Rosa Elisa Giangoia
In un romanzo appena uscito (Antonio Monda, L’America non esiste, Mondadori, Milano 2012), ambientato a New York agli inizi degli anni Cinquanta del secolo scorso, il protagonista rievoca suo padre dicendo: “Come quando gli aveva recitato il suo verso preferito: “L’alba vinceva l’ora mattutina che fuggia innanzi, sì che di lontano conobbi il tremolar de la marina” . Faceva sempre una pausa prima di aggiungere che chi non riusciva ad apprezzare la bellezza di quel verso, senza tante spiegazioni, non avrebbe mai capito cos’è la poesia” (p. 213). Certo cosa sia la poesia è difficile da capire e senz’altro non l’ha capito Valentina Sereni, direttrice di Gherush92, organizzazione di ricercatori e professionisti che gode dello status di consulente speciale per il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite e che svolge progetti di educazione allo sviluppo, in relazione a diritti umani, risoluzione di conflitti ed eliminazione dei razzismi, secondo cui la lettura della Divina Commedia di Dante andrebbe eliminata, o comunque ampiamente ridimensionata e criticamente illustrata nelle scuole italiane per le sue posizioni ideologiche razziste, antisemitiche e islamofobiche, oltre che per la condanna degli omosessuali. Questo tipo di posizione può essere solo di chi conosce poco il poema di Dante, di chi non ha saputo leggerlo ed apprezzarlo nella complessità del suo insieme, cosa per altro molto difficile, se pensiamo che per vari secoli (dal Cinquecento all’Ottocento Dante è stato completamente messo da parte nel canone letterario, proprio per la sua difficoltà e arditezza, a tutto vantaggio del più facile e psicologicamente vicino Petrarca) e che ci sono volute menti acute di grande valore letterario, non italiane, come Auerbach e Singleton, o capaci di grandi innovazioni poetiche, come Th. S. Eliot ed Ezra Pound, per riproporlo nel Novecento, in tutte le sue valenze, e farlo comprendere al pubblico mondiale e soprattutto italiano, in cui ci si dibatteva nelle strettoie crociane della contrapposizione tra “poesia” e “struttura”. Leggere la poesia assolutizzando i suoi contenuti e valutandola in base ad essi, decontestualizzandola dal momento storico-culturale in cui è nata, è senz’altro l’errore più imperdonabile che si può fare nei confronti della produzione letteraria. Errore che in parte nella storia è stato fatto e che avrebbe potuto privarci di opere straordinarie: mi riferisco al momento cruciale dell’imporsi del Cristianesimo sullo sfondo del mondo classico morente, quando si accese tra gli intellettuali, i migliori dei quali erano ormai cristiani, il dibattito se si dovessero continuare a leggere le opere degli autori precedenti improntate al paganesimo o se fossero da accantonare in blocco, per far dimenticare al più presto e in modo definitivo le divinità pagane. Per fortuna ci furono menti illuminate, che proposero la continuità di lettura, nello spirito e nella convinzione che il mondo pagano altro non fosse stato che un’umana preparazione alla rivelazione cristiana. E così Omero e i tragici greci si sono salvati, si è salvato Platone ed anche Aristotele, anche se per lui un grosso aiuto è venuto dagli Arabi, ma, per le sue idee, ha rischiato di non salvarsi (non tanto per colpa dei cristiani, ma degli stoici) il De rerum natura di Lucrezio, rimasto del tutto sconosciuto per molti secoli e di cui solo nell’Umanesimo sono stati fortunosamente recuperati i due manoscritti che oggi ci permettono di leggerlo.
Certo che se si parte da questo criterio di valutazione dei contenuti, la mannaia eliminatoria cadrà su buona parte della produzione letteraria, e non solo italiana, ma per ora limitiamoci a pensare che anche l’atteggiamento di distaccata ironia con cui Ariosto guarda il mondo musulmano e la fiera contrapposizione religiosa che ispira il Tasso potrebbero essere sanzionate.
La Commedia di Dante è un grandissimo affresco dell’avventura umana in tutte le sue sfaccettature. Non ci sono tabù: se uno come Nietzsche crede che Gesù sia un debole o un mito è libero di dirlo. Se uno crede che Maometto sia un mero umanista e ancora..., bisogna forse censurarlo come vogliono gli integralisti?
Il fatto gravissimo della cultura contemporanea è una nuova intolleranza, che neppure riesce a contestualizzare i linguaggi.
Speriamo che queste posizioni non vengano prese sul serio in sede ministeriale, ma restino a livello di opinioni in un ampio dibattitto in cui ci auguriamo che prevalga l’intelligenza, anche se le revisioni del programma ministeriale di Letteratura italiana per gli istituti medi superiori, riguardo al Novecento, decise dall’infausta Gelmini nel 2010, ma non modificate dal successivo ministro Profumo, non lasciano ben sperare. Con queste indicazioni ministeriali spariranno dai programma, e probabilmente anche dalle antologie scolastiche, autori come Quasimodo, Sciascia, Vittorini, Silone e molti altri, tutti (ma sarà un caso?) meridionali di origine e fortemente rappresentativi di questa realtà italiana nelle loro opere.
Quanto all'accusa di omofobia - più volte ritenuta in questo blog come un atteggiamento incolto, razzista, indice di insicurezza psicologica e foriero di violenza, come dimostrato dal trattamento riservato dai nazisti agli omosessuali - nei confronti di Dante si rasenta il ridicolo.
