Come si fa a provare l'esistenza di Dio?
Mattia Marini
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Risposta di Rosa Elisa Giangoia
Beato Angelico, San Tommaso d'Aquino |
Per quanto riguarda le dimostrazioni
razionali dell’esistenza di Dio, per il momento ci limiteremo ad alcune
puntualizzazioni essenziali.
Ad
elaborare dimostrazioni di questo tipo sono stati alcuni filosofi medievali, in
particolare Anselmo d’Aosta (1033/34 – 1109) e il grande Tommaso d’Aquino (1225
– 1274).
Anselmo
riprende una linea platonica, mediata da Agostino d’Ippona. Egli, anche se
concepiva la fede come fondamento di ogni conoscenza, riteneva che
un’argomentazione di tipo razionale potesse convincere dell’esistenza di Dio
anche chi non credeva. Per questo nel suo Monologon
dimostra l’esistenza di Dio partendo dalla constatazione che, se le cose
del mondo sono caratterizzate da gradi diversi di perfezione (ad esempio, a
proposito del bene), ciò dipende dal fatto che esse partecipano in maniera più
o meno ampia di un essere assolutamente perfetto. Di conseguenza deve esistere
un ente che goda di tutti gli attributi positivi in modo perfetto, totale,
completo, assoluto; tra questi ci deve anche essere l’esistenza, per cui deve
esistere un ente che abbia la perfezione assoluta e la pienezza assoluta
dell’essere. A suo giudizio, tanto l’ente sommamente buono, quanto quello
caratterizzato dalla perfezione assoluta e dalla pienezza dell’esistere
coincidono con il Dio della rivelazione cristiana.
Tommaso
d’Aquino, partendo dalla Metafisica di
Aristotele, elabora le famose “5 vie dell’esistenza di Dio” che riassumiamo
brevemente:
1°
via: il moto
Dato
che i nostri sensi ci dicono che alcune cose si muovono ma che tutto ciò che si
muove è mosso da un altro, risulta chiaro che si crea una catena tra chi muove
e chi è mosso che non può procedere all’infinito per cui è necessario arrivare
ad un primo motore che non sia mosso da altri e che dia inizio al moto. Questo
è Dio.
2°
via: la causalità efficiente
Allo
stesso modo dobbiamo considerare che nel mondo sensibile vi è un ordine tra le
cause efficienti, mentre non è possibile che una cosa sia causa efficiente di
sé medesima, in quanto altrimenti sarebbe prima di se stessa. Dato che anche
nelle cause efficienti un processo all’infinito sarebbe assurdo, bisogna
ammettere una prima causa efficiente che causa senza essere causata. Questa è
Dio.
3°:
la contingenza
Dobbiamo
rilevare che tra le cose ci sono quelle che possono essere e quelle che possono
non essere. Questo vuol dire che in un dato momento non c’era niente, ma se
così è, anche ora non esisterebbe nulla, in quanto ciò che non esiste non può
iniziare ad esistere se non per opera di qualcosa che già esiste. Di
conseguenza, dato che tutti gli esseri sono contingenti, cioè possono esistere
o meno, occorre che nella realtà vi sia qualcosa di necessario, cioè un essere
che sia di per sé necessario e che non tragga da altri la propria necessità di
esistere, ma sia esso stesso causa di necessità per gli altri. Questo è Dio.
4°:
i gradi di perfezione
Ci
rendiamo conto che nelle cose si trovano attributi positivi (il bene, il vero,
il nobile, ecc.) in un grado più o meno elevato, determinabile sulla base di
quanto si accostano più o meno a qualcosa di sommo e di assoluto. Deve quindi
esistere qualcosa che abbia in sé tutti gli attributi della perfezione in grado
pieno, totale, sommo e assoluto. Ora, dato che ciò che è massimo in un dato
genere, è tale anche in quanto ente, quest’ente è causa di tutti gli
appartenenti a quel genere, per cui vi è qualcosa che per tutti gli enti è
causa dell’essere, della bontà e di ogni altro attributo positivo di cui le
cose della realtà godono in modo più o meno elevato. Questo è Dio.
5°:
finalismo
Noi
possiamo constatare che alcune cose, come i corpi fisici, pur privi di
conoscenza, operano per un fine, in quanto agiscono quasi sempre allo stesso
modo per raggiungere la perfezione, per cui si deduce che raggiungano il loro
fine non a caso, ma per un’insita predisposizione. Dato che chi è privo di
intelligenza non può tendere al fine se non in quanto diretto da un essere
conoscitivo e intelligente, bisogna dedurre che vi è un qualche essere
intelligente dal quale tutte le cose naturali sono orientate al loro fine.
Questo è Dio.
la quinta prova (finalismo) a me è sempre sembrata la più convincente. Ogni tanto però qualche essere cosiddetto umano mi distoglie da tale convincimento: un essere intelligente che dirige e orienta le cose verso il loro fine come fa a governare finalizzando le cose naturali se guardi a certe facce che compaiono in tv? Ovviamente scherzo. Il tuo commento è molto interessante ...
RispondiEliminaA me pare che queste cinque vie di Tommaso oggi non significhino più niente e non possano servire a dimostrare nulla, perché oggi tutto si spiega con la ricerca scientifica che cerca delle dimostrazioni oggettive e non si basa su delle teorie astratte.
