E così siamo arrivati
all’ultima mistificazione, quella di imporre la Didattica a Distanza (DAD) con
un’astuta e pretestuosa motivazione. Si sa che uno dei principali luoghi di
contagio sono i mezzi di trasporto urbano ed extraurbano, non la scuola, o
almeno non dovrebbe esserlo dopo i tanti sagaci e dispendiosi accorgimenti che
il governo, e in particolare la ministra Azzolina, dicono di aver messo in atto,
impegnandosi in calcoli ingegneristici sulla disposizione dei banchi e
nell’invenzione di ridicole espressioni, come “il metro di distanza «dalle rime
buccali»”. Ma cosa ce ne facciamo di persone che perdono tempo in certe cose? Intanto
dobbiamo constatare che alle parole non corrispondono i fatti, dato che in
molte scuole i banchi monoposto non sono ancora arrivati, tanto meno quelli a
rotelle (per fortuna!), e mancano molti insegnanti…Cercando di arginare i
contagi, determinati, oltre che dall’affollamento dei mezzi di trasporto,
dall’incapacità di attuare i tracciamenti, il governo ritorna ad imporre la
Didattica a Distanza, un surrogato di scuola, che, ripetendosi ormai per un
secondo anno, priva i ragazzi e gli adolescenti della possibilità di avere una
proficua formazione umana, culturale e professionale.
Che ci sia la chiara consapevolezza, da parte del governo, che i luoghi di contagio siano i mezzi pubblici e non le aule scolastiche, lo dimostra il fatto che la didattica a distanza sia stata imposta solo per gli studenti delle superiori che molto spesso frequentano istituti lontani dalla loro abitazione e quindi devono spostarsi con metropolitane, autobus, tram e treni, mentre quelli delle elementari e medie hanno quasi sempre la scuola raggiungibile a piedi. Se ci fosse la consapevolezza che le aule sono i più pericolosi luoghi di contagio, avrebbero chiuso tutte le scuole… e poi i bambini e i ragazzini vanno custoditi per cui lasciarli a casa avrebbe creato problemi ai genitori che devono andare a lavorare, ci sarebbe stato malcontento e sarebbero nate proteste…
Ma il governo e gli enti locali non ci dovevano pensare nei mesi scorsi a risolvere il problema dei trasporti? Non potrebbero ancora sopperire noleggiando mezzi privati, al momento per di più impossibilitati a svolgere altri servizi?
Si ha l’impressione che il Governo abbia tacitamente voluto bloccare la circolazione sul territorio in modo indiscriminato. Decisioni di questo tipo vanno prese sulla base di dati certi, non avventatamente. Per chiudere 'di fatto' la scuola bisognerebbe prima capire se sia la scuola, che dovrebbe esser l'ultima realtà da chiudere, una fonte importante di contagio. Atteso che temiamo (nonostante le promesse di vaccino!) di dover convivere per molti mesi con la pandemia, occorre salvare il salvabile e la scuola è una priorità, perché in essa è in gioco il futuro del paese.
Un discorso serio va fatto per la valutazione della Didattica a Distanza, metodo che può facilmente far entrare in crisi la crescita culturale, intellettuale e professionale di un’intera generazione, per molti motivi. Innanzitutto gli insegnanti, anche se in molti casi attuano questa nuova forma d’insegnamento con una dedizione che va al di là dei dispositivi contrattuali, sono completamente sprovvisti di preparazione e di competenze specifiche, per cui improvvisano e procedono ciascuno su una propria linea, con scarsi supporti reciproci e sommarie linee guida, in percorsi individuali e solitari.
