Rosa Elisa Giangoia
Come evidenzia Andrea Riccardi nel suo recente La Chiesa brucia. Crisi e futuro del cristianesimo, facendo seguito a molte analisi di sociologia religiosa degli ultimi anni in Italia e in Europa, dobbiamo renderci conto che viviamo in una fase di crescente scristianizzazione, sempre in progressiva crescita e diffusione. La situazione è resa evidente dalla continua riduzione delle pratiche religiose (scarsa frequenza alla Messa, diminuzione dei sacramenti del battesimo, della cresima, del matrimonio, dell’estrema unzione), diminuzione della scelta dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole (a cui peraltro, né il Ministero, né le singole scuole sanno contrapporre qualcosa di valido e significativo), crollo dell’associazionismo cattolico tradizionale e anche diminuzione delle adesioni ai nuovi movimenti con una certa qual tenuta solo delle forme associative di spiritualità e carismatiche, calo crescente delle vocazioni, con conseguente problema della diffusa presenza di sacerdoti provenienti dal Terzo Mondo, differenti per mentalità e formazione culturale, sovente anche con problemi di comunicazione per scarse dimestichezze linguistiche, e ancora, sempre minore incidenza della presenza cattolica nella vita pubblica.
Abbiamo certo consapevolezza che non sia migliore la situazione nelle aree della riforma protestante, come del fatto che storicamente in passato ci siano stati momenti di forte crisi del cattolicesimo, fin dalle origini , al tempo delle grandi eresie, poi, oltre al tempo dello scisma luterano, quello del laicismo razionalista a seguito della Rivoluzione Francese, del positivismo massonico di fine Ottocento e del diffuso materialismo storico marxista del Novecento, ma in tutti questi momenti è sempre rimasto un diffuso fondo popolare di fedeltà alla fede cattolica e di adesione morale, in contrapposizione a élite ideologizzate su basi intellettuali, mentre oggi il laicismo, di matrice edonistica e amorale, è ampiamente diffuso a livello popolare, anche per l’influsso massmediatico, determinando una radicalizzazione di individualismo e di mancanza di valori profonda.
Tutto questo ha determinato l’accentuarsi di una crisi che ha le sue radici fin dal dopoguerra e di fronte alla quale è venuta a incagliarsi la volontà riformatrice di papa Francesco impossibilitato a risolvere dall’alto, attraverso una pratica riformistica, problemi di larga diffusione e profonda radicalizzazione. Il creare modifiche e riforme determina divisioni e contrapposizioni, con la rinuncia a cercare il consenso di una parte consistente della Chiesa. Come insegna san Paolo è importante evitare divisioni e contrapposizioni, per essere tutti di Cristo.
Il problema può essere sì la Curia Romana che forse noi, dal di fuori, conosciamo troppo poco nelle sue dinamiche relazionali, di organigramma e di potere, come fa da schermo alla vera realtà della Chiesa la personalizzazione di questioni e problemi che riguardano un singolo o una realtà limitata, di cui non ci è dato conoscere la specifica problematica (come per i casi recenti di Becciu o di Bose), dati in pasto all’enfatizzazione massmediatica, con la conseguenza di perdere di vista la comunità con le sue attese e le sue aspirazioni. Il vero obiettivo deve essere quello di riuscire a parlare di nuovo al popolo di Dio con parole convincenti: sono le parole che hanno convinto 2000 anni fa ad abbandonare gli dei pagani per Gesù, sono le parole che hanno convinto i popoli del Terzo Mondo a lasciare le loro divinità e i loro riti, sempre per Gesù, perché nel Vangelo ci sono le parole nuove, che sono quelle della fraternità, ma anche e soprattutto quelle della promessa nella resurrezione per la vita eterna.
Come al tempo di Agostino e delle grandi eresie (manicheismo, donatismo) si tratta di riflettere dove si trova il punto di unità dei credenti e cioè occorre capire chi siano quelli che pensano che i dogmi sono solo l’espressione di una credenza di un tempo e che il messaggio cristiano si riduca alla fraternità, alla solidarietà umana; chi crede che la vita non finisca qui e chi invece pensa che la Rivelazione non sia conclusa (in contrasto col Vaticano II), anzi che continui nella Storia che ci dice oggi che il punto Omega è l’attuazione del secondo comandamento (ama il prossimo tuo) senza domandarsi oltre.
Naturalmente in questo quadro vanno visti i sacramenti, i precetti e il ruolo delle donne (in chiave storicistica infatti si sostiene il sacerdozio a motivo della parità di genere… ma alle origini c’erano solo diaconesse, come Febe, e non sacerdotesse, nonostante Cristo avesse violato tante norme e avesse con sé donne come Marta e Maria, nonché Maddalena cui appare per primo risorto… non annovera nessuna donna tra gli apostoli).
La Chiesa inoltre oggi sembra voler abbandonare l’Europa, considerandola ormai irreparabilmente perduta, invece di farne il terreno di una rinnovata evangelizzazione in dialogo e confronto con la mentalità dominante. Bisogna riconoscere all’Europa il merito di una lunga tenuta della fede cristiana, l’aver sconfitto il materialismo storico marxista e anche l’essersi impegnata nell’evangelizzazione del mondo. Sopravvalutare il Terzo Mondo è rischioso. Chi dice che il futuro della fede cristiana sarà in Africa, in Asia e in America Latina dimostra una superficialità sconvolgente perché elude la domanda di che tipo di fede sia professata. Certo è l’opposto di quella occidentale modernista.
