale, in un’ultima
istanza, la sanzione è la guerra, eventualmente dopo aver
esperito tutte le
forme di retaliation possibili, incluse le sanzioni
economiche. Anche se
non ci sono vincoli giuridici, per quel che valgono nel
diritto
internazionale…, si tratta pur sempre di accordo politico a
tutti gli effetti, il
cui mancato rispetto verrebbe giudicato negativamente
dall’interlocutore che
non subirebbe l’inadempienza passivamente: il principio che
regge il contesto
internazionale è quello della buona fede nel concludere gli
accordi. Immaginarsi
se Mr. Ping, come lo chiama il ragazzetto di Pomigliano d’Arco
che forse pensa,
come al suo paesello, che ciò che conta è il cognome, quello
che segue il nome (…),
viene a Roma tra le strade dissestate e la spazzatura dovunque
e pochi mesi
dopo la firma si sente dire dal governo italiano: abbiamo
scherzato… Troverà il
modo di farcela pagare in ogni sede internazionale, perché ci
tiene alla
reputazione di un paese in crescita, di oltre un miliardo di
abitanti, che
diverrà la prima potenza economica mondiale, ecc., ecc.
Altri paesi
europei si sono mossi ben prima di noi, ma lo hanno fatto
discretamente, con
esperienza diplomatica consumata, senza pestare i piedi,
mentre noi ci siamo
avventurati col ragazzetto che vuole che i cinesi ci comprino
il debito
pubblico per poi, in caso di controversia, farci giochetti
come quello che ci
fece Deutsche Bank quando liquidò d’un botto le posizioni sui
titoli italiani e
lo spread superò i 500 punti rispetto ai Bund
tedeschi… Non conoscendo
quasi nulla, ha ampliato a dismisura l’ambito dell’accordo,
rendendolo di
difficile gestione.
Naturalmente
gli USA, come di consueto, non conoscono confini territoriali
ai loro interessi
e quindi hanno fatto pressioni a non finire; bisogna resistere
alla prepotenza,
ben sapendo, però, che gli americani hanno la memoria lunga e
la fanno pagare e
sono quelli che assicurano la nostra difesa, perché il nostro
esercito ha
ancora, come nella ritirata di Russia, gli scarponi di
cartone, forse di
plastica adesso…, e senza gli USA quanto saremmo in grado di
resistere ad un
attacco? E la tecnologia? È made in Italy? Ecco il
contesto.
La lezione
che ne traiamo è quella che siamo in mano ad un governo di
dilettanti che
raccontano un mare di frottole ai gonzi e che non sono in
grado di affrontare
la crisi economica con un’iniziativa chiara; i soli
provvedimenti che adottano
sono quelli di propaganda
e lo fanno a
debito. E questo è il punto, perché hanno varato iniziative
pasticciate, finanziate con
‘pagherò’ a
scadenza a fine d’anno quando si
approverà la nuova
legge di bilancio; nel mentre hanno
occupato
tutte le poltrone, bloccato tutte le opere pubbliche – altro
che opere in
ritardo di quarant’anni!- per fare l’analisi costi benefici,
affidata agli
amici, con dei ministri che credono che la loro funzione sia
quella di
ispezionare i luoghi e non di sedersi alla scrivania e di
farsi portare le
carte e decidere. L’informazione pubblica è cosa loro e la
RAI, pagata da noi, è
come l’EIAR fascista, perché è solo propaganda. Le voci libere
e di qualità
vengono messe a tacere,
tagliando i
finanziamenti pubblici.
Ci
avviciniamo alla boa dell’anno di governo con risultati
pessimi: eravamo in
crescita e siamo in recessione, le agenzie di rating
continuano a graziarci per
l’impatto che avrebbe sull’intera Europa un giudizio serio sul
paese, l’occupazione
non aumenta affatto e lo spread
è
stazionario: il doppio di quello col governo precedente.
Si vede
benissimo che non sanno che fare e che aspettano il voto
europeo per decidere
come atteggiarsi.
Bisogna
salvare il paese e mandarli a spasso…
Ormai è chiaro il disegno del nostrob governo: diventeremo come quei paesi dell'Africa, nominalmente sovrani, in realtà colonie, per questioni economiche, della Cina. Forse questo è il destino di tutta l'Europa e magari noi, essendo entrati per primi, avremo qualche vantaggio.
RispondiEliminaLo stesso vantaggio di Pinocchio che aveva sotterrato le monete su suggerimento del gatto e della volpe per avere un albero che producesse monete d'oro.
EliminaSperiamo di non dover fare come la Grecia che ha venduto il Pireo...
Dipende da noi se ci fosse un po’ più di serietà e resipiscenza: meno droga, meno mondo virtuale, meno discoteche e più realtà.
Ma ci rendiamo conto che l'Italia con la Cina ha firmato la nostra
RispondiEliminadefinitiva morte economica?
Morte economica, no.Bisognerà vedere come sapremo gestire l'accordo, e di certo l'operare di questi dilettanti, non privi di smisurata presunzione, non lascia ben sperare.
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