Innanzitutto, Dante omofobo non è, in quanto tratta con grandissima riconoscenza e rispetto il suo maestro Brunetto Latini, 'sodomita'. E' vero, mette gli omosessuali all'inferno e parla di “mal protesi nervi”. Anche la Bibbia, peraltro messa all'indice per i cattolici 'non avvertiti' per lustri..., dovrebbe avere analogo trattamento. Per tutti basti la connotazione ritenuta 'razzista', immaginiamo, dalla signora Sereni, che “uomo e donna li creò”... o l'episodio di Lot e delle figlie... Non parliamo del Corano, dove la sanzione è la morte, quando il rapporto si consumi in presenza di quattro o cinque testimoni adulti maschi (!)...
A nostro debol parere ... siamo in una nuova Arcadia dove vigono convenzioni, topoi indiscussi: politically correct ...e continuando così arriveremo a chiamare, acriticamente, i piedi 'i cari sofferenti' (v. Molière, Les précieuses ridicules). Dante, poveretto, discepolo di Tommaso d'Aquino, che aveva incorporato Aristotele, osa parlare di 'natura umana', quel paradigma perduto, secondo Edgar Morin, scettico contemporaneo. La sua visione di natura umana non pone al sommo la istintualità, l'affettività, pure legittima – attenzione, ci sono istintualità che legittime non sono come la pedofilia o la zoofilia...- ma la 'convenienza' ontologica, una sorta di 'intenzionalità' dell'essere umano, come si direbbe in linguaggio moderno in filosofia. Senza scomodare l'omosessuale, grande scrittore Thomas Mann, che nell' Elogio del matrimonio ritiene che l'amore tra generi diversi ha un plus perché 'potenzialmente'... in grado di generare vita, mentre il rapporto omosessuale resta a livello di specchio, cioè narcisistico. Il povero Dante reputa che l'amore tra generi diversi è il solo in grado di compiere un gesto definitivo, che rimarrà... che va oltre l'istante, perché si inscrive nella vita stessa degli esseri umani. E' lecito crederlo, pur rispettando il diverso? O i censori intendono ottenere una pronuncia di condanna da un'Alta Corte, politically correct?
Sempre grande prof! Evidentemente quella lì che vuole abolire Dante a scuola non ha avuto una prof. brava come lei a spiegarglielo e non ha capito niente. Si ricorda noi come ci appassionavamo e discutevamo? e poi quando all’esame di maturità ci hanno dato il teme su Cacciaguida e alla TV hanno detto “la Cacciaguida”, scambiandolo per una donna (che giornalista ignorante!) e suo marito le ha subito telefonato, quanto ridere ci siamo fatti!!
RispondiEliminaUn abbraccio.
E come mai questa persona che fa tante critiche a Dante e non vuole più che si legga a scuola, non rileva il fatto che Dante, oltre che con i musulmani, se la prende anche con gli ebrei che nel canto VI del Paradiso considera responsabili e colpevoli della morte di Cristo? Forse avrò letto solo l’Inferno.
RispondiEliminaDante considera che gli Ebrei del tempo abbiano rifiutato il Messia e quindi la Salvezza ed è il motivo per cui fino al Concilio c'erano le deprecazioni nella Liturgia del Venerdì Santo.
RispondiEliminaNon rifiuta,per tener conto della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite...,il popolo ebraico in quanto tale,tanto che venera il Cristo Salvatore e gli apostoli e santi ebrei...Lo stesso atteggiamento vale per l'Islam:conmbatte la dottrina...
Ecco uno stralcio (tradotto da me) di un articolo apparso su "Le Monde des livres" del 30 marzo 2012, nella rubrica "La vie littéraire" di Pierre Assouline col titolo "Dante est partout!"
RispondiEliminaRecentemente, aprendo per caso un giornale italiano avete forse scoperto questa notizia incongrua che fa scandalo, e con ragione, nella Penisola: un’organizzazione non governativa chiamata Gherush92 esige, in nome del rispetto dei diritti umani, di cui evidentemente si ritiene depositaria, che La Divina Commedia sia eliminata dai programmi scolastici del ciclo secondario (scuola media e liceo, Ndt) sostenendo che si tratta di un testo “razzista, antisemita, islamofobo, omofobo” e ispirato a un criterio discriminatorio (manca solo il riferimento alla pedofilia e al negazionismo per chiudere il cerchio dell’assurdità). Vero è che la Presidentessa della ONG si è affrettata a dichiarare che l’intento non era quello di censurare il poema né di richiedere un autodafé (ma il semplice fatto di escluderlo già presenta aspetti inquietanti); comunque gli intellettuali italiani hanno risposto deplorando il basso livello a cui rischia di ridursi il discorso su ciò che è “politicamente corretto”. Si può misurare l’importanza dei danni incombenti nel campo dell’istruzione prendendo atto che l’associazione Gherush92 riveste le funzioni di organismo consultivo presso l’ONU. La sola ipotesi di “filtrare” la supposta pericolosità della Divina Commedia nei confronti delle menti giovanili è stupefacente quanto la prospettiva di allegare una prefazione a Tintin au Congo, così come è stato fatto per Mein Kampf.
Basta! (in italiano, NdT) Per purificare la nostra mente da questo moralismo, siamo andati a curiosare nei corridoi del Salon du Livre a Parigi; e lì, attirati dalla folla in attento ascolto dello scrittore giapponese Kenzaburo Oé abbiamo appreso dalla sua viva voce che all’indomani della catastrofe nucleare di Fukushima si era immerso nella lettura dell’Inferno, prima cantica della Commedia, incapace di leggere altro in una simile circostanza. Dante sempre!