RispondiEliminaAnche Comte la pensava come lei ma non mi pare che abbia generato un gran progresso e anche lui con le qualità della mente deve rifarsi a Kant e Leibniz: tutti assiomi…. Capisco che per lei astratto sia sinonimo di irreale e non si accorge di usare continuamente parole astratte riferendole alla realtà.La conoscenza,caro Signore, come insegna Aristotele, si basa sull’astrazione per formare un concetto. Lei tiene la ragione veramente poco in conto se preclude la possibilità di riflettere sul ‘perché’ delle cose senza fermarsi al ‘come’, alla ‘funzione’ come fa la scienza moderna cui lei si richiama.Se lei è soddisfatto di vivere senza sapere cosa sia la vita e senza chiederselo è affar suo ma noi non lo condividiamo.
EliminaGrazie di avermi ricordato le 5 prove. Ma, uhm, non mi convincono. Sono affascinato dal fatto che lo stesso Tommaso, a un certo punto della sua vita, aveva lasciato ordine di distruggere tutti i scritti
RispondiEliminaGuardi che il "tutta paglia" di S. Tommaso non vuol dire quel che crede lei ma deriva dal fatto che, avendo egli avuto una visione mistica a detta dei biografi del tempo, tutto quel che aveva scritto gli pareva nulla al confronto. Quanto poi al fatto che le prove non la convincano, come dicevo, ci vorrebbe un apposito corso per spiegare che significhi moto in un contesto aristotelico, ma anche potenza ed atto, materia e forma, concetti che la filosofia contemporanea ha sempre frainteso, salvo poche eccezioni. Perciò consigliamo la lettura di "Cercare l'uomo" di Francesco Calvo, poi ne riparliamo.
EliminaVorrei ricordare a chi tenta di screditare la metafisica a favore della scienza che la Scienza, per ora, pur avendo fatto molti progressi, non è ancora riuscita a rispondere all'interrogativo basilare per tutto il nostro sapere, cioéècome si è formata la materia non vivente e come dalla materia non vivente si è passati a quella vivente. Anche la teoria che suppone che questo sia avvenuto attraverso reazioni attualmente non più in atto sul nostro pianeta che avrebbero prodotto della macromolecole da cui sarebbero derivate le protocellule, con tutta la successione evolutiva verso gli organismi superiori, è ancora fortemente incerta e mancante di passaggi fondamentali. Di fronte a tutto questo l'unica ipotesi che resta è quella creazionista che presuppone un Essere dotato di poteri.
RispondiEliminaMi pare che lei, caro Biancheri, stia arroccato e attaccato a teorizzazioni di oltre due mila anni fa e anche le prove di Dio scritte da san Tommaso hanno quasi mille anni! Il mondo è andato avanti, si sono fatti progressi enormi in tutti i campi, si sanno un mucchio di cose che allora nemmeno si potevano immaginare e lei è rimasto fermo! Ci pensi.
RispondiEliminaChe vuol fare? Aristotele diceva che le cose più antiche sono le più vere… Forse lei però è rimasto a Hegel con la sua teoria del progresso della Storia – dopo Auschwitz si chiede la Arendt? – o all’illusione scientista del progresso illimitato del sapere…; non mi pare che viviamo in un tempo ‘umano’, che ne dice? Siamo in tanti, a giudicare da quel che si pubblica, a ristudiare i greci perché in tanti non crediamo che la Verità sia dialettica o storica e quindi se duemila cinquecento anni fa si è detto qualcosa di vero, per esempio, il principio di non contraddizione, tale resta.
EliminaLa questione che mi pare più interessante è quella del finalismo, il pensare cioè che ogni realtà naturale organica dalla più piccola in sù, ha in sé la sua programmazione di vita e la memoria, la consapevolezza e gli strumenti per poterla realizzare.
RispondiEliminaLe prove van lette, come detto, con concetti metafisici e non ricavati dall'empiria.
EliminaIo penso che sia molto difficile che una persona che non crede nell'esistenza di Dio si convinca del contrario con questi ragionamenti astrusi di sant'Anselmo e di san Tommaso, perché secondo me Dio lo sentiamo nel nostro cuore, per cui il credere o meno in Lui è una grazia. E qui si apre il grande mistero del perché il Signore a qualcuno faccia questa grazia e ad altri no.
RispondiEliminaAh, lei lo sente nel suo cuore? Ma come? Come una voce? O non è piuttosto una necessità di "pienezza", di pace non transeunte quella che avverte? Non bisogna qualificare astruso quel che non si comprende e infatti Aristotele scrive che occorre un intelletto ben formato per cogliere il vero... Anche la teoria della relatività è astrusa? E lei non prende una medicina quando è inferma? O l'ombrello quando piove?Non c'è la nozione di "causa" sottostante a tutto ciò?
EliminaQuanto ha scritto Maria Rosaria Filippetti non mi sembra da criticare, dato che con parole più semplici e personali riprende quanto affermato da Agostino d'Ippona: «Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas, etsi tuam naturam mutabilem inveneris, trascende et te ipsum.» (De vera religione, XXXIX)
RispondiEliminaAnche lui, in quanto santificato dalla Chiesa, da ritenersi nel solco dell'ortodossia cattolica.
Agostino si muove in un contesto platonico e neo-platonico e si esprime con le categorie del tempo che portano ad un dualismo corpo anima, fonte di molti problemi; inoltre conserva un retroterra manicheo, sebbene riconosca sovente la bontà della creazione, altrimenti in contrasto con Genesi V.
EliminaS.Tommaso, che lo cita come Autorità, lo corregge sovente nella sostanza.
La citazione di Agostino qui si muove già in un contesto cristiano mentre noi parliamo d’altro: se si possa riconoscere l’esistenza di Dio col lume naturale, problema che si era posto anche Aristotele che cristiano non era.
Va anche detto che i santi possono anche sbagliarsi… e lo hanno fatto, incluso il nostro amatissimo Filippo Neri. Solo la Chiesa ed il papa insieme ad essa, esprimendosi ex catedra, sono infallibili.