Solitaria anche la vita e l’esperienza dei ragazzi. Chiusi in casa per molto tempo, costretti a vivere un’innaturale condizione di isolamento e di immobilità, devono fare i conti con una malattia che può colpire loro, la loro famiglia, i loro parenti, i loro amici, vittime di una paura che può diventare angoscia, che impone domande sul senso della vita, sul futuro, su se stessi... Ciascuno deve poi affrontare la difficoltà di organizzare la sua giornata, non più scandita da luoghi, né soprattutto da incontri, in cui è difficile separare studio, lavoro e tempo libero, vita virtuale e vita reale. Tutto questo può facilmente creare demotivazioni allo studio, ma anche all’impegno in generale, talvolta persino nei confronti della vita. Si è data troppa importanza alla tecnologia, non certo capace di garantire interattività, tendente a privilegiare il momento frontale, la videoconferenza, con scarsa possibilità di scambi, di confronti, di dialogo, senza coinvolgimento attivo, personale e autonomo, senza protagonismo dei ragazzi…
Particolarmente penalizzati sono i ragazzi con problematiche di apprendimenti, ma molto, per tutti, viene lasciato ai genitori e alla famiglia in generale, con necessità di ricorrere a fratelli più grandi, a nonni, a zii…, sempre che abbiano competenze e disponibilità. Bisogna poi tenere conto di chi vive in zone dove la connessione è difficile o di chi si trova in condizioni economiche disagiate di fronte alla necessità di avere un computer, un tablet o uno smartphone, di chi vive in appartamenti piccoli, affollati, rumorosi, dove magari ci sono più ragazzi che devono seguire le lezioni con lo stesso strumento…
Molti sono poi i problemi legati a didattiche particolari di discipline specifiche, cioè di tutte quelle che richiedono laboratori (Fisica, di Chimica, di Biologia, di Informatica, ecc.), aule speciali (Lingue, Disegno, Cucina, ecc.), palestre per l’Educazione Fisica. A tutto questo si aggiunge l’impossibilità di fruire di visite guidate a luoghi di interesse artistico, culturale e professionale. E poi l’alternanza scuola-lavoro, tanto raccomandata negli anni precedenti, non serve più? Forse si è capito che non serviva affatto e che la scusa è buona per poterla accantonare!
Bastano queste poche considerazioni per capire che stiamo privando una generazione di ragazzi della formazione a cui avrebbero diritto e che lo Stato si è impegnato a garantire loro. Gli unici che si atteggiano a fingere di non capirlo sono i politici. A loro sostegno intervengono i Gesuiti con esaltazione della DAD come occasione di rinnovamento e miglioramento della scuola, capace di potenziare la crescita personale dei ragazzi, con un articolo sul n. 4086 della “Civiltà Cattolica” di Vitangelo Carlo Maria Denora S.I. (La didattica a distanza e il futuro della scuola, p. 458). Ci auguriamo che sia così almeno nelle loro scuole e ci dispiace per la loro incapacità di vedere la realtà!
Che ci sia la chiara consapevolezza, da parte del governo, che i luoghi di contagio siano i mezzi pubblici e non le aule scolastiche, lo dimostra il fatto che la didattica a distanza sia stata imposta solo per gli studenti delle superiori che molto spesso frequentano istituti lontani dalla loro abitazione e quindi devono spostarsi con metropolitane, autobus, tram e treni, mentre quelli delle elementari e medie hanno quasi sempre la scuola raggiungibile a piedi. Se ci fosse la consapevolezza che le aule sono i più pericolosi luoghi di contagio, avrebbero chiuso tutte le scuole… e poi i bambini e i ragazzini vanno custoditi per cui lasciarli a casa avrebbe creato problemi ai genitori che devono andare a lavorare, ci sarebbe stato malcontento e sarebbero nate proteste…
Ma il governo e gli enti locali non ci dovevano pensare nei mesi scorsi a risolvere il problema dei trasporti? Non potrebbero ancora sopperire noleggiando mezzi privati, al momento per di più impossibilitati a svolgere altri servizi?
Si ha l’impressione che il Governo abbia tacitamente voluto bloccare la circolazione sul territorio in modo indiscriminato. Decisioni di questo tipo vanno prese sulla base di dati certi, non avventatamente. Per chiudere 'di fatto' la scuola bisognerebbe prima capire se sia la scuola, che dovrebbe esser l'ultima realtà da chiudere, una fonte importante di contagio. Atteso che temiamo (nonostante le promesse di vaccino!) di dover convivere per molti mesi con la pandemia, occorre salvare il salvabile e la scuola è una priorità, perché in essa è in gioco il futuro del paese.
Un discorso serio va fatto per la valutazione della Didattica a Distanza, metodo che può facilmente far entrare in crisi la crescita culturale, intellettuale e professionale di un’intera generazione, per molti motivi. Innanzitutto gli insegnanti, anche se in molti casi attuano questa nuova forma d’insegnamento con una dedizione che va al di là dei dispositivi contrattuali, sono completamente sprovvisti di preparazione e di competenze specifiche, per cui improvvisano e procedono ciascuno su una propria linea, con scarsi supporti reciproci e sommarie linee guida, in percorsi individuali e solitari.