Forse un Vaticano III sarebbe pericoloso perché la Chiesa non è pronta, ma le divisioni provocate da un papa possibilista che lascia spazio ad una fede fai da te (libertà dottrinale alle conferenze episcopali), governa in modo dittatoriale, quasi come capo di una fazione ecclesiastica, non dà risposte ai dubbi che gli vengono presentati, lasciando nell’incertezza, si pone come divisivo per il gregge, per cui si richiede un chiarimento sul kerigma.
Probabilmente bisogna rinunciare al trionfalismo ed accettare il ‘piccolo gregge’, un insieme esemplare per fede, speranza e carità, capace di attrarre chi è al di fuori.
Ma nulla si farà se permane l’ignoranza teologica e se nelle Università pontificie i nuovi preti, i religiosi e le religiose saranno formati su una teologia scivolosa… e soprattutto con una spiritualità inesistente, prospettando loro piuttosto una carriera, quasi si tratti di un cursus honorum.
Ma chi è Febe?
RispondiEliminaFebe è nominata nella conclusione della Lettera ai Romani di San Paolo, da cui si arguisce che appartenesse al primo nucleo di cristiani di Corinto e fosse stata incaricata appunto da Paolo di portare questa sua missiva alla comunità cristiana già presente a Roma. Dalla tradizione viene comunemente definita "diaconessa", termine con cui nella Chiesa primitiva si indicavano persone a cui erano affidati incarichi di assistenza e di servizio che poi, nel corso dei secoli, sono stati assunti dagli ordini religiosi, con sparizione di questo ministero, oggi ripristinato solo per gli uomini, laici, anche coniugati.
EliminaOrmai è chiaro che papa Francesco ha fallito nei suoi propositi, nelle
RispondiEliminasue intenzioni e aspirazioni di rinnovamento e risanamento della Chiesa.
E ora non sembra più avere le forze per fare grandi cose. Possiamo
chiederci perché sia avvenuto così. Forse il papa non ne ha avuto la
capacità e la forza, forse la Curia Romana è più potente del papa, forse
lo Spirito Santo non approvava la sua linea... Che mistero!
Al tempo di san Francesco la situazione non era migliore eppure Domenico e Francesco in contesti diversissimi incisero molto profondamente (dopo dieci anni di isolamento nel caso di Domenico...). Come mai? Perché erano autentici e ardenti nella fede, avevano fatto la loro scelta radicale, direbbe Kierkegaard.
EliminaNiente politica per Domenico e Francesco - bisogna ricordare che san Carlo Borromeo (!) che governava la maggior diocesi del mondo, al suo tempo, che arrivava fino a Ginevra, voleva sopprimere i gesuiti appena istituiti nella sua giurisdizione 'perché pretendono di dar consigli ai principi': un dostoievskiano ante litteram...- ma predicazione sulla vita di Dio di cui il creato è un riflesso, non il fine da tutelare.
Ma voi sbagliate proprio tutto perché non sapete che il Papa è sempre
RispondiEliminaassistito dallo Spirito Santo che lo indirizza e lo illumina nella Verità .
Il papa impegna quando parla ex catedra e anche al Magistero ordinario è dovuto ossequio da parte dei fedeli, ma si può dissentire in coscienza se si ritiene con validi argomenti teologici che quanto affermato contrasti con la l'insegnamento della Chiesa: in ipotesi un papa che inciti a rubare o ad altri misfatti, eccezion fatta per la legittima difesa e la tutela degli inermi, non impegna i fedeli.
EliminaSi aggiunga che le opinioni private, di cui l'attuale papa è prodigo, non impegnano nessuno. L'assistenza dello Spirito Santo non è un 'fatto meccanico', è come il dono della preghiera che non si identifica con la recitazione di formule.
Bisogna sempre ricordarsi della famosa “profezia” dell’allora (1969) giovane teologo Ratzinger, quella in cui non a caso il futuro Pontefice parlava di una chiesa che avrebbe perso molto, che sarebbe diventata piccola e che avrebbe dovuto ripartire dagli inizi. Forse ci siamo. E se è così, tanto l’attuale pontificato quanto (e soprattutto) la renuntiatio di Benedetto XVI andrebbero inquadrati in tutt’altra prospettiva.
RispondiEliminaNoi non siamo hegeliani come la gran parte degli pseudoteologi di moda adesso. Quindi non crediamo affatto all'ineluttabilità e men che meno alla razionalità della storia, cone pensava Hegel, per noi la Storia sono le "res gestae" e quindi il corso attuale, come del resto al tempo di Agostino, di Domenico e Tommaso e di Francesco piccolino, potrebbe esser diverso se ci fossero coloro che attendono sinceramente la seconda venuta, cioè hanno fede senza riserve e senza giochi conciliaristi con lo pseudopensiero contemporaneo: "Chemins qui ne mènent nulle part", appunto... come scriveva Heidegger.
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