Rosa Elisa Giangoia
La
democrazia è considerata la forma di organizzazione del vivere civile
assolutamente migliore nelle società attualmente più evolute, anche là dove
persiste la monarchia, mantenuta in un ruolo almeno apparentemente decorativo, tanto che della
regina Elisabetta sappiamo molto sulle sue preferenze in fatto di
abbigliamento, cani e cavalli, ma nulla di ufficiale sulla Brexit.
Dobbiamo,
però, ricordarci che nella sua accezione originale il termine “democrazia”, dal
greco démos (popolo) e krátos (forza), aveva in sé una certa qual
connotazione negativa. Nell'antica
Grecia, infatti, la parola nacque come espressione dispregiativa utilizzata
dagli avversari del sistema di governo di Pericle, in quanto krátos, più che il
concetto di governo (designato da archía)
rappresentava quello di "forza materiale" e, quindi,
"democrazia" aveva un significato che si avvicinava a "dittatura
del popolo" o "della maggioranza", come Tucidide fa dire a
Pericle: «Si chiama
democrazia, poiché nell’amministrare si qualifica non rispetto ai pochi, ma
alla maggioranza». I
sostenitori del regime ateniese utilizzavano altri termini per indicare la
condizione di parità necessaria al buon
funzionamento di un sistema politico: isonomía
(ovvero eguaglianza delle leggi per tutti i cittadini).
Dobbiamo anche considerare che la democrazia
greca costituì un fenomeno isolato nel tempo e nello spazio con numerose
successive modifiche fino a raggiungere la sua configurazione migliore nell’età
di Pericle. Fenomeno, quindi, storicamente breve e limitato ad alcune pόleis, ma di notevole influsso sulla configurazione delle democrazie
moderne, nonostante le radicali differenze.
Anche se l'Atene classica è considerata il primo esempio
di democrazia, non deve essere sottovalutato il fatto che solo i cittadini
ateniesi sopra i 18 anni, di sesso maschile e che avevano completato
l'addestramento militare, godevano del diritto di voto. Questo escludeva la
gran parte della popolazione: minori, donne, anche quelle discendenti da
cittadini ateniesi, schiavi, compresi coloro che avessero ricevuto la libertà,
ed infine i residenti stranieri, oltre ai cittadini i cui diritti erano posti
in sospensione (per mancato pagamento di un debito nei confronti della città) i
quali potevano anche non essere reintegrati, con effetti permanenti pure sui
discendenti.
Il diritto di cittadinanza, inoltre, seguiva il modello
dello ius sanguinis, ovvero bisognava essere nati da un genitore in
possesso della stessa cittadinanza; in seguito, nel 450 a.C., una riforma di Pericle e Cimone stabilì che occorresse discendere sia
in linea paterna che materna da altrettanti cittadini ateniesi.
Di conseguenza, sebbene le stime della
popolazione di Atene varino a seconda delle fonti, è assai probabile che nel
corso del V secolo a.C., al tempo di Pericle, l'Attica avesse una popolazione
di 250.000 - 300.000 persone: di queste, solo 100.000 avrebbero avuto la
cittadinanza e solo 30.000 avrebbero posseduto, oltre alla cittadinanza, il
requisito del sesso maschile e dell'età adulta. Quindi nella tanto decantata democrazia
ateniese a votare, per alzata di mano o gettando una pietra bianca o nera in un
recipiente, era una percentuale intorno al 10% o forse anche meno dato che
tanti erano impegnati nella Guerra del Peloponneso con le sue continue e
numerose perdite!
L’elezione apparve in alcuni momenti non sufficiente per
debellare il temuto rischio dell’oligarchia, per cui si ricorse al sorteggio. Naturalmente, l'assegnazione di incarichi di responsabilità a
persone non competenti era un rischio di cui si resero conto gli Ateniesi che, infatti,
introdussero salvaguardie: un esame iniziale e finale dell'operato, un sistema
di incarichi collegiali o di consiglio o un supporto di assistenza al fine di
garantire un controllo reciproco tra i singoli funzionari ed, infine, la
verifica da parte dell'assemblea.
Tutto questo ci fa capire come di fatto
l’attuazione della democrazia sia sempre stata difficile.
Oggi si sta delineando il rischio di mitizzarla
con il voler ritornare al modello archetipico dell’ agorà dove gli Ateniesi discutevano le leggi e decidevano le
posizioni politiche da prendere, tentando progressivamente di esautorare ed
escludere quella democrazia rappresentativa che ha visto un dominio indiscusso
negli ultimi due secoli. Gli espedienti attuali sono i referendum, l’iniziativa
popolare e la petizione popolare. Questo dimostra il crescente desiderio di
realizzare una democrazia diretta nella nostra civiltà di massa (arrivando
all’ingenua sacralizzazione del voto proclamata da Di Maio), cosa per nulla
rispondente al decantato modello dell’Atene di Pericle, in quanto i grandi
numeri di oggi si oppongono a quella che abbiamo visto essere sta una
democrazia che potremmo definire “selettiva”.
La democrazia di massa finisce per sfuggire di
mano. L’abbiamo visto nel recente voto inglese sulla Brexit: molti non sono
riusciti ad avere una chiara consapevolezza sulla questione in discussione, non
sono stati in grado di comprenderne tutti gli aspetti, di prevedere le
conseguenze, le quali, a posteriori, risultano preoccupanti, tanto che gli
stessi promotori del referendum, preoccupati, tentano di minimizzare… Ma
dovevano pensarci prima, stabilendo una “super-maggioranza” o due consultazioni
popolari distanziate o un’approvazione parlamentare ampia dopo quella popolare.
E poi oggi non possiamo dimenticare la forza di
manipolazione delle masse esercitata dai media,
capaci di persuadere, di confondere, di far apparire forte il discorso debole…
La democrazia è una cosa seria da non lasciare
in mano ad un partito che assume sempre più la forma di una setta senza
democrazia al suo interno, con un controllo così rigido che fa sentire il
singolo in inferiorità rispetto al gruppo, o alle valutazioni e alle proposte
di giornalisti d’accatto.
E poi chi lo
dice che l’opinione della maggioranza sia la migliore?
Che questa
consapevolezza ci sia lo dimostra il fatto che il terzo potere, quello
giudiziario, non sia in mano a persone elette dal popolo, ma sia affidato a
funzionari selezionati con il metodo degli esami e dei concorsi, sconosciuto
alla classicità ed entrato a poco a poco in Europa sul modello dei funzionari
del mondo cinese, i mandarini, anche se lo si è voluto temperare con l’aggiunta
dei giudici popolari…
L’esercizio
della democrazia è difficile, la storia lo insegna e lo dimostra, occorre stare
attenti: talvolta anche i dittatori sono stati eletti, non sempre hanno preso
il potere con le armi e talvolta hanno pure mantenuto la forma e l’apparato
della democrazia. Bisogna anche rendersi conto che il tanto decantato “uno vale
uno” è la contraddizione della democrazia, perché vuol dire che chi occupa una
carica è un fantoccio eterodiretto da un’autorità occulta non eletta.
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