Solitaria anche la vita e l’esperienza dei ragazzi. Chiusi in casa per molto tempo, costretti a vivere un’innaturale condizione di isolamento e di immobilità, devono fare i conti con una malattia che può colpire loro, la loro famiglia, i loro parenti, i loro amici, vittime di una paura che può diventare angoscia, che impone domande sul senso della vita, sul futuro, su se stessi... Ciascuno deve poi affrontare la difficoltà di organizzare la sua giornata, non più scandita da luoghi, né soprattutto da incontri, in cui è difficile separare studio, lavoro e tempo libero, vita virtuale e vita reale. Tutto questo può facilmente creare demotivazioni allo studio, ma anche all’impegno in generale, talvolta persino nei confronti della vita. Si è data troppa importanza alla tecnologia, non certo capace di garantire interattività, tendente a privilegiare il momento frontale, la videoconferenza, con scarsa possibilità di scambi, di confronti, di dialogo, senza coinvolgimento attivo, personale e autonomo, senza protagonismo dei ragazzi…
Particolarmente penalizzati sono i ragazzi con problematiche di apprendimenti, ma molto, per tutti, viene lasciato ai genitori e alla famiglia in generale, con necessità di ricorrere a fratelli più grandi, a nonni, a zii…, sempre che abbiano competenze e disponibilità. Bisogna poi tenere conto di chi vive in zone dove la connessione è difficile o di chi si trova in condizioni economiche disagiate di fronte alla necessità di avere un computer, un tablet o uno smartphone, di chi vive in appartamenti piccoli, affollati, rumorosi, dove magari ci sono più ragazzi che devono seguire le lezioni con lo stesso strumento…
Molti sono poi i problemi legati a didattiche particolari di discipline specifiche, cioè di tutte quelle che richiedono laboratori (Fisica, di Chimica, di Biologia, di Informatica, ecc.), aule speciali (Lingue, Disegno, Cucina, ecc.), palestre per l’Educazione Fisica. A tutto questo si aggiunge l’impossibilità di fruire di visite guidate a luoghi di interesse artistico, culturale e professionale. E poi l’alternanza scuola-lavoro, tanto raccomandata negli anni precedenti, non serve più? Forse si è capito che non serviva affatto e che la scusa è buona per poterla accantonare!
Bastano queste poche considerazioni per capire che stiamo privando una generazione di ragazzi della formazione a cui avrebbero diritto e che lo Stato si è impegnato a garantire loro. Gli unici che si atteggiano a fingere di non capirlo sono i politici. A loro sostegno intervengono i Gesuiti con esaltazione della DAD come occasione di rinnovamento e miglioramento della scuola, capace di potenziare la crescita personale dei ragazzi, con un articolo sul n. 4086 della “Civiltà Cattolica” di Vitangelo Carlo Maria Denora S.I. (La didattica a distanza e il futuro della scuola, p. 458). Ci auguriamo che sia così almeno nelle loro scuole e ci dispiace per la loro incapacità di vedere la realtà!
Ho letto anch'io l'articolo sulla Civiltà Cattolica di settembre di
RispondiEliminaelogio della didattica a distanza, non si capisce davvero perché la
elogino e sostengano in quel modo, facendone un esempio per rinnovare la scuola.
La cosa grave, a mio parere, è che non siano gli studenti a protestare per la DaD. Evidentemente stiamo allevando la "generazione del divano", di quelli che se ne stanno comodi a casa e si guardano due cose pseudo-scolatiche sul tablet. Riusciranno a diventare adulti, responsabili, decisionisti, impegnati, ecc. ecc.?
RispondiEliminaVeramente oggi c'è stato un sit-in di protesta da parte degli studenti del liceo Volta, uno dei più prestigiosi di Milano, davanti alla sede della Regione Lombardia... Si capisce che per mettere in atto una protesta contro la DaD occorrono forti motivazioni culturali, vivo senso critico, capacità di analisi sul proprio presente in rapporto al futuro, per cui, come è avvenuto in altre occasioni in passato, la protesta può iniziare da determinati ambienti studenteschi che si spera possano costituire la scintilla di un movimento capace di far acquisire una più diffusa coscienza collettiva e determinare azioni significative.
RispondiEliminaC'è comunque da sperare che il Governo prenda seriamente in mano la questione della scuola, cercando soluzioni con forte senso di responsabilità, alla luce anche di quanto avviene in Francia, dove, pur in una situazione molto grave, con chiusure generalizzate, le scuole rimangono aperte.